EDILIZIA
E URBANISTICA - 0100
Consiglio di Stato, sezione V, 4 febbraio 2004, n. 368 (conferma T.A.R. Valle
d'Aosta, 14 marzo 2002, n. 36)
La sentenza puntualizza i principi in materia di legittimazione a domandare la
concessione edilizia e ai limiti al dovere del Comune di accertare le eventuali
posizioni soggettive di tale legittimazione..
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE
GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 896/2003, proposto da B.L., P.R., P.U., P.A. e P.M., tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti A.C. e M.C. ed elettivamente domiciliati presso il secondo in ...
contro
il Comune di Sarre, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti G.S. e M.M. ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in ...
e nei confronti della
L.P. di G.C. & C. , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti I.F. e A.Z. ed elettivamente domiciliata presso il secondo in ...
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Valle d’Aosta n. 36/02
in data 14.3.2002;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Sarre e della L.P. di G.C. & C.;
Viste le memorie difensive di tutte le parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza dell’11 novembre 2003, relatore il consigliere Carlo
Deodato, uditi gli Avv.ti C., M. e Z.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata veniva respinto il ricorso proposto dai signori B.L., P.R., P.U., P.A. e P.M. ... avverso la concessione edilizia n. 22-02.2000 del 28.4.2000 rilasciata dal comune di Sarre alla controinteressata L.P. di G.C. & C. (d’ora innanzi: L.P.), ed avente ad oggetto la costruzione di tre fabbricati ad uso di civile abitazione, e venivano dichiarati inammissibili i motivi aggiunti dedotti con atto notificato in data 19 e 21.3.2001, siccome tardivamente introdotti.
Avverso tale decisione proponevano rituale appello alcuni dei ricorrenti in primo grado (e, in particolare, i signori B.L., P.R., P.U., P.A. e P.M.), criticando la pronuncia reiettiva gravata ed invocandone la riforma, con conseguente annullamento della concessione edilizia originariamente impugnata.
Si costituivano il comune di Sarre e la società L.P., difendendo la
correttezza della statuizione gravata, contestando la fondatezza delle ragioni
addotte a sostegno dell’appello e concludendo per la sua reiezione.
Le parti illustravano ulteriormente le loro tesi mediante memorie difensive.
Alla pubblica udienza dell’11 novembre 2003 il ricorso veniva trattenuto in
decisione.
DIRITTO
1.- E’ controversa la legittimità della concessione edilizia rilasciata in data
28.4.2000 dal comune di Sarre alla società L.P. per la costruzione di tre
fabbricati ad uso di civile abitazione sui mappali nn. 501, 503, 504, 505 e 709
del c.t. del medesimo comune.
Alcuni proprietari di un terreno confinate con quello oggetto dell’intervento
edilizio, avevano, in particolare, impugnato il relativo titolo, assumendone
l’illegittimità sia per il contrasto della progettata strada d’accesso al
complesso immobiliare con l’art. XII/4 del regolamento edilizio, sia per il
difetto in capo alla società controinteressata della disponibilità dell’area
sulla quale avrebbe dovuto passare la predetta via, e domandandone
l’annullamento.
Il Tribunale adìto riscontrava, di contro, la legittimità del provvedimento controverso, sotto entrambi i profili contestati, e rilevava la tardività dei motivi aggiunti introdotti dai ricorrenti con atto notificato in data 19-21.3.2001, con i quali erano stati dedotti ulteriori profili di contrasto del progetto della strada con la disciplina edilizia comunale.
Gli appellanti contestano la correttezza di tale pronuncia reiettiva, con riferimento ad entrambe le censure originariamente svolte, ma omettono qualsiasi critica al capo relativo alla declaratoria della inammissibilità dei motivi aggiunti.
Le parti appellate difendono, di contro, il convincimento espresso in prima istanza, del quale invocano la conferma.
2. - Occorre, preliminarmente, definire l’ambito cognitivo del presente giudizio.
Come si è già rilevato, gli appellanti hanno mancato di formulare qualsivoglia
addebito critico all’indirizzo del capo della decisione con cui era stata
dichiarata l’inammissibilità dei motivi aggiunti (in quanto tardivamente
introdotti), limitandosi a ribadire le pertinenti censure nel corpo
dell’appello, così come dedotte nell’atto originario.
