EDILIZIA E URBANISTICA - 116
Corte Costituzionale, 29 luglio 2005, n. 343
E' costituzionalmente illegittima la norma della legge
regionale (nel caso di specie gli articoli 4 e
30 della legge
Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34) che non preveda che copia dei
piani attuativi sia
trasmessa dai Comuni alla Regione (o alla Provincia delegata) ai fini di
eventuali osservazioni sulle quali il Comune deve dare
puntuale riscontro (pur senza l'obbligo di recepirle).
(possibili ripercussioni su altre norme regionali con lo stesso vizio, quali l'art. 14 della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Fernanda CONTRI, Giudice
Guido NEPPI MODONA, "
Annibale MARINI, "
Franco BILE, "
Francesco AMIRANTE, "
Ugo DE SIERVO, "
Romano VACCARELLA, "
Paolo MADDALENA, "
Alfio FINOCCHIARO, "
Alfonso QUARANTA, "
Franco GALLO, "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), promosso con ordinanza del 31 gennaio 2004 dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche sui ricorsi riuniti proposti da Codacons ed altri contro il Comune di Civitanova Marche ed altri, iscritta al n. 406 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2004.
Visti l'atto di costituzione del Codacons Centro Marche nonché l'atto di
intervento della Regione Marche;
udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 2005 il Giudice relatore Alfio
Finocchiaro;
uditi l'avvocato R.G. per il Codacons Centro Marche e l'avv. S.G.
Grassi per la Regione Marche.
Ritenuto in fatto
1. – Nel corso di giudizi amministrativi, promossi dal Codacons, da articolazioni regionali dello stesso Codacons, dalla C.A. a r.l. e dalla M. s.r.l. contro il Comune di Civitanova Marche, per l'annullamento di atti di pianificazione attuativa (e delle conseguenti concessioni edilizie) delle aree denominate, complessivamente, “zona mostre”, il Tribunale amministrativo regionale delle Marche, previa riunione dei procedimenti, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), per violazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie).
Con ricorso n. 844 del 1998, il Codacons e il Codacons Marche hanno impugnato,
denunciandone illegittimità sotto molteplici profili, le delibere consiliari n.
2 del 1997, n. 127 del 1997 e n. 27 del 1998 (e delle pregresse deliberazioni
della Giunta municipale n. 533 del 1994, n. 698 del 1994 e successive varianti,
aventi ad oggetto la perimetrazione del centro abitato), con cui il Comune di
Civitanova Marche ha definito la progettazione di massima, nonché adottato e
approvato il piano di lottizzazione relativo al comprensorio “zona mostre”.
Con ricorso n. 1199 del 2000, il Codacons e il Codacons Marche hanno impugnato,
per una serie di vizi dedotti, la convenzione di lottizzazione stipulata il 15
novembre 1999 e le concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Civitanova
Marche, per la realizzazione delle opere private previste dal piano di
lottizzazione oggetto del ricorso n. 844 del 1998.
Con ricorso n. 477 del 2002, il Codacons, il Codacons Marche, il Codacons Centro
Marche e la M. s.r.l. hanno impugnato le delibere consiliari di adozione e
approvazione delle varianti della lottizzazione “zona mostre nord” e della
lottizzazione “zona mostre sud”, nonché le concessioni edilizie conseguentemente
rilasciate, enunciando, tra i motivi di illegittimità, anche la violazione
dell'art. 24 della legge statale n. 47 del 1985, con conseguente
incostituzionalità dell'art. 4 della legge regionale, per essere state le
varianti della “zona mostre” definitivamente approvate dal Consiglio comunale
senza passare per l'approvazione della provincia, come avveniva antecedentemente
alla legge regionale, in ossequio all'art. 24,
secondo comma, della legge n. 47 del 1985.
Con ricorso n. 450 del 2002, la C.A. a r.l. ha impugnato la
concessione edilizia in sanatoria rilasciata nel 2002 a favore della A.
s.r.l. per la realizzazione di edificio commerciale all'interno della
lottizzazione “zona mostre sud”, in quanto contraria agli strumenti urbanistici
vigenti, e tenendo conto che la lottizzazione non rispecchia la destinazione
d'uso prevista da questi.
