EDILIZIA E URBANISTICA - 106
T.A.R. Campania, Napoli, Sezione seconda, 2 luglio 2004, n. 9876
Sulla sulla nozione di pertinenza urbanistica e sul regime applicabile alla luce del Testo Unico Testo Unico approvato con d.P.R. n. 380 del 2001

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Napoli
Sezione Seconda

composto dai Magistrati
dr. ANTONIO ONORATO Presidente
dr. FRANCESCO GUERRIERO Consigliere
dr. VINCENZO CERNESE Primo referendario Estensore
ha pronunciato, ai sensi degli artt. 21, comma 10 e 26, comma 5, della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 6926/2004 R.G. proposto da:
E.S. S.p.a. e L.V. S.r.l.”, in persona dei legali rappresentanti pro-tempore, rappresentate e difese dall’Avv. F.S.E., ed, agli effetti del presente giudizio, domiciliate presso la Segreteria del T.A.R. Campania in Napoli, alla P. zza Municipio, n. 64;

contro

il COMUNE DI MASSA LUBRENSE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituito in giudizio;

per l’annullamento
- dell’ordinanza n. 82 emessa in data 25.2.04 e notificata in data 26.2.2004 dal Dirigente dell’Ufficio Urbanistica - Edilizia Privata ed Ambiente del Comune di Massa Lubrense;
- di tutti i provvedimenti precedenti, connessi, preordinati e conseguenti.

VISTO il ricorso con i relativi allegati;
VISTI gli atti tutti della causa;
UDITA alla Camera di Consiglio del 24 giugno 2004 la relazione del dr. Vincenzo Cernese;
UDITI, altresì, i difensori delle parti come da verbale;
VISTI gli artt. 21, comma 10 e 26, comma 5, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034;
SENTITI, sul punto i procuratori delle parti;
RITENUTO in fatto e considerato in diritto:

FATTO

Premettono le Società E.S. S.p.a. e L.V. S.r.l., la prima, di essere proprietaria in località Villazzano dell’omonimo fondo costituito da terreni agricoli, notevolmente estesi e fabbricati, alcuni rurali ed altri urbani, la seconda di gestire sul medesimo fondo attività agrituristica.
Dolendosi, poi, che - in data 3.3.2004 - a seguito di sopralluogo effettuato nel fondo in data 25.2.04, con cui era stata accertata “la costruzione, in assenza di titolo, di una struttura in pali e murali in legno a due falde spioventi realizzata in sopraelevazione a preesistente pergolato, il tutto poggiato a copertura di una vasta area con fondo in terra battuta e brecciolino”, era stata loro notificata l’ordinanza in epigrafe con cui si ingiungeva il ripristino dello stato dei luoghi, le Società E.S. S.p.a. e L.V. S.r.l., con ricorso notificato il 26.4.2004 e depositato il 25.5.2004, hanno impugnato, innanzi a questo Tribunale, siffatta ordinanza.