Sennonché, l’omessa deduzione di alcuna critica in merito alla declaratoria
dell’inammissibilità dell’atto contenente i motivi aggiunti (che si configura
come un capo autonomo della statuizione gravata) comporta il passaggio in
giudicato della relativa statuizione e preclude l’esame delle relative
doglianze: meramente riproposte nonostante la sussistenza di una pronuncia che
ne impedisce la disamina e che andrebbe preliminarmente riformata.
La semplice riformulazione dei motivi aggiunti, in mancanza dell’impugnazione
del capo che ne ha dichiarato l’inammissibilità e della deduzione al suo
indirizzo di specifiche critiche, non consente, infatti, di procedere alla
disamina di censure irrimediabilmente coperte dalla incontestata e definitiva
declaratoria della loro irrituale introduzione.
3.- L’indagine risulta, quindi, circoscritta alle due censure dedotte con il ricorso originario ed entrambe disattese con la pronuncia gravata.
4.- Con il primo motivo di appello, riferito alla seconda doglianza svolta in
primo grado, si critica il convincimento espresso dal T.A.R. in merito alla
corretta verifica da parte del Comune della disponibilità da parte della L.P. dell’area sulla quale avrebbe dovuto essere realizzata la strada
d’accesso al complesso immobiliare contestualmente assentito.
Ribadiscono, in proposito, gli appellanti che il Comune avrebbe errato nel non
rilevare la sussistenza in capo alla società L.P. del titolo sostanziale
postulato dall’art. 4, comma 1, legge 28 gennaio 1977, n. 10
(ora
articolo 11, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 -
n.d.r.), per il rilascio
della concessione edilizia; e ciò per l’asserita inidoneità della scrittura
privata contenente la costituzione di una servitù di passaggio sul mappale n. 506
in favore dei danti causa della controinteressata a fondare la legittimazione di
quest’ultima, sotto il duplice profilo della mancata “formalizzazione” dell’atto
e della sua omessa sottoscrizione da parte di taluni soggetti comproprietari del
terreno (le mogli dei concedenti).
4.1- La disamina di tale doglianza esige una preliminare ricognizione dei principi che presiedono alla verifica da parte del sindaco del titolo di disponibilità dell’area interessata dall’intervento edilizio ed alla conseguente valutazione della sua correttezza.
Premesso che la legittimazione attiva descritta
dall’art. 4, comma 1, legge 28 gennaio 1977, n. 10 (ora
articolo 11, comma 1, del
d.P.R. n. 380 del 2001 - n.d.r.)
risulta configurabile, secondo un’esegesi consolidata della norma, non solo in
capo al proprietario del terreno, ma anche in favore del soggetto titolare di
altro diritto reale di godimento del fondo che lo autorizzi a disporne con un
intervento costruttivo e che compete al comune procedere a siffatta preliminare
indagine istruttoria prima di rilasciare il titolo edilizio, occorre precisare
che all’amministrazione non è richiesta un’indagine (sulla ricorrenza di tale
presupposto) che si estenda fino alla ricerca d’ufficio di eventuali elementi
limitativi, preclusivi o estintivi del titolo di disponibilità allegato dal
richiedente (Cons. St, sez. V, 22 giugno 2000, n. 3525) e che il giudizio di
legittimità della concessione edilizia va, in ogni caso, compiuto - in
particolare nei casi, quale quello in esame, in cui il ricorso è stato impostato
come azione impugnatoria intesa ad ottenere l’annullamento del titolo e non come
azione di accertamento (senz’altro ammissibile nell’ambito della giurisdizione
esclusiva esistente nella materia controversa) dell’insussistenza della
disponibilità dell’area e, dunque, della non spettanza del permesso a costruire
- sulla base delle informazioni, di fatto e di diritto, disponibili al momento
del rilascio del titolo (fatta salva la verifica di eventuali carenze
istruttorie).
