EDILIZIA E URBANISTICA - 119
Consiglio di Stato, Sezione V, 11 gennaio 2006, n.
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Il rilascio del permesso di costruire in deroga è possibile
solo qualora non pregiudichi in termini significativi gli standards urbanistici.
Qualora la deroga sia suscettibile di aggravare marcatamente le esigenze di
parcheggio non può prescindere dalla previsione degli appositi spazi destinati a
tal fine.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
(omissis)
FATTO
1) - Con la sentenza appellata il
T.A.R. ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per
l’annullamento del provvedimento 12 settembre 1994, n. 3941, con il quale la
Giunta Regionale del Molise ha negato il nulla-osta al rilascio della
concessione edilizia in deroga al P.R.G. vigente per il Comune di Isernia (e
atti preordinati), nonché del provvedimento 26 ottobre 1994, n. 3031/441, con il
quale il Comune ha denegato il rilascio della concessione stessa.
Il T.A.R. ha ritenuto, in particolare, che il provvedimento regionale impugnato
(pur sorretto da due profili di motivazione ritenuti non condivisibili) non di
meno poggiasse su di un altro capo di motivazione autonomamente in grado di
supportarlo validamente; ha ritenuto, infatti, che la Regione avesse
correttamente richiamato le osservazioni del competente tecnico comunale
contenute nel parere dallo stesso espresso con nota 3031/441 del 27 febbraio
1991 ed avesse, quindi, legittimamente escluso la sussistenza dei requisiti
minimi necessari per concedere il proprio nulla-osta sulla concessione edilizia
in deroga rilasciata dal Comune all’interessata; in particolare, hanno ritenuto
i primi giudici che il provvedimento negativo regionale mettesse correttamente
in evidenza le lacune dell’atto comunale e, segnatamente, la omessa valutazione
di tutti gli interessi pubblici rilevanti.
2) - Per l’appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, l’impugnato provvedimento comunale non solo non sarebbe stato supportato da alcuna idonea istruttoria, ma avrebbe poggiato su apprezzamenti generici, indimostrati ed erronei; inoltre, il TAR avrebbe offerto una motivazione dell’atto impugnato nello stesso neppure rinvenibile, avendo, così, inammissibilmente esulato dai propri poteri giurisdizionali.
3) – Resistono la Regione e il Comune appellati che insistono per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata.
Con memorie conclusionali l’appellante e la regione Molise ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
DIRITTO
1) - Con la sentenza appellata il
T.A.R. ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per
l’annullamento del provvedimento 12 settembre 1994, n. 3941, con il quale la
Giunta Regionale del Molise ha negato il nulla-osta al rilascio della
concessione edilizia in deroga al P.R.G. vigente per il Comune di Isernia (e
atti preordinati), nonché del provvedimento 26 ottobre 1994, n. 3031/441 con il
quale il Comune ha denegato il rilascio della concessione stessa.
Per l’appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto, contrariamente a quanto
ritenuto dai primi giudici, l’impugnato provvedimento comunale non solo non
sarebbe stato supportato da alcuna idonea istruttoria, ma avrebbe poggiato su
apprezzamenti generici, indimostrati ed erronei; inoltre, il T.A.R. avrebbe
offerto una motivazione dell’atto impugnato nello stesso neppure rinvenibile,
avendo, così, inammissibilmente esulato dall’ambito dei propri poteri
giurisdizionali.
In particolare, i primi giudici avrebbero costruito ex post la
motivazione del diniego, interpretando, secondo una loro propria angolazione, la
delibera regionale che non si sarebbe affatto posta il problema della
sufficiente motivazione dell’atto comunale; e non a caso, si aggiunge, per poter
pervenire a tale decisione, gli stessi primi giudici, una volta constatato che
dal punto di vista tecnico-urbanistico tutto sarebbe stato regolare e che le
stesse considerazioni degli uffici tecnici erano state superate nella fase
procedimentale e dimostrate errate nel corso del giudizio, avrebbe interpretato
gli elementi tecnici come una censura alla scarsa valutazione e motivazione
della delibera comunale; ma ciò non sarebbe stato riscontrabile nell’atto
impugnato, né sarebbe stato oggetto del gravame ed il T.A.R. non avrebbe potuto
spingersi fino a costruire le motivazioni di sindacato della Regione.
2) - L’appello è infondato.
La concessione in deroga, di cui si
tratta, contemplava un considerevole aumento di volumetria di un immobile sito
nel centro storico cittadino (si trattava dell’elevazione, per tre piani, di un
edificio, comportante un aumento di volumetria di quasi 5.600 mc., destinati
alla realizzazione di diciassette unità abitative).
Le concessioni in deroga erano ammesse dalla disciplina edilizia comunale,
limitatamente alla realizzazione di edifici pubblici o di interesse pubblico.