All’uopo, preso atto che la sistemazione con pergolato da loro realizzato non alterava la destinazione agricola dell’area (tant’è che, al di sotto del pergolato, erano state sistemate sia viti, sia nuove piante di agrumi), hanno dedotte le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione art. 31 D.P.R. n. 380/2001, anche in relazione all’art. 1 della legge n. 10/77 - Eccesso di potere sotto il profilo della erroneità dei presupposti di fatto e di diritto e della carenza di motivazione; atteso che, erroneamente, il Comune intimato censurerebbe una struttura in pali di castagno realizzata in sopraelevazione a preesistente pergolato, delle medesime caratteristiche, asserendo che la stessa sarebbe stata realizzata in assenza di permesso di costruire. Evidenzia il ricorrente come questa sovrastruttura del pergolato non avrebbe le caratteristiche di una costruzione e non costituirebbe intervento di trasformazione urbanistica del territorio (ed, in particolare, non lo costituirebbe in Costiera Sorrentina dove tali tipi di strutture, comuni a tutti i piantati di agrumi e viti, sarebbero destinate a durare finché durerebbe il piantato), essendo finalizzata esclusivamente ad una più funzionale conduzione del fondo, così come connessa anche all’attività di agriturismo. Evidenzia, ancora, il carattere di precarietà della struttura in discussione e la mancata indicazione, in modo rigoroso, delle ragioni per le quali si sarebbe ritenuto di sanzionare con la demolizione una siffatta struttura
le attitudini funzionali del bene, anche dopo la realizzazione del contestato intervento dovrebbero considerarsi immutate oiipo
Le ricorrenti lamentano la contraddittorietà riscontrabile nell’avversata ordinanza di demolizione, nel momento in cui il Comune di Massa Lubrense avrebbe irrogato la sanzione rispristinatoria dello stato dei luoghi - prevista dall’art. 31 rubricato - per una modesta modifica del pergolato, con opere in alcun modo dotate di autonomia funzionale rispetto alla preesistente struttura, in relazione alla quale non sarebbe stata giammai sollevata alcuna contestazione, conseguentemente riconoscendone la legittimità;
2) Violazione del principio del giusto procedimento - Violazione e falsa applicazione art. 31 D.P.R. n. 380/01, in relazione all’art. 7 L. n. 94/82; assumendo la natura meramente pertinenziale dell’opera interessata dall’ordinanza impugnata, sia perché realizzata in sopraelevazione di preesistente pergolato, sia perché priva di autonomia funzionale, preordinata ad un’oggettiva esigenza della struttura principale e realizzabile previo rilascio di autorizzazione ex art. 7 L. n. 94/82, ovvero - con l’entrata in vigore del D.P.R. n. 380/2001 - liberamente;
3) Violazione e falsa applicazione art. 31 D.P.R. n. 380/03, in relazione agli artt. 3 e 7 L. n. 241/90; attesa - in violazione della rubricata normativa - la mancata comunicazione alle ricorrenti dell’avvio del procedimento, indispensabile per tutelare tempestivamente e proficuamente le loro ragioni prima della irrogazione della sanzione urbanistica.
L’Amministrazione intimata non si costituiva in giudizio ed alla Camera di Consiglio del 24 giugno 2004, la causa veniva chiamata per essere trattata in sede cautelare.

DIRITTO

Il presente ricorso ha per oggetto l’annullamento di un’ordinanza con cui, in era ingiunta la demolizione di opere realizzate in assenza di permesso di costruire, secondo quanto dispone l’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 ( T.U. per l’edilizia ) ed il ripristino della stato dei luoghi, in quanto: «In loco si è accertato la costruzione, in assenza di titolo, di una struttura in pali e murali in legno a due falde spioventi, realizzata in sopraelevazione a preesistente pergolato, il tutto a copertura di una vasta area con fondo in terra battuta e brecciolino.
Al momento, non si sono accertati lavori in atto.
E’ stato eseguito servizio fotografico.
»

Come è stato avvertito alle parti presenti in Camera di Consiglio il giudizio - ai sensi dell’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 - può essere definito nel merito con sentenza in forma semplificata.

Tanto perché il ricorso è manifestamente fondato.

La necessità di munirsi di un titolo autorizzatorio prima di intraprendere un’attività su un immobile di cui se ne abbia, a qualsiasi titolo, la disponibilità è dall’ordinamento (art. 10, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 T.U. in materia edilizia) imprescindibilmente ricollegata ad interventi di “trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”, comprensivi degli “interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica e di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente ...”.
Nota, al riguardo il Collegio, come, in generale, nella libera esplicazione delle facoltà che al proprietario di un immobile indubbiamente competono (cfr. art. cod. civ.) è da ritenersi ricompreso ogni intervento che (senza esulare dalla ordinaria manutenzione) non immuti l’assetto del territorio circostante, per modo che, sotto il profilo segnalato, ogni limitazione legislativa, anche sotto forma di necessità di rilascio di un titolo abilitante, non può che presentarsi strumentale a tale ultimo fine e porsi come eccezionale, come tale, insuscettibile di interpretazione analogica.

In punto di fatto - come ammesso anche dall’intimata Amministrazione comunale in sede di accertamento - la (sovra) struttura in pali e murali in legno a due falde spioventi realizzata in sopraelevazione al preesistente pergolato, non risulta avere le caratteristiche di una costruzione né costituisce intervento modificativo del territorio, essendo finalizzata esclusivamente ad una più funzionale conduzione del fondo così come connessa anche all’attività di agriturismo. La relazione del perito agronomo di parte, versata in giudizio, rende atto della necessità dell’intervento volto a rafforzare la struttura preesistente (rivelatasi inadeguata), a protezione di un vigneto con il classico pergolato sorrentino in pali di castagno per difendere le produzioni locali (olio, limoni, vino ecc.) dalla salsedine marina. Trattasi all’evidenza di struttura precaria destinata ad assecondare le attitudini funzionali del bene che, anche dopo ed in conseguenza del contestato intervento, deve ritenersi immutato.

