EDILIZIA E URBANISTICA - 101 REPUBBLICA ITALIANA IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE
GIURISDIZIONALE
Consiglio di Stato, sezione V, 4 febbraio 2004, n.
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In caso di ricorso contro
il silenzio della P.A. il giudice amministrativo deve limitarsi ad accertare
l'illegittimità dell’inerzia e non può sindacare l’esame della fondatezza della pretesa sostanziale del
ricorrente.
Colui che reagisce all’inerzia della P.A. deve seguire il rigoroso
procedimento dell’art. 25
d.P.R. n. 3 del 1957, in
base al quale dopo il silenzio
per almeno sessanta giorni è necessaria una diffida a provvedere entro un termine non inferiore a
trenta giorni, da notificare a mezzo di ufficiale giudiziario, solo dopo la
quale è ammesso il ricorso.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Sezione Quinta
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 6398/2003, proposto dal Comune di SETTIMO MILANESE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti M.A.S. e M.C. e presso la prima elettivamente domiciliato in ...
contro
B.M. e B.A., costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dagli avv.ti G.M. ed E.R. presso il secondo elettivamente domiciliati in ...
e nei confronti
della S.I. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituitasi in giudizio,
per l'annullamento
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, sede di Milano, Sezione II, 9 maggio
2003, n. 1777;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati e la memoria dagli
stessi prodotta a sostegno delle proprie difese;
visti gli atti tutti di causa;
relatore, alla pubblica udienza del 9 gennaio 2004, il Consigliere Paolo
BUONVINO; udito, per l’appellante, l’avv. M.A.S.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1) – Con la sentenza appellata il T.A.R. ha accolto il ricorso proposto dagli
odierni appellati per l’accertamento, ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-bis della legge n. 1034/1971, dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune
di Settimo Milanese , maturato a seguito dell’atto di diffida in data 27
settembre 2002, in tema di variante DIA, presentata il 9 agosto 2002 dalla
S.I. s.r.l., diretta al recupero del sottotetto ai sensi della
L.R. n. 15/1996; per l’effetto ha dichiarato illegittimo il comportamento
omissivo della P.A. in presenza della detta diffida e ha ordinato, al Comune ed
alla società intimate, di dar corso ad una serie di incombenti, nominando un
commissario ad acta perché intervenisse in sostituzione dell’amministrazione
comunale in caso di inadempienza da parte della medesima.
Per il Comune appellante la sentenza sarebbe erronea non sussistendo, nella
specie, i presupposti per la declaratoria di illegittimità del silenzio ai sensi
dell’art. 21-bis, legge n. 1034/1971; inoltre, non solo non vi sarebbe stata
inerzia alcuna da parte del Comune, ma la questione esaminata dal T.A.R. non
avrebbe potuto essergli sottoposta in quanto già assoggettata a precedente
ricorso di merito, volto a contestare la legittimità della DIA; infine, con la
sentenza sarebbero stati imposti incombenti istruttori e provvedimentali
eccedenti i limiti di legge.
Si sono costituiti gli appellati che insistono, nelle proprie difese, per il
rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata.
2) - L’appello è fondato.
Come è noto (cfr., per tutte, A.P., 9 gennaio 2002, n. 1), nel caso di ricorso
avverso il silenzio, la cognizione del giudice amministrativo è limitata
all’accertamento della illegittimità dell’inerzia dell’amministrazione e non si
estende all’esame della fondatezza della pretesa sostanziale del privato;
compito del giudice amministrativo è pertanto esclusivamente quello di accertare
se il silenzio della p.a. sia o non sia illegittimo e, in caso di accoglimento
del ricorso, di ordinare all'amministrazione di provvedere sull'istanza avanzata
dal soggetto privato nominando, nell'eventualità di ulteriore inerzia, un
commissario ad acta.
Nella specie, il T.A.R. ha esaminato, peraltro, il merito del ricorso, ritenendo
fondata la richiesta avanzata dagli istanti, senza limitare, invece, il proprio
esame alla constatazione dell’inadempimento da parte della P.A. dell’asserito
obbligo di pronuncia.
Donde l’erroneità della sentenza appellata.
3) - L’originario ricorso era, comunque, inammissibile.
