REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorsi in appello:
1) n. 529 del 1998 proposto da D.G.C.A., rappresentato e difeso dagli avv.ti G.C. e C.R., ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultima in ...
contro
il Comune di Sant’Agnello, in persona Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’ avv. M.D.P. ed elettivamente domiciliato in ...
2) n. 10375 del 1998 proposto da D.I.G., rappresentato e difeso dall’ avv. A.S. ed elettivamente domiciliato in ...
contro
il Comune di Sant’Agnello, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;
3) n. 10492 del 1998 proposto da L.A., rappresentato e difeso dagli avv.ti L.N. e C.S. e presso lo studio del primo elettivamente domiciliato in ...
contro
il Comune di Sant’Agnello, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;
4) n. 10493 del 1998 proposto da L.B., rappresentato e difeso dagli avv.ti L.N., A.S. e C.S. e presso lo studio del primo elettivamente domiciliato in ...
contro
il Comune di Sant’Agnello, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;
per l'annullamento
della sentenza n. 2428 del 30 settembre 1997, pronunciata tra le parti dal T.A.R. la Campania, Napoli, Sezione III;
Visti i
ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli
atti di costituzione in giudizio del Comune appellato;
Viste le
memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli
atti tutti della causa;
Relatore il
cons. Corrado Allegretta;
Uditi alla
pubblica udienza del 21 maggio 2002 gli avv.ti S., S., D.P. e R. su delega dell’avv.
C.;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con ordinanza n. 97 del 20 luglio 1991 l'Assessore all'edilizia residenziale privata del Comune di Sant'Agnello, sul presupposto che nella proprietà D.G., sita alla Via ..., erano stati eseguiti frazionamenti, vendite ed opere abusive configuranti una lottizzazione dell'area a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, ordinava la sospensione di ogni attività edificatoria o urbanizzativa in corso a D.G.A e A., L.B., D.I.G. e R.M.T. nonché L.A. e S.M., in qualità di proprietari dei fondi interessati e di esecutori delle opere abusive. La stessa Autorità disponeva, poi, con ordinanza n. 157 del 25 ottobre 1991, l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area e l'immissione nel relativo possesso da parte del Comune.
Avverso tali ordinanze insorgevano innanzi al T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, con separati ricorsi, i signori D.G.A. e A. (ric. n. 8001 del 1991), L.B. (ricc. n. 8034 del 1991 e n. 157 del 1992), D.I.G. (ricc. n. 8507 del 1991 e n. 282 del 1992) e L.A. (ric. n. 9576 del 1991).
Il
Tribunale, previa loro riunione, ha respinto i ricorsi, tranne il n. 8001 del
1991 accolto in parte con l’annullamento dei provvedimenti impugnati quanto
alla particella catastale n. 513.
La sentenza
che così dispone, viene impugnata con gli appelli in epigrafe, con sostanziale
riproposizione dei motivi di doglianza già prodotti in primo grado; vinte le
spese del doppio grado di giudizio.
In tutti i
giudizi si è costituito il Comune di Sant'Agnello, che ha controdedotto agli
appelli e ne ha chiesto la reiezione in quanto inammissibili ed infondati, con
vittoria di spese ed onorari.
La
domanda avanzata con i ricorsi nn. 10492 e 10943 del 1998, intesa ad ottenere la
sospensione dell'esecuzione della sentenza, è stata respinta con ordinanze n. 2491 e 2492 del 18 dicembre 1998.
All’udienza
pubblica del 21 maggio 2002, le cause sono state trattate congiuntamente e,
sentiti i difensori presenti, riservate per la decisione.
DIRITTO
1. Gli appelli sono rivolti contro la stessa sentenza e, pertanto, se ne dispone la riunione a norma dell'art. 335 cod. proc. civ..
2. Essi sono infondati.
Si
controverte della legittimità dei provvedimenti con i quali il Comune
appellato, sul presupposto che nella proprietà D.G., originariamente
riportata in catasto alla particella 237 del foglio 2, erano stati eseguiti
frazionamenti, vendite ed opere abusive configuranti una lottizzazione dell'area
a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, ha dapprima ordinato la
sospensione di ogni attività edificatoria o urbanizzativa in corso e, poi, ha
disposto l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area
interessata e l'immissione nel relativo possesso.