Nella specie, la regione ha ritenuto che la prevista realizzazione di una casa
albergo priva di lavanderia, di servizio bar etc. gestiti dalla stessa società
alberghiera e in assenza della previsione che gli acquirenti delle singole unità
abitative destinassero le stesse alla società alberghiera, non assicurasse, di
fatto, l’effettiva utilizzazione ricettiva analoga a quella alberghiera che, in
ipotesi, avrebbe potuto giustificare l’intervento in questione in quanto
intervento di interesse pubblico; inoltre, la trasformazione edilizia avrebbe
comportato il mancato rispetto degli standards urbanistici per ciò che
atteneva alla dotazione minima dei parcheggi.
Tali considerazioni reiettive appaiono condivisibili.
3) - La realizzazione di una casa
albergo senza le dotazioni anzidette e, soprattutto, in assenza di ogni
previsione di vincolo delle unità abitative realizzande a tale specifica
attività, lasciavano emergere, in effetti, un consistente dubbio in merito alla
effettività dell’intenzione della proprietà di operare la prescritta
destinazione; questo, naturalmente, non avrebbe impedito alla richiedente il
titolo in deroga di operare una integrazione, sul punto, della propria istanza;
ma correttamente, in assenza di precisazioni e vincoli specifici in proposito,
la Regione ha ritenuto la delibera comunale – che sorvolava del tutto su tale
aspetto, sebbene questo fosse stato evidenziato dallo stesso tecnico comunale
con parere n. 3031/441 del 27 febbraio 1991- priva dei necessari presupposti.
Né si dica che la Regione non avrebbe potuto sindacare le scelte in proposito
operate dal Consiglio comunale, ciò esulando dalle sue competenze in materia,
che avrebbero mero rilievo urbanistico, non potendo giungere a sindacare aspetti
di carattere gestionale e commerciale.
Al contrario, l’intervento in deroga poteva ritenersi ammissibile solo se ed in
quanto le opere autorizzate fossero risultate per certo destinate a finalità di
interesse pubblico (nella specie, all’uso alberghiero e, più precisamente, a
casa albergo); solo in tal caso, infatti, l’ordinamento consente – in presenza
della previsione di tale specifico potere in seno allo strumento di
pianificazione comunale – di derogare alla ordinaria disciplina pianificatoria.
Poiché spettava, nella specie, alla Regione l’individuazione del carattere di
interesse pubblico presentato dall’edificio per il quale era richiesto il nulla
osta al rilascio della concessione in deroga, ne consegue che la regione stessa
ben poteva e doveva sindacare se effettivamente sussistessero i presupposti
giuridico-fattuali attestanti, al di là di ogni ragionevole dubbio, che
effettivamente le opere da realizzare fossero finalizzate alla soddisfazione di
un siffatto interesse.
Ove la Regione, in sede di esame del provvedimento comunale derogatorio, non
avesse potuto sindacare lo stesso sotto il profilo qui in discussione, sarebbe
venuta meno, invero, la sua capacità di operare il riscontro di legittimità
della deroga urbanistica stessa, in quanto questa può ritenersi ammissibile solo
in presenza di elementi certi in merito alla destinazione d’interesse pubblico
(nella specie, quella alberghiera).
4) - Considerazioni parimenti reiettive valgono anche per ciò che attiene alla tematica dei parcheggi.
Il rilascio della concessione in
deroga è, infatti, possibile se e nei limiti in cui non pregiudichi in termini
significativi gli standards urbanistici.
La materia delle licenze (o concessioni edilizie o permessi di costruzione) in
deroga è stata affrontata con circolare ministeriale (i cui principi orientativi
di fondo appaiono tuttora validi ed applicabili) dell’allora competente
Ministero dei lavori pubblici 28 febbraio 1956, n. 847, seguita da altre
circolari in materia; qui rileva quanto affermato al capo III, punto 2, della
circolare ora detta, secondo cui nella concessione di maggiori altezze o di
maggiori distacchi o di altra qual si voglia eccezione alle misure massime
consentite in via normale si applichi il criterio del compenso dei volumi e,
cioè, non si sviluppi un volume fabbricativo complessivo maggiore di quello che
risulterebbe dalla corrente applicazione di tutte le norme edilizie per la zona
indicata (onde dovrà farsi luogo ad una congrua, contemporanea riduzione di
altri elementi quali la superficie occupata, ritiri di fronte etc.).