Va osservato, in particolare, che con il ricorso di primo grado n. 3975/2003,
depositato il 30 dicembre 2003, in seno al quale è stata pronunciata la sentenza
qui appellata, i ricorrenti hanno chiesto “l’accertamento ai sensi e per gli
effetti dell’art. 21-bis L. 1034/1971, dell’illegittimità del silenzio del
Comune di Settimo Milanese in merito alla denuncia di inizio attività in
variante presentata da Settimo Immobiliare s.r.l. il 9 agosto 2002, diretta al
recupero del sottotetto ai sensi della L.R. 15/1996”.
Sennonché, con precedente ricorso n. 3639/2002, depositato il 15 novembre 2002,
gli stessi ricorrenti e odierni appellati avevano chiesto l’annullamento “del
provvedimento con il quale il Comune, non pronunciandosi negativamente sulla
denuncia di inizio attività in variante presentata da Settimo Immobiliare s.r.l.
il 9 agosto 2002, ha assentito l’intervento di recupero del sottotetto ai sensi
della L.R. 15/1996”.
I motivi di diritto svolti nei due ricorsi erano identici.
In relazione ai detti ricorsi vi è anche da osservare che, quanto a quello n.
3639/2002, lo stesso, a tutt'oggi, non è stato definito nel merito e in esso,
tra l’altro, è stata respinta l’istanza di sospensiva con ordinanza del medesimo
T.A.R. 17/23 dicembre 2002, n. 2592.
Quanto a quello n. 3975/2002, la circostanza relativa alla pendenza di un
precedente ricorso non è stata in esso indicata dagli originari ricorrenti,
mentre solo tardivamente - quasi un mese dopo che la causa era stata introitata
in decisione e definita in camera di consiglio - il Comune stesso che, per un
disguido non si era costituito, ha svolto le proprie difese (richiamando
espressamente anche la pendenza del ricorso n. 3639/02) con un atto
assolutamente fuori termine e, come tale, irricevibile e che, se pure, in via di
astratta ipotesi, fosse stato, di fatto, portato, subito dopo il suo deposito, a
conoscenza dei componenti del Collegio, non di meno non avrebbe potuto influire
sulla decisione già assunta.
Ebbene, una volta incardinato, dalla parte che si ritiene incisa, il ricorso di merito volto a contestare la legittimità dell’operato dell’Amministrazione che, nella specie, ha tacitamente assentito un intervento di recupero edilizio attivato mediante una D.I.A. – operato, come tale, posto sub sudice - non può, la stessa parte, successivamente attivarsi per la declaratoria del silenzio che la stessa P.A. abbia serbato su di un’istanza volta a conseguire, da parte della medesima, una pronuncia intesa all’adozione - come si legge nell’atto di diffida notificato il 27 settembre 2002 – di “tutti i provvedimenti necessari al fine di impedire la realizzazione degli interventi” in questione.
In altre parole, una volta chiamato il giudice a pronunciarsi sulla legittimità
dell’azione – o omissione – amministrativa, non può, poi, la stessa parte
pretendere anche, per la via del silenzio rifiuto, uno specifico provvedimento
di riesame da parte dell’Amministrazione, radicandosi, altrimenti, una
situazione di inammissibile bis in idem, essendo chiamato, in definitiva, il
giudice a pronunciarsi due volte sulla medesima fattispecie (per giunta, nel
caso in esame, sulla base di motivi di censura affatto identici).
Si aggiunga che non sussiste alcun obbligo in capo alla P.A. di riesaminare i
propri atti impugnabili, per cui non si forma il silenzio-rifiuto sull'istanza
del privato per il riesame di questi ultimi (cfr., tra le altre, sez. V, 27
marzo 2000, n. 1765); nella specie, con il primo dei detti ricorsi gli
interessati avevano già impugnato le determinazioni tacite dell’Amministrazione,
legittimanti l’esecuzione delle opere edilizie di cui si tratta sicché, a
maggior ragione, non erano legittimati ad attivare la via del silenzio-rifiuto.
Da tanto consegue l’inammissibilità del ricorso di primo grado volto alla pronuncia di illegittimità del silenzio stesso.
4) - Si aggiunga, ancora, che anche nel vigore della nuova disciplina introdotta
dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, il soggetto che intende reagire contro
l’inerzia della P.A. ha l’onere di seguire il rigoroso iter procedimentale
indicato dall’art. 25 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, in base al quale, dopo la
presentazione di un’istanza e dopo il silenzio dell’amministrazione protrattosi
per almeno sessanta giorni, l’interessato può effettuare una diffida a
provvedere entro un congruo termine (non inferiore a trenta giorni) da
notificare a mezzo di ufficiale giudiziario, cui fa seguito la proposizione del
ricorso (allorquando tale procedimento si sia concluso e si sia fatto
formalmente constatare l’inadempimento della P.A.) nel termine di decadenza
fissato dalla legge, decorrente dalla scadenza del termine assegnato con l’atto
di diffida.