Il
Tribunale ha riconosciuto con la sentenza appellata l’esistenza dei
presupposti legali della lottizzazione abusiva, tranne che per quanto riguarda
la nuova particella catastale n. 513, ed ha respinto i ricorsi proposti dagli
attuali appellanti.
3. Con il gravame iscritto al n. 529 del 1998, si sostiene in primo luogo che gli indici presuntivi utilizzati dal giudice di primo grado - “l'appetibilità della zona da punto di vista speculativo, la sua contiguità all'abitato e l'elevatezza del corrispettivo pattuito” - non sono sufficienti da soli a provare in modo inequivoco il concretarsi della fattispecie lottizzatoria prevista dall’articolo 18, ultimo comma, legge n. 47 del 1985 (ora articolo 30, comma 10, del T.U. edilizia - n.d.r.) in quanto si tratterebbe in realtà di meri dati di fatto, dei quali i primi due sarebbero accessori del terzo che, però, a sua volta, riguarda un solo lotto e sarebbe, comunque, giustificato proprio dalla prossimità di questo all’abitato e dalla sua destinazione a colture agricole pregiate.
La censura non può essere condivisa.
Quelli che l’appellante riferisce sono soltanto alcuni degli elementi individuati come significativi, ai quali, invero, la pronuncia gravata ne correla altri, quali “la tipologia degli abusi subito commessi dal L.B., il tenore del progetto di "completamento" presentato dal L.A., le qualità professionali degli interessati, l’esiguità delle estensioni fondiarie in questione” e, peraltro, con riferimento ai suoli acquistati dai su nominati ed alla circostanza che su di essi insisteva una coppia di vecchi fabbricati.
Per giungere al convincimento sul quale la sentenza appellata si fonda, in realtà, il giudice di prime cure ha proceduto ad un’accurata disamina di tutti gli elementi che caratterizzano la vicenda, considerati sia singolarmente che nel loro complesso, tra l’altro confortato anche dalla sentenza del Pretore di Sorrento che nella fattispecie ha ravvisato la consumazione del reato di lottizzazione abusiva in senso negoziale e materiale.
La censura si rivela, pertanto, infondata per la sua stessa inadeguata prospettazione.
Del pari senza pregio è il secondo motivo d’impugnazione.
Il
non equivoco scopo edificatorio degli atti e comportamenti relativi ai suoli in
questione, infatti, diversamente da quanto assume l’appellante, trova nella
sentenza sufficiente dimostrazione nella interpretazione della sequenza degli
atti negoziali intercorsi tra le parti e, comunque, nell’elencazione delle
opere e delle edificazioni su di essi realizzate.
Con
riguardo allo stesso profilo, inoltre, va respinta la censura di arbitraria
enfatizzazione del fatto che uno degli acquirenti fosse imprenditore edile.
Invero, nel concorso con tutti gli altri indici considerati, non appare
trascurabile che, degli acquirenti dei suoli agricoli in questione, uno fosse
ristoratore (il L.B.), un altro amministratore di un’impresa edile (il L.A.) ed un altro imprenditore edile (il D.I.G.).
Quanto
alla rilevanza dell’intervallo di tempo occorso tra le vendite eseguite nella
specie, correttamente il Tribunale l’ha esclusa, risultando il progetto
lottizzativo confermato proprio dal comportamento tenuto dagli interessati in
quell’arco di tempo con la realizzazione di opere di urbanizzazione, come la
strada di penetrazione tra i lotti attrezzata con le canalizzazioni per gli
impianti fognari ed elettrici, e degli altri abusi edilizi menzionati.
L’appello fin qui esaminato deve, pertanto, ritenersi infondato.
4. Con il secondo appello, iscritto al n. 10575 del 1998, la sentenza in epigrafe è impugnata dal D’Iorio nella sua qualità di acquirente, in comunione con la Ruocco, della particella n. 515 dalla sig.ra D.G.A., alla quale era stata donata insieme alla particella n. 513 dal genitore D.G.A.
