EDILIZIA E URBANISTICA - 104
Consiglio di Stato, sezione V, 7 aprile 2004, n. 1968
Sulla inidoneità della delibera consiliare per interpretare le norme di P.R.G. e sulla necessità di procedere mediante variante; la correzione dell’errore materiale può portare alla modifica del P.R.G. nei soli casi in cui l’imperfezione descrittiva sia ravvisabile senza dar luogo ad un’attività di interpretazione della volontà dell’Amministrazione.
Lo stabile collegamento localizzativo che attribuisce l'interesse legittimo a ricorrere non è limitato alla distanza tra il ricorrente e l'intervento contestato  ma va valutata con riferimento al verosimile perimetro dei rispettivi bacini socio-economici di utenza. Ne consegue che tre chilometri tra due multisale cinematografiche non sono un ostacolo al riconoscimento di siffatta legittimazione.
Il piano particolareggiato decaduto è comunque applicabile e ultrattivo per quanto attiene gli allineamenti e le prescrizioni di zona, in difetto di specifiche nuove prescrizioni.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi in appello riuniti:

a) numero di registro generale 3985/2002, proposto da: la Soc. E. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante rappresentato e difeso, per delega resa a margine dell’atto di appello, dall’Avv. Prof. C.D.P. e dall’Avv. M.C., ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in ...

contro

C.C., rappresentata e difesa per delega resa a margine del controricorso ed appello incidentale, dagli Avvocati G.S., M.B. ed E.R., elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in ...
il Comune di Alba, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio,

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. I, n. 2325/2001, del 5 dicembre 2001;

b) numero di registro generale 10048/2002, proposto da: la Soc. E. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante rappresentato e difeso, per delega resa a margine dell’atto di appello, dall’Avv. Prof. C.D.P. e dall’Avv. M.C., ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in ...

contro

C.C. e C.P., entrambi rappresentati e difesi per delega resa a margine del controricorso, dagli Avvocati G.S., M.B. ed E.R., elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in ...
il Comune di Alba, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio,
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. I, n. 1797/2002, del 30 ottobre 2002;

c) numero di registro generale 203/2003, proposto da: il Comune di Alba, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difesa, per delega resa a margine dell’atto di appello, dall’Avv. M.P. e dall’Avv. L.V., ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in ...

contro

C.C. e C.P., entrambi rappresentati e difesi per delega resa a margine del controricorso, dagli Avvocati G.S., M.B. ed E.R., elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in ...
la Soc. E. a r.l., in persona del suo legale rappresentante, non costituita in giudizio

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. I, n. 1797/2002, del 30 ottobre 2002;

d) numero di registro generale 204/2003, proposto da: il Comune di Alba, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difesa, per delega resa a margine dell’atto di appello, dall’Avv. M.P. e dall’Avv. L.V., ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in ...

contro

C.C., rappresentata e difesa per delega resa a margine del controricorso ed appello incidentale, dagli Avvocati G.S., M.B. ed E.R., elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in ...
la Soc. E. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante, non costituita in giudizio,
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. I, n. 2325/2001, del 5 dicembre 2001.

Visti i ricorsi con i relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio della parti appellate.
Visti gli appelli incidentali proposti da C.C. nel ricorso n. 3985/2002 e da C.C. e C.P. nel ricorso n. 204/2003.
Viste tutte le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese.
Visti gli atti tutti della causa.
Designato relatore, alla pubblica udienza del 16 dicembre 2003, il Consigliere Francesco D’OTTAVI ed uditi, altresì, gli avvocati D.P., P. per delega dell’avv.to R. e P.

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

In ordine all’appello rubricato sub a) l’appellante società rappresenta che, con ricorso del 18 ottobre 2001, l’appellata Signora C.C. impugnava avanti il T.A.R. per il Piemonte la concessione edilizia rilasciata il 18 luglio 2001 dal Comune di Alba alla Società E. per la costruzione di un complesso edilizio a destinazione multisala, ristorazione, attività sportiva e ricreativa in Alba, ..., distinta in catasto al Foglio 20 nn. 42-35-36-37-39-40-41.
A legittimazione della propria azione, la ricorrente asseriva di essere proprietaria e gestore del Cinema E. in Alba, che da tempo intendeva adeguare la propria struttura, volendo realizzare una struttura cinematografica su terreno di proprietà di tale C.P.

A sostegno dell’impugnativa, l’odierna appellata deduceva i seguenti vizi di legittimità:

1) interventi in zona SD 6.10.a, illegittimità per violazione della reltiva prescrizione di P.R.G.;
2) interventi in zona TD 6.12.b, illegittimità per violazione delle relative prescrizioni di P.R.G.;
3) intervento nel suo insieme, illegittimità.