Secondo il T.A.R. è rilevante e non manifestamente infondata rispetto alla
decisione la questione di costituzionalità degli articoli 4 e 30 della legge
della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34, perché in contrasto con l'art. 24
della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e, quindi, in violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.
Sotto il profilo della rilevanza, il T.A.R. assume che il Comune di Civitanova
Marche ha provveduto alla pianificazione attuativa della “zona mostre” a mezzo
di piani di lottizzazione, cui in seguito ha deciso di apportare varianti. Tali
atti sono stati introdotti alla stregua delle competenze stabilite dall'art. 4 e
seguendo l'iter procedimentale fissato dall'art. 30 della legge regionale n. 34
del 1992. La pianificazione attuativa dunque è svolta dal Comune autonomamente
senza controlli né interferenze, da parte della Regione o della Provincia
(quest'ultima delegata dalla Regione, in base all'art. 3 della stessa legge
regionale n. 34 del 1992). La riscontrata illegittimità costituzionale degli
atti di pianificazione comporterebbe l'illegittimità degli stessi e degli atti
concessori conseguenti, indipendentemente dagli altri vizi di legittimità
denunciati dai ricorrenti.
In ordine alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, il T.A.R. Marche rileva che l'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 – nell'escludere che, in via generale, i piani attuativi necessitino di approvazione regionale, e nel conferire alle Regioni il potere di disciplinare con proprie norme il procedimento di autoapprovazione dei piani, al fine di garantirne la snellezza, la pubblicità e la partecipazione – ha anche previsto, testualmente, che i Comuni «sono comunque tenuti a trasmettere alla Regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della Regione i Comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali».
Tale ultima disposizione deve interpretarsi come obbligo inderogabile per i
Comuni di portare a conoscenza delle Regioni gli strumenti attuativi, e di dare
puntuale riscontro (pur senza l'obbligo di recepirle) alle eventuali
osservazioni.
Di contro, l'art. 30 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992 prevede
solo che i piani attuativi siano adottati dal Consiglio comunale e le relative
deliberazioni depositate presso la segreteria del Comune per trenta giorni
consecutivi, dandosi comunicazione al pubblico mediante apposito avviso affisso
all'albo pretorio del Comune, con la possibilità che in tale periodo chiunque
possa prendere visione e presentare, entro i successivi trenta giorni,
opposizioni e osservazioni. La giunta comunale sottopone all'approvazione del
Consiglio detti piani urbanistici attuativi unitamente alle opposizioni e
osservazioni presentate ed il Consiglio comunale approva definitivamente i piani
decidendo contestualmente in ordine alle opposizioni e osservazioni presentate.
L'art. 4 della stessa legge regionale sottrae gli strumenti attuativi ad ogni
autorizzazione o approvazione da parte di organi o uffici della Regione previste
da disposizioni statali e regionali, venendo gli stessi unicamente approvati, in
via definitiva, dal Consiglio comunale. I piani attuativi sono così rimessi alla
disponibilità esclusiva dell'ente locale, senza possibilità di interferenza, o
anche semplicemente conoscenza, da parte della Regione (e della Provincia).
Il sistema, secondo il giudice rimettente, contrasta con l'art. 24
della legge n. 47 del 1985, non solo perché sottrae all'approvazione regionale i piani
relativi alle aree e agli ambiti territoriali individuati dalle Regioni come di
interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in
mancanza, con specifica deliberazione, ma anche perché – ed è questo l'aspetto
rilevante per i giudizi a quibus – abolendo la trasmissione di copia degli
strumenti attuativi alla Regione (nelle Marche, alla Provincia, per via della
delega prevista dall'art. 5 della stessa legge regionale), impedisce di
prenderne visione, valutare e fare eventuali osservazioni, vanificando l'obbligo
dei Comuni di controdedurre puntualmente. Viene così cancellato un grado
intermedio di attività collaborativo-concertativa tra l'ente locale e la
Regione, tributaria di potestà legislativa e quindi amministrativa in via
ripartita, nella materia urbanistica, in base agli
artt. 117 e 118 della
Costituzione. Tale collaborazione, dopo la soppressione del potere di
approvazione degli strumenti attuativi, già demandato alle Regioni, la norma
statale ha inteso mantenere attraverso un diverso meccanismo, tuttavia a tutela
della conformità dell'attuazione la pianificazione generale.