Il primo motivo di censura intende far valere due circostanze: la prima, costituita dal fatto che il lotto in questione sia stato acquistato insieme ad altro acquirente, al quale non sono riferibili le qualità ed i comportamenti assunti dal Tribunale, quanto al ricorrente, come rivelatori della partecipazione al disegno lottizzatorio; la seconda, rappresentata dall’assoluzione, in sede penale, di entrambi gli acquirenti.
Riguardo al primo profilo, si osserva che la circostanza addotta appare del tutto inconferente in ordine alla valutazione della posizione dell’appellante; né questi riesce in qualche modo ad esplicitarne la valenza in relazione al thema decidendi. Senza trascurare, del resto, che l’altra acquirente, unico soggetto eventualmente legittimato a dolersi, non risulta aver azionato alcun rimedio avverso i provvedimenti della cui legittimità si discute.
Quanto all’assoluzione dal reato di lottizzazione abusiva, l’interessato si duole che il Tribunale non abbia tenuto conto, in particolare, dei due rilievi sui quali si fonda: che l’acquisto risultava essere stato fatto da soggetto legittimato al trasferimento del singolo lotto e che non v’era prova della consapevolezza da parte degli acquirenti della preordinata e reiterata attività divisoria a scopo edificatorio posta in essere dal D.G.A.
Anche questa censura non ha pregio.
Che l’alienante - nella specie, la figlia del D.G.A., donataria - potesse legittimamente trasferire il fondo pervenutole per donazione, secondo l’espressa previsione dell’articolo 18, ultimo comma, legge n. 47 del 1985 (ora articolo 30, comma 10, del T.U. edilizia - n.d.r.) , è stato assunto, invero, dal giudice penale come scriminante a favore della stessa alienante, non nei confronti degli acquirenti, i quali, invece, sono stati assolti esclusivamente per ritenuto difetto dell’elemento psicologico del reato, di cui il giudice non ha rinvenuto la prova negli atti di quel giudizio. Statuizioni, queste, non concernenti il mero accertamento dei fatti e, come tali, non rilevanti fuori del processo in cui sono state adottate.
Il secondo ed il terzo mezzo di gravame, intesi ad escludere nel caso in esame la configurabilità della lottizzazione abusiva, sono pura e semplice trascrizione dei motivi d’impugnativa avanzati in primo grado, senza alcuna, pur blanda, contestazione delle ragioni in forza delle quali il giudice di prime cure li ha respinti. Essi vanno, pertanto, dichiarati inammissibili, in quanto l’effetto devolutivo dell’appello non solleva il ricorrente dall’onere di specificare le ragioni per le quali ritiene non condivisibili le conclusioni contenute nella sentenza impugnata.
Va respinto, in conclusione, anche l’appello n. 10575 del 1998.
5. Uguale è la sorte delle altre due impugnazioni, iscritte ai nn. 10942 e 10943 del 1998, tra loro identici.
Il primo motivo, infatti, reca una prospettazione frazionata ed isolata di alcuni degli atti e dei fatti che il T.A.R. ha assunto, invece, come elementi tutti univocamente concorrenti a costituire la fattispecie sanzionata dai provvedimenti impugnati. Vi si evidenziano, così, da un lato, l’intervallo di tempo intercorso tra l’acquisto dei ricorrenti e le successive vendite e, dall’altro, la considerazione delle attività di tale S.
Valgono a respingere siffatto mezzo di censura le considerazioni sopra svolte sub 3) in ordine al ricorso n. 529 del 1998; con l’integrazione che il riferimento alle vicende relative al nominato S. è praticato solo per negarne l’eventuale rilievo contrario all’ipotesi di lottizzazione configurata.
La restante parte degli appelli in argomento, infine, soggiace alla dichiarazione d’inammissibilità in quanto mera trascrizione delle doglianze di primo grado.
6. Per le considerazioni fin qui esposte, tutti gli appelli in epigrafe vanno respinti siccome in parte infondati ed in parte inammissibili.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, previa loro riunione, respinge gli appelli in epigrafe.
Compensa spese e competenze del secondo grado di giudizio.
Ordina che la decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 maggio 2002 con l'intervento dei Signori:
Claudio
Varrone - Presidente, Corrado
Allegretta - Consigliere rel. est.
Aldo
Fera - Consigliere
Marco
Lipari - Consigliere
Marzio Branca - Consigliere