L’odierna appellante Soc. E. si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto dell’avversario ricorso, deducendone l’irricevibilità, l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza.
Si costituiva in giudizio il Comune di Alba che deduceva l’irricevibilità, inammissibilità e infondatezza del ricorso, concludendo per la sua reiezione.

Con la richiamata sentenza n. 2325/2001, del 5 dicembre 2001, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. I, disattese le eccezioni preliminari di difetto di interesse a ricorrere e di legittima, ha parzialmente accolto il ricorso, ritenendo fondate:

1) la censura relativa al superamento dell’indice di fabbricazione per l’area SD 6.10.9, ritenendo sussistere un unico rapporto di copertura per tutta la zona, pari al 10%, da applicarsi anche per il mappale ove insiste il manufatto da demolire;
2) la censura relativa al mancato rispetto del Piano Particolareggiato decaduto per la zona TD 6.12.b, sul presupposto che “inconferente appare il richiamo alla zona TR” e che “la tesi del macroscopico errore materiale nella zonizzazione non è sostenibile, atteso che una tale circostanza, ove pure verificatasi, è priva di rilievo, almeno fino a quando un siffatto ipotetico errore non venga espressamente dichiarato e corretto nelle forme stabilite dalla normativa urbanistica ed in base ai principi generali sulla correzione degli atti”.

Avverso detta sentenza la Società E. ha proposto ricorso in appello, deducendo i seguenti motivi di gravame:

1) Erronea affermazione circa la ricevibilità ed ammissibilità del ricorso di primo grado da parte della Signora C.C.
Deduce l’appellante che in capo alla originaria ricorrente in primo grado difetterebbe interesse all’azione, poiché la stessa non ha impugnato la licenza commerciale all’esercizio dell’attività di multisala, bensì la mera concessione edilizia; l’impugnazione di una concessione edilizia per ragione “di commercio” è inammissibile. Inoltre la Signora C.C. è ha la disponibilità di un terreno, di proprietà di C.P., già soggetto a vincolo per la realizzazione di edilizia scolastica, ora privo di classificazione (zona bianca); il terreno non ha quindi la destinazione urbanistica necessaria alla realizzazione di una multisala. Anche sotto tale profilo la C.C. difetterebbe di interesse.
Infine, la localizzazione del terreno sul quale la Società E. ha ottenuto la concessione edilizia, ed il cinema E. gestito dalla ricorrente in primo grado, distano tre chilometri: la Signora C.C. non ha quindi nemmeno lo stabile collegamento con la erigenda costruzione richiesto dalla giurisprudenza per giustificare l’interesse all’impugnazione della concessione edilizia. Diversamente opinando, sostiene l’appellante, si ammetterebbe la possibilità di un’azione popolare avverso i provvedimenti di rilascio delle concessioni edilizie.
Sotto il profilo dell’inammissibilità del ricorso, l’appellante rileva che la Signora C.C. in primo grado avrebbe inteso censurare scelte discrezionali dell’Amministrazione non soggette al sindacato del Giudice Amministrativo, e che non avrebbe impugnato quale atto presupposto il Piano Regolatore Generale vigente nel Comune di Alba.

2) Erroneità nella sentenza nella parte in cui ritiene fondata la censura relativa al superamento dell’indice di fabbricazione per l’area SD 6.10.a.
Rileva la sentenza che secondo il progetto assentito dal Comune di Alba, si verrebbero ad avere, nell’ambito della stessa area di omogenea tipizzazione (SD 6.10.a), due differenti rapporti di copertura: uno più elevato (del 22% circa) per il mappale 39 (sul quale insiste un edificio da demolire) ed uno del 10% per i residui mappali del fg. 20 inclusi nel progetto. Ciò, all’evidenza, non è consentito posto che il rapporto di copertura per tutta la zona deve essere unico e pari al 10%.
Erra però il Giudice di primo grado, secondo la prospettazione dell’appellante, laddove non ha considerato che la cubatura esistente è stata detratta nel computo definitivo della cubatura da realizzare.

3) Erroneità della pronuncia altresì nella parte in cui ritiene fondata, per quanto di ragione, la doglianza relativa al mancato rispetto del Piano Particolareggiato decaduto per l’area TD 6.12.b.
Afferma la sentenza impugnata che le destinazioni d’uso della tabella della zona TD 6.12b debbano ancora rinvenirsi nel Piano Particolareggiato decaduto, il quale vietava, nella medesima zona, lo stabilimento di qualsiasi attività commerciale (salvo una limitatissima eccezione per quella di vendita al dettaglio di veicoli e di parti meccaniche) e di pubblici esercizi, ivi comprese le attrezzature per le attività socio-ricreative.
L’appellante rileva che l’ultrattività del Piano Particolareggiato altro non sarebbe se non un errore materiale posto in essere dall’Amministrazione all’atto della predisposizione della variante adottata con deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 del 3 aprile 1994 ed approvata con Delibera della Giunta Regionale 44-18086 del 7 aprile 1997. Ed infatti nelle tabelle allegate, i compilatori del Piano avrebbero erroneamente omesso di inserire anche la zona già disciplinata dal Piano Particolareggiato decaduto, così rendendola zona bianca.
Conclude la Società E. per l’accoglimento dell’appello e per la conseguente declaratoria di inammissibilità o di infondatezza del ricorso di primo grado proposto da C.C.
Si è costituita C.C. instando per il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale avverso il capo della sentenza che non aveva accolto il ricorso.