L'aart. 24 della legge n. 47 del 1985 contiene i principî fondamentali ai sensi dell'art. 117 Cost., cui la legislazione regionale deve conformarsi: il contrasto tra le norme regionali indicate e la norma statale di principio, determina dunque violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.
2. – Nel giudizio si è costituito il Codacons Centro-Marche, sottolineando che
la Regione, per un senso di malinteso indipendentismo, ha omesso di recepire
legislativamente l'obbligo del Comune, sancito dalla legge n. 47 del 1985, di
trasmettere alla Regione gli strumenti attuativi approvati, con il risultato che
i Comuni, abusando del potere, apportano surrettiziamente con gli strumenti
attuativi sostanziali varianti, non esplicitate, al piano regolatore generale,
in modo da evitare interferenze regionali sugli abusi perpetrati.
Le recenti innovazioni legislative in materia urbanistico-edilizia non hanno
modificato il principio statuito dall'art. 24
della legge n. 47 del 1985, che
deve essere rispettato dalle Regioni anche alla luce del nuovo
art. 117 della
Costituzione, pur se la questione sollevata dal T.A.R. Marche va valutata alla luce
della normativa vigente all'epoca, in applicazione del principio tempus regit
actum. In aggiunta a quanto osservato dal T.A.R. Marche, si può suggerire il
riferimento al principio di “leale collaborazione” sancito dall'art. 120 Cost.,
al fine di assicurare l'osservanza dei principî generali (art. 117 Cost.) e buon
andamento della p.a. (art. 97 Cost.): l'invio dei piani attuativi serve anche
alla formazione di un archivio centralizzato regionale, oltre che a creare i
presupposti conoscitivi per la pianificazione di coordinamento provinciale e
paesistica, e inoltre a indurre i Comuni, attraverso le osservazioni regionali,
al rispetto del buon andamento della p.a. Il conferimento di poteri agli enti
locali non può impedire il coordinamento degli enti superiori, anche al fine di
esercitare il potere sostitutivo (riconosciuto alla Regione dalla sentenza n. 43
del 2004 della Corte costituzionale); il che è consentito, in materia
urbanistica, solo se la Regione è posta in grado di conoscere i piani attuativi.
3. – Nel giudizio è intervenuta la Regione Marche, che chiede dichiararsi
l'infondatezza della questione sollevata.
La stessa legge regionale n. 34 del 1992 ha dato specifica attuazione alla
disposizione statale, con l'art. 35, per cui «al fine della programmazione
dell'uso del territorio i Comuni trasmettono alla provincia copia del riepilogo
informativo statistico dei dati di ogni singolo piano entro trenta giorni dalla
data di esecutività della deliberazione del consiglio comunale che lo adotta
definitivamente». Analogo obbligo è previsto per i piani regolatori vigenti e
relative varianti (comma 2) di modo che l'ente sovraordinato ha la possibilità
di ottenere il quadro completo della pianificazione territoriale realizzata dai
Comuni. Per le zone soggette a tutela paesistica, poi, l'art. 4, comma 3, della
legge regionale prevede un ulteriore momento partecipativo della Provincia.
Ulteriore forma di coordinamento è prevista dalla legge regionale nella
disciplina della “conferenza dei comitati per il territorio” (art. 60).
Per di più, le norme della legge Marche n. 34 del 1992, denunciate dal T.A.R., attengono all'edilizia, che, non compresa tra le materie nominate dall'art. 117 Cost., è collocabile nella fascia residuale del quarto comma, e quindi oggetto di potestà legislativa esclusiva della Regione. Ma, anche a considerarla inquadrabile nell'“urbanistica” o nel “governo del territorio”, e dunque nella legislazione concorrente, allo Stato è riservata la sola determinazione dei principî fondamentali, e tale non può essere qualificata la previsione dell'obbligo di trasmissione dei piani attuativi dai Comuni alla Regione, che costituisce disciplina di estremo dettaglio in merito all'approvazione degli strumenti urbanistici attuativi, e dunque illegittima, siccome invasiva della competenza legislativa esclusiva, o concorrente, delle Regioni.