Pertanto, tenuto conto della normativa di attuale vigenza in tema di pertinenze, nella fattispecie è, indubbiamente, da escludere che la struttura a supporto del preesistente pergolato possa considerarsi quale pertinenza riconducibile ad “interventi di nuova costruzione” con la conseguente applicazione del relativo regime giuridico introdotto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. in materia di edilizia). Ed, invero, esse non sono elemento essenziale e costitutivo dell’edificio (cfr. Cass. Pen. 13.2.1987); anche se abbiano una propria individualità, è preordinata ad una oggettiva esigenza dell’edificio principale (cfr. Cass. Pen. 9.10.1987); ossia è funzionale all’uso dello stesso; non hanno un autonomo valore di mercato rispetto all’immobile cui accedono, non sono valutabili in termini d volumetria o, comunque, hanno un volume da qualificarsi minimo rispetto a quello dell’edificio principale (cfr. Cass. Pen. 13.2.1987).
In punto di diritto, nell’ambito delle opere qualificabili pertinenziali, il citato D.P.R. n. 380 - alla stregua dell’art. 3, comma 1, lettera e.6) - le qualifica quali “interventi di nuova costruzione” - ai sensi dell’art. 10, comma 1, subordinati a permesso di costruire - solo nelle ipotesi in cui “le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree”, le qualifichino come tali, ovvero allorquando “comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale”: ipotesi, questa, senz’altro da escludersi, nel caso di specie.

Senz’altro fondate si rivelano anche le restanti censure.

E così, la terza, con la quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L. n. 94/82 per trattarsi di opera che - come su rilevato - per presentarsi preordinata ad un’oggettiva esigenza della struttura principale, al servizio della stessa, è senz’altro riconducibile alle pertinenze urbanistiche e, come tale soggetta al regime del citato art. 7.

L’ordine di idee espresso dalle ricorrenti nella su riferita censura è senz’altro condivisibile, con la precisazione che la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie che la distinguono da quella civilistica (art. 817 cod. civ.: «Pertinenze sono le cose destinate in modo durevole a servizio e ad ornamento di un’altra cosa, senza costituirne parte integrante e senza rappresentare elemento indispensabile per la sua esistenza»): deve trattarsi di un’opera preordinata ad una oggettiva esigenza dell’edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di autonomo valore di mercato , non valutabile in termini di cubatura e comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell’edificio principale, una destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede. In precedenza tali opere soggiacevano al regime autorizzatorio di cui all’art. 7 della L. n. 94/82 che, però, è stata successivamente abrogato dal D.L. n. 30/96 che ha segnato la scomparsa del regime delle autorizzazioni edilizie, per modo che, allo stato, l’unica disciplina delle pertinenze urbanistiche è quella rinvenibile nell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 che esclude sanzioni di qualsiasi tipo in relazione ad interventi per i quali non è previsto alcun titolo autorizzativo (permesso di costruire o denuncia di inizio di attività).

Infine senz’altro fondato è anche l’ultima mezzo per il cui tramite le ricorrenti lamentano la violazione delle regole poste a presidio di un giusto procedimento, e così, anzitutto, della omessa comunicazione dell’avviso del procedimento, irrinunciabile, specie allorquando la P.A. si determini a sanzionare abusi commessi nell’ambito dell’attività edificatoria.
Conclusivamente, atteso che la peculiare natura pertinenziale delle opere oggetto dell’attività di repressione urbanistica risultavano del tutto “innocue” sotto il profilo urbanistico, erano esperibili senza bisogno di alcuna titolo legittimante da parte dell’intimato Comune (per modo che il provvedimento repressivo posto in essere da quest’ultimo non aveva alcuna ragion d’essere), la pretesa delle ricorrenti è fondata e, pertanto, il proposto ricorso va accolto con il conseguente annullamento degli atti in epigrafe.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Seconda Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 6926/2004 R.G.), proposto dalla E.S. S.p.a. e L.V. S.r.l., lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti in epigrafe indicati.
Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 24 giugno 2004.

ANTONIO ONORATO Presidente
VINCENZO CERNESE Primo Referendario Estensore