Ebbene, nel caso in esame tali termini non sono stati rispettati, donde,
comunque, anche sotto tale profilo, l’inammissibilità dell’originario ricorso.
In particolare, l’atto di diffida del 27 settembre 2002 è stato preceduto
soltanto da una nota (tra l’altro, neppure richiamata nell’originario ricorso n.
3975/02) notificata il precedente 13 settembre; con la conseguenza che gli
interessati non hanno, prima di notificare l’atto di diffida, atteso il
necessario decorso del termine di sessanta giorni, corrente dalla notificazione
della richiesta di provvedere.
5) - Va, inoltre, anche ricordato che, con nota inviata il 3 ottobre 2002 al legale degli originari ricorrenti, l’avv. M.C., “per conto e nell’interesse del Comune di Settimo Milanese”, precisava le ragioni che si opponevano all’adozione dei richiesti provvedimenti sanzionatori nei confronti della società S.I. s.r.l.
Vero che tali precisazioni erano fornite in risposta ad una nota del 13
settembre dello stesso legale degli odierni appellati; non di meno, la nota in
questione era indice puntuale dell’orientamento assunto in materia dal Comune.
Tale nota (mai fatta oggetto di formale contestazione, pur esprimendo
espressamente, anche se “per conto e nell’interesse”, la posizione assunta dal
Comune) è stata inviata in risposta alla richiesta di parte in virtù della quale
è stata attivata la procedura di silenzio-rifiuto (la citata nota 13 settembre
2002, cui è seguita la diffida del 27 settembre successivo); con la conseguenza
che, al momento dell’avvio del ricorso giurisdizionale per la declaratoria di
illegittimità del silenzio gli interessati, di fatto, già conoscevano pienamente
l’orientamento dell’amministrazione.
Non senza contare, infine – e anche tale circostanza è stata sottaciuta
nell’originario ricorso n. 3975/02 – che, con nota n. 2686 del 22 novembre 2002,
inviata via fax, il Comune trasmetteva al legale degli odierni appellati una
nota dal seguente tenore: “in allegato alla presente vi inviamo, per opportuna
conoscenza, nonché come da voi espressamente richiesto, copia dell’ordinanza
emessa in data 21 novembre 2002 a riguardo dell’erigendo immobile di via
...,
situato a confine con le proprietà dei sigg. B., da voi rappresentati”.
Detta ordinanza, riguardante il contesto immobiliare la cui realizzazione è
contestata dagli stessi odierni appellati, segue ad una ritenuta violazione
della disciplina sulle distanze; la medesima dispone non solo la sospensione dei
lavori, ma anche il ripristino dello stato dei luoghi, salva l’eventuale
sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47/1985, corredata, peraltro, da
apposita convenzione con i confinanti.
Tanto a significare che il Comune, a fronte delle contestazioni mosse dagli
interessati, non è rimasto inerte, ma, al contrario, si è puntualmente attivato,
da un lato, segnalando – anche se a mezzo di un proprio legale - la ritenuta
inconsistenza dei rilievi mossi dagli stessi ricorrenti in primo grado e,
dall’altro, avviando proprie verifiche circa la regolarità delle opere eseguite
sotto il profilo urbanistico-edilizio e, in particolare, sotto quello delle
distanze.
Con la conseguenza che, anche sotto i profili ora detti, è da escludere
l’ammissibilità del ricorso per la declaratoria di illegittimità del
silenzio-rifiuto, dal momento che il Comune, lungi dall’essere rimasto del tutto
inattivo a fronte delle iniziative degli originari ricorrenti, ha, per converso,
assunto determinazioni rilevanti, avendo comportato la paralisi delle opere in
contestazione; di qui l’ulteriore profilo di inammissibilità di tale tipo di
ricorso.
7) - Per i suesposti motivi, in accoglimento dell’appello in epigrafe e in riforma della sentenza appellata, va dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado.
Le spese dei due gradi di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per
l’effetto, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.
Le spese del doppio grado sono integralmente compensate tra le parti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2004 dal Collegio costituito dai Signori:
ALFONSO QUARANTA - Presidente
RAFFAELE CARBONI - Consigliere
CHIARENZA MILLEMAGGI - Consigliere
PAOLO BUONVINO - Consigliere est.
FRANCESCO D’OTTAVI - Consigliere