In ordine al ricorso sub b) successivamente alla pubblicazione della sentenza di primo grado, il Comune di Alba, con deliberazione consiliare n. 15 de 4 marzo 2002 ha disposto la rettifica dei presunti errori materiali che non consentivano interventi edilizi in alcune aree urbane, poiché non disciplinate dagli strumenti urbanistici comunali vigenti.
Con successiva deliberazione consiliare n. 27 dell’8 aprile 2002 l’Amministrazione ha quindi modificato le tabelle del Piano Regolatore Generale del Comune.
Conseguentemente, il Comune di Alba ha rilasciato alla Società E. la nuova concessione edilizia prot. 137/02 in data 25 maggio 2002 per la costruzione in regione Vaccheria di un nuovo edificio ad uso multisala (cinematografica) ed attività commerciali, la concessione edilizia prot. 353/02 in data 19 settembre 2002 per la realizzazione di un edificio multisala cinematografica, nonché la concessione prot. n. 351/02 del 19 settembre 2002 recante la sanatoria delle opere già realizzate.

Tutti gli atti suindicati sono stati impugnati dalla Signora C.C., unitamente a C.P., con un secondo ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte e successivi motivi aggiunti.

Deducono i ricorrenti in primo grado la violazione dell’art. 17, lett. a), punto 8 della legge Regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56;
la violazione del giudicato amministrativo, con riferimento alla sentenza di questo giudice 5 dicembre 2001, n. 2325/01;
vizi derivati per l’illegittimità che hanno determinato la destinazione urbanistica dell’area interessata, ed impugnato con l’originario ricorso;
violazione di legge, con riferimento alla legge Regione Piemonte 14 dicembre 1998, n. 40;
violazione dell’art. 26, punti 7 e 9 della legge Regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56;
violazione del P.R.G., con riferimento alla scheda SD 6.10/a;
violazione dell’art. 7 del P.R.G.;
vizi derivati per l’illegittimità degli atti che hanno determinato la destinazione e le prescrizioni urbanistiche già impugnate con i precedenti motivi;
vizi autonomi della concessione 19.9.2002, n. 353 quali la violazione dell’art. 12 delle prescrizioni specifiche di zona, nonché la violazione dell’art. 7 del P.R.G. in ordine alla dotazione dei parcheggi.
Infine, vizi della concessione in sanatoria 19 settembre 2002, n. 351.

Si sono costituiti nel secondo giudizio dinanzi al Tribunale piemontese il Comune di Alba e la Società controinteressata, chiedendo la conferma della legittimità dei provvedimenti impugnati.
Con atto datato 16 ottobre 2002 l’Amministrazione Comunale di Alba, successivamente alla propria costituzione in giudizio, ha provveduto ad emendare la numerazione degli atti impugnati, indicando con i numeri 477 e 640, rispettivamente, la concessione edilizia e quella in sanatoria assentite in favore della controinteressata, e sulle quali si fonda l’attività edificatoria in corso.
Con la richiamata sentenza n. 1797/2002 del 30 ottobre 2002, emessa in forma semplificata ai sensi dell’art. 9 della legge 21 luglio 2000 n. 205, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. I, ha accolto il ricorso annullando tutti gli atti impugnati.

Avverso tale decisione propone appello la Società E. deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:

1) Erronea affermazione circa la ricevibilità ed ammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti.
Vengono riproposti in questa sede i motivi già svolti nel primo ricorso al T.A.R. relativi al difetto di interesse sostanziale all’azione da parte dei ricorrenti, ed all’inammissibilità stessa dell’azione per mancata impugnazione della Variante generale al Piano Regolatore Comunale vigente.
2) ... (omissis)
3) ... (omissis)
4) Violazione dell’art. 17, lettera a/, ottavo comma, della Legge Regionale del Piemonte n. 56 del 5 dicembre 1977 – Difetto di motivazione, perplessità e contraddittorietà con la precedente sentenza n. 2325/2001 del medesimo T.A.R.
Il Tribunale Amministrativo per il Piemonte ha aderito alla tesi dei ricorrenti, secondo i quali l’assenso alla realizzazione della contestata multisala sarebbe divenuto possibile in conseguenza dell’illegittima modificazione dello strumento urbanistico effettuata attraverso una presunta “correzione di errore materiale”.
Il mutamento del piano era già stato fatto oggetto di impugnazione con il primo ricorso di C.C., ed il T.A.R. con la prima sentenza n. 2325/2001 aveva ritenuto che il progetto superasse la copertura del suolo ammissibile nella zona omogenea SD 6.10.a, mentre per la parte del sedime interessato alla realizzazione (TD 6.12.b) era ancora operante la disciplina del previgente Piano Particolareggiato, che non ammetteva l’intervento.
La correzione di errore materiale effettuata dal Comune di Alba sarebbe illegittima secondo il T.A.R. poiché non di errore materiale si sarebbe trattato, bensì di effettiva manifestazione di volontà, che potrebbe essere modificata solo all’esito di un apposito procedimento di revisione urbanistica.
L’appellante nel proprio ricorso ribadisce invece la legittimità dell’operato del Comune di Alba alla luce del disposto dell’art. 17, comma 8 della legge Regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, che ammette la possibilità di approvare una variante con semplice delibera consiliare allorché si tratta di dar corso alle le correzioni di errori materiali, nonché gli atti che eliminano contrasti fra enunciazioni dello stesso strumento e per i quali sia evidente ed univoco il rimedio.
5) Inammissibilità ed infondatezza del secondo motivo di ricorso.
Il Comune di Alba, nel porre in essere la rettifica alle tabelle del Piano Regolatore avrebbe correttamente operato proprio in relazione al disposto della sentenza n. 2325/2001. Erra il primo Giudice, secondo la prospettazione dell’appellante, nel ritenere che l’operato dell’Amministrazione abbia inteso eludere la pronuncia del T.A.R.
6) Inammissibilità ed infondatezza del terzo motivo (aggiunto) di ricorso.
L’elaborato planimetrico allegato alla concessione edilizia rilasciata non avrebbe rispettato l’obbligatorio allineamento di P.R.G. e la corretta dotazione dei parcheggi.
La censura proposta dai ricorrenti in primo grado sarebbe priva di pregio, poiché il progetto approvato rispetterebbe invece, secondo la prospettazione dei ricorrenti, sia gli allineamenti del P.R.G. che gli standard relativi alla dotazione dei parcheggi.
7) Inammissibilità ed infondatezza del quarto motivo (aggiunto) di ricorso.
Infine, le censure di illegittimità derivata degli ultimi provvedimenti impugnati esposte dai ricorrenti in primo grado nel quarto motivo di ricorso, sarebbero prive di pregio, secondo la prospettazione dell’appellante, poiché i provvedimenti presupposti sono comunque immuni da vizi di legittimità.

Conclude la Società E. per l’accoglimento dell’appello e per la conseguente declaratoria di inammissibilità o di infondatezza del secondo ricorso di primo grado proposto da C.C. unitamente a C.P.
Si sono costituiti anche nel secondo appello C.C. e C.P. instando per il rigetto del ricorso e chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorsi dichiarati assorbiti dal Giudice di primo grado.

In ordine ai ricorsi rubricati sub c) e sub d) il Comune di Alba, ha proposto autonoma impugnativa avverso la decisione 1797/2002 del T.A.R. Piemonte, Sez. I, e con ricorso in appello, ha proposto autonoma impugnativa avverso la precedente decisione n. 2325/2001 del medesimo Tribunale Amministrativo Regionale.
Le censure svolte dalla difesa del Comune sono analoghe a quelle sviluppate della controinteressata E., con esclusione delle eccezioni preliminari di difetto di interesse ed inammissibilità, di cui al primo motivo di entrambi gli appelli di E., e dei vizi relativi all’illegittimità costituzionale degli articoli che disciplinano l’emanazione di sentenze in forma semplificata ai sensi dell’art. 9 della legge 21 luglio 2000 n. 205.
Più in particolare: con il ricorso 204/2003, proposto avverso la sentenza 2325/2001, il Comune chiede la riforma della decisione di primo grado sulla base dei seguenti motivi (che peraltro non vengono epigrafati in maniera formale):

1) Erra il T.A.R. nel ritenere ultrattivo il Piano Particolareggiato decaduto con riferimento alle tipologie edilizie originariamente previste.
2) Erra il T.A.R. nel ritenere che il Comune abbia concesso cubatura maggiore rispetto all’indice di fabbricabilità consentito.
3) Gli ulteriori motivi che la decisione del T.A.R. non ha esaminato, poiché ritenuti assorbiti dalle altre censure accolte, andrebbero comunque disattesi.