4. – Nell'imminenza dell'udienza, la Regione Marche ha presentato memoria con la
quale insiste per l'infondatezza della questione, richiamando le ragioni addotte
nell'atto di intervento.
La difesa regionale ribadisce che la legge regionale impugnata ha dato specifica
attuazione alla disposizione statale, rileva che il thema decidendum è quello
fissato dall'ordinanza di rimessione e non può essere ampliato con riferimento
agli ulteriori parametri invocati dal Codacons, ed aggiunge che l'art. 24
della legge n. 47 del 1985 non può essere interpretato nel senso di escludere il
potere della Regione di stabilire norme di attuazione in ambito regionale,
poiché, diversamente, tale norma statale risulterebbe invasiva di competenze
regionali, in quanto di eccessivo dettaglio.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale delle Marche, nel corso di giudizi
riuniti aventi ad oggetto la legittimità di atti di pianificazione attuativa (e
delle conseguenti concessioni edilizie) riguardanti la “zona mostre” di
Civitanova Marche, dubita della legittimità costituzionale degli
articoli 4 e
30 della legge
Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia
urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), per violazione
dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art.
24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie)
Rileva il giudice rimettente che – contrariamente al principio fondamentale
espresso dalla norma statale, che, nel quadro della semplificazione delle
procedure urbanistiche, emancipa la formazione dei piani urbanistici attuativi
dall'approvazione regionale, tuttavia configurando l'obbligo del Comune di invio
del piano alla Regione per eventuali osservazioni, che poi i Comuni sono
obbligati a prendere in considerazione – l'art. 4 della legge della Regione
Marche n. 34 del 1992 attribuisce l'approvazione al Consiglio comunale e
sopprime ogni approvazione regionale, e l'art. 30, nel regolare la procedura, si
limita a prevedere il deposito del piano attuativo dopo la sua adozione (e non
anche l'invio alla regione), e poi l'approvazione del Consiglio comunale.
2. – Va innanzitutto evidenziato che il T.A.R. Marche, nel ritenere rilevante e non
manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata, ha dedotto
la violazione, da parte della legge della Regione, dell'articolo 117, primo
comma, della Costituzione, nel testo originario, per non avere osservato i
principî fondamentali delle leggi dello Stato senza in alcun modo motivare le
ragioni per le quali alla fattispecie in esame si applichi tale normativa e non
anche quella novellata.
Ciò però non determina l'inammissibilità della questione di legittimità
costituzionale, motivata con riferimento ad un parametro costituzionale
modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, quando, come nella specie,
nella vigenza sia del “vecchio testo” dell'articolo 117 della Costituzione sia
del “nuovo”, la Regione deve esercitare la propria competenza nel rispetto dei
principî fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato (v. sentenza n. 200 del
2005).
3. – Passando all'esame del merito della questione, la stessa è fondata.
3.1. – La censura di incostituzionalità deve essere vagliata sulla base del
parametro costituzionale invocato dal giudice rimettente, senza alcuna
possibilità di prendere in considerazione ulteriori parametri dedotti dalle
parti.
L'art. 24 della legge 28 febbraio
1985, n. 47, compreso nel capo II, relativo
allo snellimento delle procedure urbanistiche ed edilizie, testualmente dispone:
«Salvo che per le aree e per gli ambiti territoriali individuati dalle regioni
come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in
mancanza, con specifica deliberazione, non è soggetto ad approvazione regionale
lo strumento attuativo di strumenti urbanistici regionali, compresi i piani per
l'edilizia economica e popolare nonché i piani per gli insediamenti produttivi»
(primo comma).
«Le regioni emanano norme cui i comuni debbono attenersi per l'approvazione degli strumenti di cui al comma precedente, al fine di garantire la snellezza del procedimento e le necessarie forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati. I comuni sono comunque tenuti a trasmettere alla regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della regione i comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali» (secondo comma).
Tale disposizione non è derogabile dalle leggi regionali, come si evince dal
precedente articolo 1, primo comma, secondo cui le Regioni emanano norme in
materia di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni in
conformità ai principî definiti dai capi I, II e III della stessa legge, senza
che possa trarsi argomento in contrario dal secondo comma per il quale, fino
all'emanazione delle norme regionali, si applicano le norme contenute nella
legge statale.