Ne consegue che al comune compete la verifica della dimostrazione di un titolo
sostanziale idoneo a costituire in capo all’istante il diritto di sfruttare la
potenzialità edificatoria dell’immobile, senza che a tale allegazione debba
seguire un’ulteriore indagine circa le implicazioni, di ordine civilistico, del
rapporto generato dalla concessione del diritto reale di godimento; tant’è vero
che la concessione edilizia viene sempre rilasciata con la clausola di salvezza
dei diritti dei terzi, proprio al fine di lasciare impregiudicate eventuali
posizioni soggettive di terzi confliggenti con l’assenso a costruire.
4.2- In coerenza con tali parametri valutativi, risulta agevole rilevare che
l’allegazione, da parte della L.P., delle scritture private in data
26.7.1972, con la quale i signori B.L., P.R., P.U., P.A. e P.M. concedevano
ai signori B. e T. (danti causa della L.P.) la servitù di passaggio
carraio sull’area interessata dalla costruzione della strada controversa, e in
data 31.12.1977, con la quale i concedenti si impegnavano a liberare il
passaggio e riconoscevano di aver costituito il relativo titolo di godimento, e
dell’atto pubblico di vendita notaio M. del 10.3.2000, con il quale il
venditore sig. B. riconosceva l’esistenza della servitù, risultava senz’altro
idonea ad attestare la legittimazione della L.P. a richiedere la
concessione edilizia relativa alla realizzazione sul mappale n. 506 della strada
di collegamento tra la viabilità comunale ed il complesso immobiliare, in quanto
univocamente significativa dell’avvenuta costituzione in capo ai danti causa
della società istante di un diritto di godimento sull’immobile che li
autorizzava alla sua utilizzazione ed alla sua conforme trasformazione edilizia
(ovviamente, previo conseguimento della concessione edilizia).
A fronte della situazione di fatto e di dritto appena descritta, in presenza
della quale è stata rilasciata la concessione edilizia, correttamente il comune
ha ritenuto adeguatamente documentata la disponibilità dell’area da parte della
società richiedente.
4.3- Né tale conclusione risulta smentita od inficiata dalle avverse deduzioni svolte dagli appellanti.
4.3.1- In merito alla dedotta, mancata “formalizzazione” della scrittura
privata, in quanto non trasfusa in atto pubblico né trascritta, è sufficiente
rilevare che l’art. 1350 n. 4 c.c. postula che gli atti costitutivi di servitù
prediali debbano farsi per iscritto (cioè: per atto pubblico o per scrittura
privata) a pena di nullità e che, quindi, la scrittura privata si rivela
senz’altro idonea a produrre gli effetti costituivi voluti dalle parti
(restando, perciò, indifferente, ai fini della validità e della sua efficacia,
l’omessa stipula dell’atto pubblico).
Quanto all’omessa trascrizione dell’atto costituivo della servitù, è sufficiente
rilevare che il regime di pubblicità degli atti relativi a beni immobili sancito
dagli artt. 2643 e ss. c.c. serve solo ad assicurare la loro opponibilità ai
terzi, ma non anche a costituire i diritti ivi attribuiti o a condizionare
l’efficacia dei relativi negozi giuridici.
4.3.2- In merito, infine, all’omessa sottoscrizione della scrittura privata
costituiva della servitù da parte di alcuni comproprietari, è sufficiente
ribadire che l’allegazione di un titolo negoziale apparentemente idoneo a
fondare la legittimazione del richiedente non imponeva all’amministrazione di
indagare ulteriormente per verificare la sua validità ed efficacia, sotto
profili non immediatamente percepibili o puntualmente rappresentati al comune.
In mancanza, pertanto, di risultanze istruttorie che indicassero la carenza
della sottoscrizione di alcuni comproprietari (si ripete: non agevolmente
apprezzabile nel corso di un esame ordinario, anche diligente, della domanda),
correttamente l’amministrazione ha ritenuto titolata la L.P. a chiedere la
concessione edilizia (quale avente causa dei soggetti titolari della servitù di
passaggio) ed ha omesso ulteriori (ed apparentemente non necessarie) verifiche
istruttorie.