Un principio siffatto vale,
naturalmente, anche per ciò che attiene al rispetto degli standards a
parcheggio; la possibilità accordata di sviluppare volumetrie maggiori rispetto
a quelle normalmente consentite non può e non vuole costituire fonte di
disordine urbanistico e di svuotamento di quelle disposizioni che valgono a
salvaguardare un corretto vivere cittadino; con la conseguenza che
all’incremento della ricettività dell’edificio in questione rispetto alla
situazione quo ante, non può che corrispondere anche un idoneo incremento degli
standards urbanistici, con speciale riferimento – per ciò che qui
interessa – a quelli destinati a parcheggio.
Un ampliamento rilevante di un edificio, posto, come nella specie, in pieno
centro cittadino, in vista della realizzazione di numerose unità abitative in
grado di aggravare, in termini marcati, le esigenze di parcheggio (per i
previsti ospiti), non poteva prescindere dalla puntuale previsione degli
appositi spazi destinati a tal fine; se la deroga può riguardare lo sviluppo
dell’edificio in termini di superficie e/o di volumetria, altezze e/o distacchi,
ciò non significa che la deroga stessa possa portare a sacrificare gli interessi
della collettività, aggravando oltre misura i già delicati equilibri
urbanistici; e ciò a maggior ragione quando il manufatto da ampliare si collochi
in pieno centro urbano.
Poiché, come emerge dagli atti (e, in particolare, dal parere n. 53 del 16
giugno 1994 dell’ufficio tecnico regionale e dal citato parere dirigenziale
comunale del 1991, entrambi legittimamente richiamati, ob relationem, a
supporto della motivazione del diniego di nulla osta regionale di cui si
discute) non risulta che la richiedente abbia ottemperato alla richiesta di
rinunciare al cambiamento di destinazione del seminterrato da garage ad
esercizio commerciale (esposizione di prodotti dell’artigianato locale) e poiché
la stessa non ha dimostrato il rispetto degli standards a parcheggio
previsti per la zona in questione, ne consegue che correttamente le è stato
denegato il richiesto titolo in deroga.
La Regione, invero, ha operato i
propri apprezzamenti sulla base dei dati in suo possesso e, tra questi, oltre
quelli dianzi indicati, vi era anche la nota, diretta alla U.S.L., con la quale
la richiedente il titolo in deroga ribadiva il proprio intendimento di
trasformare il piano seminterrato, già destinato a garage, in esercizio
commerciale, riservando a parcheggio i soli spazi esterni, ricompresi nel lotto,
in precedenza destinati a spazi di manovra; in tal modo, peraltro,
all’accrescimento sensibile del carico urbanistico (17 unità abitative) non si è
accompagnata la previsione di alcun aumento degli spazi destinati a parcheggio
(eventualmente reperibili anche all’esterno del lotto, ma in zona limitrofa e
nella piena disponibilità della richiedente il titolo in deroga); né è stato
dimostrato, dall’interessata, il rispetto degli spazi minimi da destinare a tal
fine, tenuto conto sia della destinazione a residenza alberghiera che di quella
commerciale (lo stesso ampliamento della destinazione commerciale appare, del
resto, astrattamente in grado di determinare un ulteriore aggravamento della
pressione urbanistica per ciò che attiene all’esigenza di parcheggi).
In definitiva, è da ritenere che le motivazioni addotte, sul punto in esame,
dalla Regione siano pur’esse in grado di supportare pienamente l’impugnato
diniego di nulla osta (mentre nulla impediva all’interessata di ripresentare la
propria istanza fornendo elementi idonei a superare gli aspetti preclusivi
indicati dalla Regione e, in particolare, vincolando aree sufficienti a
salvaguardare i predetti standards urbanistici).
5) – Né si dica che il T.A.R.
sarebbe andato ultra petita laddove ha inteso porre l’accento sul fatto
che il provvedimento regionale era volto a mettere in evidenza le lacune
dell’atto comunale e, segnatamente l’omessa valutazione di tutti gli interessi
pubblici coinvolti.
La lettura operata dai primi giudici mira, in effetti, a segnalare come la
Regione abbia individuato una serie di mancanze nell’operato del Consiglio
comunale (e, tra queste, non priva certo di rilevanza è anche quella relativa al
mancato esame, da parte dell’organo consiliare, del citato parere del dirigente
dello stesso Comune), tali da inficiare la scelta derogatoria dallo stesso
operata pur in difetto di un valido apprezzamento di elementi e circostanze
determinanti quali erano quelle concretamente poste in evidenza dalla Regione
medesima e di cui si è detto.
6) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione quinta, respinge l’appello indicato in epigrafe.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado che liquida in complessivi € 2.500, di cui € 1.250 a favore della Regione Molise ed € 1250 a favore del Comune di Isernia.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma il 7 giugno 2005 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:
RAFFAELE IANNOTTA, Presidente
PAOLO BUONVINO, Consigliere est.
CESARE LAMBERTI, Consigliere
GOFFREDO ZACCARDI, Consigliere
MICHELE CORRADINO, Consigliere