Con la legge n. 47 del 1985, se da una parte si istituzionalizza il disegno di
semplificazione delle procedure in materia urbanistica, eliminando
l'approvazione degli strumenti attuativi, dall'altra, però, si accentuano le
forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati.
La statuizione dell'art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985, nella
parte in cui prescrive l'invio degli strumenti attuativi comunali alla Regione,
è chiaramente preordinata a soddisfare un'esigenza, oltre che di conoscenza per
l'ente regionale, anche di coordinamento dell'operato delle Amministrazioni
locali ed, in questo senso, la legge statale riserva alla Regione la potestà di
formulare “osservazioni” sulle quali i Comuni devono “esprimersi”.
Il contrappeso all'abolizione dell'approvazione regionale è costituito
dall'obbligo imposto al Comune di inviare alla Regione il piano attuativo, al
fine di sollecitarne osservazioni riguardo alle quali il Comune stesso è tenuto
a puntuale motivazione.
Il meccanismo istituito dall'art. 24 della legge n. 47 del 1985, dunque, in
relazione allo scopo perseguito dalla legge, configurando l'obbligo dei Comuni
di trasmettere i piani urbanistici attuativi alla Regione, assume il carattere
di principio fondamentale.
3.2. – La legge urbanistica della regione Marche, come denunciato dal T.A.R.
rimettente, abolisce l'approvazione regionale degli strumenti attuativi (e tra
questi, dei piani di lottizzazione, oggetto dei giudizi a quibus), e
l'attribuisce al Consiglio comunale (art. 4): solo per le zone vincolate, è
previsto un parere preliminare della Provincia (che nelle Marche è delegata alle
funzioni urbanistiche attribuite alle Regioni: art. 4 legge reg. cit.). La
procedura di formazione del piano, prevista dall'art. 30, pur ammettendo
opposizioni e osservazioni da parte di “chiunque”, non prevede specificamente
l'invio alla Regione (o alla Provincia), previsto dalla legislazione statale
(art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985), al fine di sollecitare le
osservazioni sulle quali la legge statale impone al Comune l'obbligo (non già di
recepirle, ma) di motivare puntualmente (quindi anche di non accoglierle):
obbligo di invio che la legge statale distingue facendone un quid pluris
rispetto alle forme partecipative consentite a soggetti privati e pubblici (art.
25), tanto da esigere una motivazione puntuale, che non è richiesta nei
confronti delle osservazioni degli altri soggetti.
E' indubbio che la mancata previsione dell'obbligo di trasmissione contrasta con
un principio fondamentale della legge statale e determina l'incostituzionalità
delle norme denunciate, nella parte in cui non prevedono che copia dei piani
attuativi, per i quali non è richiesta l'approvazione regionale, sia trasmessa
dai Comuni alla Regione o alla Provincia delegata.
3.3. – Le precedenti osservazioni non sono superate dalle argomentazioni della
difesa della Regione Marche.
La previsione dell'obbligo di trasmettere copia del riepilogo informativo
statistico dei dati di ogni singolo piano (art. 35 della legge della Regione
Marche n. 34 del 1992), non è idonea, data l'evidente schematicità del
contenuto, a porre l'ente destinatario in grado di attuare la collaborazione
insita nelle osservazioni e sollecitazioni al Comune a compiere nuove
valutazioni (che l'art. 35 neppure prevede).
La materia edilizia rientra nel governo del territorio, come prima rientrava
nell'urbanistica, ed è quindi oggetto di legislazione concorrente, per la quale
le regioni debbono osservare, ora come allora, i principî fondamentali
ricavabili dalla legislazione statale.
Né è sostenibile l'ascrivibilità dell'art.
24 della n. 47 del 1985 alla
normativa di dettaglio, che sarebbe preclusa al legislatore statale, atteso che
l'ampio ambito di operatività assicurato dal
secondo comma dell'art. 24 alla
legislazione regionale è soggetto ad una delimitazione di ordine generale,
preordinata alla tutela di interessi superiori.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), nella parte in cui non prevedono che copia dei piani attuativi, per i quali non è prevista l'approvazione regionale, sia trasmessa dai Comuni alla Regione (o alla Provincia delegata).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 2005.
F.to:
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 luglio 2005.