Il Comune di Alba conclude per l’accoglimento del gravame con ogni consequenziale statuizione di legge.
Si è costituita C.C. con controricorso di data 16 gennaio 2003, nel quale deduce l’infondatezza dell’impugnazione e conclude per la reiezione dell’appello con vittoria di spese.

Successivamente, con atto notificato in data 11 febbraio 2003, C.C. ha proposto autonomo ricorso incidentale avverso la sentenza del T.A.R. Piemonte n. 2325/2001, chiedendone la riforma nella sola parte in cui aveva respinto i motivi svolti in primo grado.
Con il ricorso n. 203/2003, proposto avverso la sentenza 1797/2002, il Comune di Alba chiede la riforma della decisione di primo grado sulla base dei seguenti motivi (che anche in questo appello non vengono formalmente epigrafati):

1) Erra il T.A.R. nel ritenere che il Comune non potesse correggere l’errore materiale con la procedura di cui all’art. 17, non comma, della legge regionale del Piemonte n. 56 del 1977.
L’utilizzo di un’ordinaria procedura di variante allo strumento urbanistico vigente avrebbe appesantito ingiustificatamente l’intero procedimento e sarebbe stata contraria all’interesse pubblico.
In ogni caso, il mancato inserimento delle destinazioni ammissibili nell’area oggetto dell’intervento non può che essere un macroscopico errore materiale.
2) Erra il T.A.R. nel ritenere che la nuova deliberazione del Comune, recante la rettifica dell’errore materiale, costituisca elusione del giudicato della precedente sentenza n. 2325/2001.
Ed invece, secondo la prospettazione del Comune, l’Amministrazione ha inteso dare esecuzione alla suindicata sentenza, e –sino ad allora – espressamente non l’ha appellata prestandovi di fatto acquiescenza.
3) Erra il T.A.R. nel ritenere che le concessioni edilizie assentite nel 2002 siano viziate da illegittimità derivata poiché illegittimamente sarebbe stato modificato lo strumento urbanistico vigente.
Ed infatti, secondo la difesa del Comune, la rettifica della deliberazione comunale è legittima; legittime devono quindi considerarsi le concessioni edilizie conseguentemente rilasciate.
4) Gli ulteriori motivi che la decisione del T.A.R. non ha esaminato, poiché ritenuti assorbiti dalle altre censure accolte, andrebbero comunque disattesi.
Dal punto di vista tecnico, infatti, il contenuto delle concessioni assentite era ineccepibile sia sotto il profilo del rispetto degli standard urbanistici che sotto quello dei volumi e delle sezioni.

Il Comune di Alba conclude quindi per l’accoglimento del gravame mediante annullamento della sentenza n. 1797/2002, con ogni consequenziale statuizione di legge.
Si sono costituiti C.C. unitamente a C.P.
Gli appellati con analitico controricorso di data 16 gennaio 2003 deducono l’infondatezza dell’impugnazione e concludono per la reiezione dell’appello con vittoria di spese.

Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2003 i ricorsi venivano trattenuti in decisione su conforme istanza degli avvocati delle parti.

DIRITTO

Come riportato nella narrativa che precede, con gli appelli in esame vengono impugnate, con distinti ricorsi proposti dalla società controinteressata E. s.r.l. e dal Comune di Alba, le sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. I, n. 2325/2001, del 5 dicembre 2001 nonché la sentenza del medesimo Tribunale Amministrativo, Sez. I, n. 1797/2002, del 30 ottobre 2002, entrambe emesse in forma semplificata.

Preliminarmente, il Collegio ritiene opportuno disporre la riunione dei quattro ricorsi stante l’identità delle sentenze impugnate e delle parti in causa, nonché l’evidente connessione delle questioni trattate dalle pronunce di primo grado.

(omissis)

Prima di valutare nel merito le censure sollevate, ritiene il Collegio necessario esaminare le eccezioni di difetto di interesse all’impugnazione in capo agli originari ricorrenti e di inammissibilità del ricorso per mancata impugnativa degli strumenti urbanistici presupposti e per impugnazione di scelte tecnico discrezionali non censurabili in sede di legittimità.
Dette eccezioni formano oggetto del primo motivo di appello di entrambe le impugnative proposte dalla Società E. (ricorsi nn. 3985/2002 e 10048/2002), mentre – come già rilevato – non sono state sollevate negli appelli proposti dal Comune di Alba.

Secondo la Sezione tutte le eccezioni preliminari appaiono prive di pregio.