Né può lamentarsi alcuna conseguenza dannosa dal rilascio del titolo controverso
per la sfera giuridica dei comproprietari che hanno omesso di sottoscrivere la
scrittura privata costituiva della servitù, posto che la loro posizione
soggettiva è preservata dalla clausola generale che garantisce la salvezza dei
diritti dei terzi eventualmente confliggenti con la concessione edilizia.
4.4. La doglianza relativa all’asserita scorretta verifica della disponibilità dell’area da parte della società appellata, va, in definitiva, disattesa.
5.- Con la seconda censura, gli appellanti ribadiscono il contrasto della
concessione edilizia relativa alla realizzazione della strada d’accesso al
complesso immobiliare contestualmente assentito con la disciplina sulla
larghezza delle strade contenuta nel regolamento edilizio del comune.
Sulla base della sua presupposta ascrizione alla tipologia E (secondo la
definizione offerta dall’art. XII-2 del regolamento), si assume, in particolare,
che la strada in questione non soddisfa le pertinenti caratteristiche di
ampiezza prescritte dall’art. XII-4 e, segnatamente, la larghezza di metri 5
prevista per una carreggiata veicolare a due sensi di marcia, posto che la via
disponibile dalla società appellata raggiunge, al massimo ed in un solo punto,
metri 4.
5.1- Le parti appellate replicano, al riguardo, con argomentazione condivisa dai primi giudici, che la strada in questione va ascritta alla tipologia H e che, come tale, integra le caratteristiche di ampiezza previste per quella categoria nella misura di 3 metri della carreggiata.
5.2- La questione si risolve, pertanto, nella decisiva classificazione della strada controversa, alla quale conseguono l’individuazione del regime regolamentare di larghezza alla stessa applicabile e la verifica della sussistenza della dedotta violazione della disciplina di riferimento.
5.3- Dall’esame della descrizione delle diverse tipologie di strade catalogate
all’art. XII-2 del regolamento edilizio si ricava agevolmente, come già
riscontrato in prima istanza, che la strada in questione va ascritta alla
categoria H: strade private, anziché a quella E: strade comunali costituenti la
viabilità secondaria.
Premesso che l’indagine in questione va evidentemente riferita alla
configurazione finale della strada, e cioè alla funzione ed ai caratteri
risultanti dal progetto assentito, si deve rilevare che, mentre della pretesa
tipologia E difettano alcune qualità essenziali, quali la sua menzione nel
P.R.G. o nel P.U.D. tra quelle costituenti il reticolo della viabilità interna e
la sua idoneità ad essere gravata di servitù di pubblico passaggio (servendo la
sola proprietà L.P.), della categoria H ricorrono, di contro, tutti i
caratteri previsti dalla relativa disposizione regolamentare, e, in particolare,
la sua esclusiva destinazione al servizio degli edifici oggetto della
concessione (da riguardarsi con riferimento alla strada da realizzare e non al
passaggio esistente al momento della concessione).
5.4- L’annoverabilità della strada in questione tra quelle denominate come strade private nel regolamento edilizio implica, in definitiva, la conformità della concessione, sotto il profilo nella specie esaminato, con la pertinente disciplina regolamentare delle sue caratteristiche e, segnatamente, della sua ampiezza.
5.5- Resta da ribadire che l’esame delle altre questioni relative alla compatibilità della strada con la disciplina edilizia del comune di Sarre (e riferite, in particolare, al presunto contrasto con gli artt. 11 e 16 delle n.t.a. del p.r.g.) è precluso dall’intervenuto consolidamento (già rilevato supra al punto 2) della declaratoria dell’inammissibilità dei motivi aggiunti con cui erano state sollevate.
6.- Alle considerazioni che precedono conseguono la reiezione dell’appello e la conferma della decisione impugnata.
7.- La complessità delle questioni, di fatto e di diritto, dibattute giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge il ricorso indicato in epigrafe e compensa le spese processuali;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camere di consiglio dell’11 novembre 2003, con l'intervento dei signori:
Emidio Frascione, Presidente
Raffaele Carbon,i Consigliere
Paolo Buonvino, Consigliere
Claudio Marchitiello, Consigliere
Carlo Deodato, Consigliere Estensore