Ed infatti, ad avviso del Collegio, deve essere disattesa l’eccezione di carenza di interesse a ricorrere e di legittimazione attiva in capo alla ricorrente. Invero, è evidente come l’interesse a ricorrere della C.C. fosse sussistente, sebbene esso non sia di carattere edilizio ma commerciale, risiedendo nell’aspettativa – tutelabile soltanto attraverso l’avviata azione giurisdizionale amministrativa – di non vedersi decurtati i flussi futuri di reddito di impresa a cagione dello svolgimento eventuale, da parte della Società controinteressata, di un’attività economica commerciale sì lecitamente concorrente ma esercitata in uno stabile illegittimamente (almeno nella prospettazione della C.C.) edificato.
Sussiste altresì la legittimazione della C.C. e del C.P., atteso che lo “stabile collegamento territoriale” con il luogo dell’assentito intervento edilizio, a contrario di quanto sostenuto dall’appellante E., è concetto relativo e variabile anche in relazione alle specifiche connotazioni del soggetto che agisce in giudizio contro la pretesa illegittimità di una concessione. In tale prospettiva, la “distanza” tra le due sedi commerciali potenzialmente concorrenti non va valutata soltanto in termini di distanza, lunghezza lineare, ma altresì con riferimento al verosimile perimetro dei rispettivi bacini socio-economici di utenza. Ne consegue che tre chilometri non appaiono un ostacolo al riconoscimento di siffatta legittimazione.
I principi generali suesposti sono pacificamente riconosciuti dalla giurisprudenza amministrativa (ex multis Cons. St., IV, 30 gennaio 2001, n. 313).

Va del pari disattesa l’eccezione secondo cui la ricorrente avrebbe inteso censurare la discrezionale determinazione comunale di realizzare un complesso immobiliare multifunzionale. In effetti, la ricorrente si limita a contestare la legittimità di una concessione edilizia, al cui rilascio sono peraltro estranei profili di ampia discrezionalità.
Peraltro, i nuovi poteri concessi al Giudice Amministrativo dall’art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e dal successivo art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, in materia urbanistica ed edilizia parrebbero travalicare gli stretti limiti del mero sindacato di legittimità atteso che il Giudice Amministrativo conosce in sede di giurisdizione esclusiva “le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti delle amministrazioni pubbliche … in materia urbanistica ed edilizia” intendendosi per tale “tutti gli aspetti dell’uso del territorio”.
Non condivisibile è poi l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione dello Piano Regolatore Generale vigente quale atto lesivo presupposto. La ricorrente, infatti, fonda le sue doglianze proprio sull’interpretazione di siffatto strumento urbanistico (e delle varianti di esso), non essendo a tal fine necessaria – ma nemmeno logica ed opportuna – l’impugnazione dello strumento urbanistico presupposto.

Nel merito l’appello è infondato e va respinto.

Il Collegio ritiene infatti, per le considerazioni che seguono, corrette e pertinenti le argomentazioni giuridiche svolte dai giudici di primo grado e le motivazioni logiche che hanno portato all’accoglimento dei motivi di annullamento delle concessioni edilizie impugnate.

Nel secondo motivo dell’appello n. 3985/2002 della Società E., e nel secondo motivo dell’appello 204/2003 del Comune di Alba, le parti esemplificano il calcolo della cubatura concessa rispetto agli indici di fabbricabilità della zona ed al manufatto esistente da demolire.
Sul punto il Collegio osserva che l’area oggetto dell’intervento ricade in due distinte zone di P.R.G.
Una (SD) a destinazione “sportiva – ricettiva – ristorazione” con un indice di copertura del 10% rispetto all’estensione del lotto, ed una (TD) con destinazioni varie a servizio dell’area industriale (verde attrezzato, parcheggi, ecc.), sempre con il medesimo indice di copertura.
Trattandosi di nuova costruzione su di una superficie complessiva di mq. 14.749 (stando alle risultanze degli atti), la superficie dell’edificato sarà pari a mq. 1.474,9.
Ove il manufatto preesistente dovesse rimanere, la sua estensione (mq. 245) deve essere necessariamente detratta da quella complessiva, potendosi edificare solo per la residua porzione di mq. 1.229 (1.479,9 - 245).
È infatti principio generale e pacifico quello secondo il quale, in area già edificata, sono possibili ampliamenti nei limiti della cubatura disponibile, la cui consistenza va detratta dalla disponibilità complessiva.

È quindi fondata l’originaria censura relativa al superamento dell’indice di fabbricazione. In effetti, diversamente opinando si verrebbero ad avere, nell’ambito della stessa area di omogenea tipizzazione (SD 6.10.a), due differenti rapporti di copertura: uno più elevato (del 22% circa) per il mappale 39 (sul quale insiste il predetto edificio da demolire di 245 mq.) ed uno del 10% per i residui mappali del fg. 20 inclusi nel progetto.
Ciò, all’evidenza, non è consentito posto che il rapporto di copertura per tutta la zona deve essere unico e pari al 10%.
La concessione di mq. 1.609 rilasciata dal Comune di Alba alla Società E. non appare conforme allo strumento urbanistico vigente, né altrimenti giustificata.

I relativi motivi di doglianza vanno quindi disattesi.

Nel terzo motivo dell’appello n. 3985/2002 della società E., e nel primo motivo dell’appello 204/2003 del Comune di Alba, gli appellanti contestano che il Piano Particolareggiato poi decaduto possa avere efficacia alcuna, anche perché la mancata previsione di nuove prescrizioni di zona nella variante urbanistica adottata nel 1994 ed approvata nel 1997 sarebbe frutto di un macroscopico errore materiale.
Ad avviso del Collegio, la censura è priva di pregio, poiché il Piano Particolareggiato, come correttamente rilevato dal Giudice di primo grado, è da ritenersi ultrattivo nei limiti degli allineamenti e delle prescrizioni di zona, in difetto di specifiche nuove prescrizioni.
Ed infatti, dalla lettura degli atti comunali presenti nei fascicoli delle parti, emergono numerosi argomenti logici e letterali che convergono nel senso di ritenere la zona tipizzata come TD 6.12b ancora disciplinata, quanto meno attraverso il rinvio ad esso operato dallo strumento urbanistico generale (ma anche in via ultrattiva, dalle disposizioni del succitato piano attuativo, ormai decaduto) con riferimento alle prescrizioni di zona. Da ciò discende allora che la destinazioni d’uso della tabella della zona TD 6.12b debbano ancora rinvenirsi nel preesistente Piano Particolareggiato.
Detto strumento attuativo vietava, nella medesima zona, lo stabilimento di qualsiasi attività commerciale (salvo una limitatissima eccezione per quella di vendita al dettaglio di veicoli e di parti meccaniche) e di pubblici esercizi, ivi comprese le attrezzature per le attività socio-ricreative; tanto si desume – come emerge dalla decisione impugnata – dalla circostanza che il riferimento contenuto nell’art. 9 del suddetto Piano Particolareggiato non è suscettibile di interpretazione estensiva, riguardando un singolo immobile (del quale pure è stabilito il recupero obbligatorio) insistente sulle due aree (SD 6.10a. e TD 6.12b).
Circa le contrarie obiezioni sollevate dalla Società E. e dal Comune di Alba nei rispettivi appelli, si osserva che l’art. 15 n. 3, lett. b, delle Norme Tecniche di Attuazione al P.R.G. vigente si riferisce – per le zone TD – ad attività terziarie “direzionali-uffici-credito”. Appare quindi inconferente il richiamo alle zone TR che consentirebbe altro tipo di attività edificatoria.

Non condivisibile, come meglio si esporrà nel punto che segue, la tesi del macroscopico “errore materiale” nella zonizzazione; tuttavia, ancorché vi fosse realmente errore materiale, il Comune non si è peritato di rilevarlo o correggerlo (salvo poi provvedervi successivamente con la rettifica annullata dalla sentenza 1797/2002) e fino a quando un siffatto ipotetico errore non venga espressamente dichiarato e corretto nelle forme stabilite dalla normativa urbanistica ed in base ai principi generali sulla correzione degli atti giuridici.

Anche sotto tale profilo gli appelli vanno dunque respinti.

Essendovi rinuncia sul secondo e terzo motivo da parte della Società E., si passa all’esame del quarto motivo dell’appello 10048/2002 della medesima Società, che può essere trattato congiuntamente al primo motivo dell’appello 203/2003 proposto dal Comune di Alba.
Gli appellanti prospettano infatti, con le medesime argomentazioni giuridiche, che il Comune ha legittimamente rettificato lo strumento urbanistico vigente emendando il “macroscopico errore materiale”, secondo la procedura di cui all’art. 17, nono comma, della legge regionale del Piemonte n. 56 del 1977.

Le deliberazioni di rettifica del P.R.G., impugnate in primo grado da C.C. e C.P., sono motivate con riferimento all’errore materiale in cui sarebbero incorsi gli organi comunali, allorché si trattò di aggiornare lo strumento urbanistico al piano stralcio delle fasce fluviali, che era divenuto più dettagliato per il Comune di Alba, in conseguenza dell’alluvione che aveva colpito quel territorio nel novembre 1994.

L’attività di emenda delle parti descrittive e prescrittive del Piano Regolatore Generale Comunale avrebbe omesso una parte della scheda relativa alla particella TD 6.12b, ed a tale errore avrebbero posto rimedio le deliberazioni consiliari, che integrarono le schede relative alla particella, apportando così una modifica tale da consentire il rilascio della concessione edilizia per la realizzazione della contestata multisala.

Correttamente il T.A.R. Piemonte aderisce alla tesi secondo la quale la correzione dell’errore materiale può portare alla modifica dello strumento, nei soli casi in cui l’imperfezione descrittiva sia ravvisabile senza dar luogo ad un’attività di interpretazione della volontà dell’Amministrazione.

Tale ultimo presupposto, ad avviso del Collegio, non ricorre nella fattispecie in esame: l’analisi del testo della deliberazione, così come di quello dell’atto emendato, non ammette l’automatica conclusione che ha tratto l’Amministrazione, aggiungendo la possibilità di dar corso alla realizzazione della contestata multisala, laddove ciò non era ammesso in precedenza.

Si legge peraltro nella deliberazione impugnata (deliberazione consiliare 4 marzo 2002, n. 15) che “…l’errore riscontrato è …riconducibile alla categoria degli errori materiali, in quanto negli atti della variante di adeguamento al PSFF … nulla è disposto relativamente alla tabella TD 6.12/b per quanto riguarda le destinazioni ed i tipi di intervento: si deve quindi ritenere che la volontà del Comune sia stata nel senso di non modificare la tabella…
La riprodotta motivazione della variante integra i presupposti per confermare la decisione dei giudici di primo grado. È infatti evidente che la verificazione dell’errore materiale è stata dedotta ricostruendo la presunta volontà dell’amministrazione (“… si deve quindi ritenere che la volontà del Comune sia stata …”), e non può affermarsi che la svista fosse evidente o percepibile dal contesto dell’atto corretto.
Non pare quindi, ad avviso di questo Collegio, che si sia trattato di correggere un errore materiale: il Comune ha propriamente posto in essere un’ulteriore manifestazione di volontà amministrativa, con la quale ha dato corso ad un’importante modifica dello strumento urbanistico vigente, così da consentire la realizzazione della contestata multisala.

Si concorda invece nel ritenere che un intervento di tale portata potrà essere attuato, allorché l’Amministrazione avrà adeguatamente apprezzato tutti gli aspetti della questione, utilizzando gli strumenti procedurali propri delle variante (e in particolare quelli di cui all’art. 17, commi 4 e 7 della legge Regione Piemonte 5 dicembre 1977, n 56).
Il procedimento seguito è pertanto inidoneo a far conseguire gli effetti giuridici che l’Amministrazione intendeva raggiungere: ne deriva l’illegittimità della deliberazione consiliare in questione e la conferma sul punto della sentenza impugnata.

Quanto alla censura dedotta avverso l’impugnata sentenza, nella parte in cui ha dichiarato illegittime le successive concessioni edilizie, ritenendole viziate per illegittimità derivata, nonché per elusione del disposto della prima sentenza del T.A.R. Piemonte n. 2325/2001, i relativi motivi di doglianza (quinto e settimo motivo del ricorso n. 10048/2002 proposto da E., e terzo motivo del ricorso n. 203/2003 proposto dal Comune di Alba), appaiono destituiti di fondamento: ad avviso del Collegio, la declaratoria di illegittimità che ha colpito la modifica al P.R.G. travolge necessariamente le concessioni edilizie rilasciate sulla base di quella variante, che quindi vanno dichiarate illegittime per illegittimità derivata.

Per ciò che concerne, infine, la doglianza, relativa alla presunta mancanza di allineamento rispetto al Piano Particolareggiato ed alla mancanza di corretta dotazione di parcheggi rispetto agli standard previsti, proposta dai ricorrenti in primo grado, ed oggetto del sesto motivo dell’appello n. 10048 proposto dalla .E., del quarto motivo di appello n. 203/2003 proposto dal Comune di Alba nonché del terzo motivo dell’appello n. 204/2003 proposto dal Comune di Alba, rileva il Collegio che correttamente il Giudice di primo grado ha ritenuto assorbito tale profilo, avendo dichiarato illegittima la previa procedura di modifica del P.R.G.
Peraltro, detta censura non ha formato oggetto di appello incidentale da parte dei ricorrenti in primo grado, e non deve essere quindi essere esaminata in questa sede.

Per gli stessi motivi, e atteso l’esito di reiezione di tutti gli appelli proposti, il Collegio ritiene di potersi esimere dall’esame dell’appello incidentale proposto da C.C. nei ricorsi 3985/2002 e 203/2003.

Conclusivamente per tutte le suesposte considerazioni, tutti i ricorsi proposti in appello, sia in via principale che incidentale, vanno respinti.

Tuttavia, le particolarità delle questioni esaminate e la complessità della fattispecie suggerisce al Collegio di compensare le spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe indicati, previa riunione degli stessi, li respinge.
Compensa tra le parti le spese di ambedue i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2003, dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, riunita in Camera di consiglio con l’intervento dei Signori Magistrati:

Agostino ELEFANTE, Presidente
Raffaele CARBONI, Consigliere
Corrado ALLEGRETTA, Consigliere
Francesco D’OTTAVI, Consigliere Est.
Claudio MARCHITIELLO, Consigliere