EDILIZIA E URBANISTICA -
075
Consiglio di Stato, sezione IV, 10 gennaio 2003, n. 32
La sanzione di cui all'articolo 3 della legge 47/1985
(pagamento tardivo del contributo di concessione), ancorché obbligazione
legale, non è applicabile qualora il Comune debitore non abbia osservato
i canoni della diligenza e della buonafede.
Nel caso di specie il Comune richiedeva gli importi delle rate maggiorati delle
sanzioni pur avendo manifestato in precedenza dubbi sull'onerosità della
concessione e, soprattutto, pur non essendosi attivato nell'escussione della
fideiussione che il concessionario aveva prodotto a garanzia della rateazione
del contributo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso in appello n. 7473/1999 proposto da S. s.p.a. in persona del legale rappresentante rappresentato e difeso dall’avv. G.M. ed elettivamente domiciliato in ...
CONTRO
Il Comune di Melfi in persona del Sindaco in carica rappresentato e difeso dall’avv. D.G. ed elettivamente domiciliato in ...
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata n. 156/1999;
Visto il ricorso con i relativi
allegati;
Visto l’atto di costituzione in
giudizio del Comune di Melfi;
Viste le memorie prodotte dalle
parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla pubblica
udienza del 29 ottobre 2002 la relazione del Consigliere dottor Goffredo
Zaccardi e uditi, altresì, gli avvocati delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con l’appello qui in esame la
Società appellante impugna la sentenza indicata in epigrafe nella parte in cui
ha respinto il ricorso proposto in primo grado per ottenere l’accertamento
della infondatezza della pretesa del Comune di Melfi al pagamento da parte dell’appellante
di quanto dovuto ai sensi dell’articolo 3 della legge 47/1985 per il ritardato
versamento dei contributi di urbanizzazione da essa dovuti in relazione al
rilascio in suo favore di una concessione edilizia per la realizzazione di un
impianto industriale nell’area industriale di Melfi.
La sentenza ha, inoltre,
accolto il motivo di incompetenza degli organi di governo dell’Ente ad
adottare le determinazioni in ordine all’applicazione delle sanzioni in
materia edilizia ma tale capo della sentenza non è stato sottoposto a gravame.
Comunque dall’eventuale accoglimento della tesi di parte appellante, di
accertamento della infondatezza della richiesta dei maggiori oneri a tenore dell’articolo 3 della legge 47/1985, deriva la piena soddisfazione della pretesa azionata dell’appellante
vertendosi in materia di giurisdizione esclusiva.
L’appellante deduce, in sintesi, le seguenti censure articolate in un unico motivo:
a) i maggiori importi conseguenti all’applicazione dell’articolo 3 della legge 47/1985 non sarebbero dovuti in quanto il Comune di Melfi non ha costituito in mora l’appellante, né ha richiesto il pagamento dei contributi ammessi a rateizzazione e non corrisposti al momento del rilascio della concessione edilizia, né ha escusso la fideiussione prestata con rinuncia espressa al “beneficium excussionis” a garanzia del pagamento degli importi rateizzati. Da tale comportamento deriverebbe la violazione dell’obbligo del creditore di agire secondo correttezza e buona fede, sancito dall’art. 1175 del codice civile e da altre disposizioni che richiamano nell’attuazione dei rapporti obbligatori il principio di buona fede, obbligo che impone di svolgere tutte quelle attività che il creditore può compiere agevolmente ed idonee a rendere meno gravosa la posizione del debitore ai fini dell’adempimento dell’obbligazione. Sarebbe, pertanto, imputabile al Comune intimato il maggior onere dovuto in esito all’applicazione dell’art. 3 della legge 47/1985;
b) il Comune avrebbe indotto la Società appellante a non corrispondere alle scadenze stabilite gli importi dovuti per gli oneri di urbanizzazione manifestando, con varie comunicazioni, perplessità e dubbi sulla doverosità della corresponsione degli stessi da parte dell’appellante;
c) la richiesta degli interessi legali sui ratei versati tardivamente avanzata dal Comune di Melfi e soddisfatta dall’appellante comporterebbe l’implicito riconoscimento della inapplicabilità del regime di cui all’art. 3 della legge 47/1985;d) in via subordinata si dovrebbe riconoscere la deduzione dagli importi pretesi dal Comune in applicazione della norma citata di quanto versato a titolo di interessi.
Il Comune di Melfi si è costituito confutando le tesi difensive dell’appellante e chiedendo la reiezione dell’appello.
DIRITTO
L’appello è, ad avviso Collegio, meritevole di accoglimento.
Appare fondata, ed assorbente di
ogni altra considerazione di merito, la censura svolta nella prima parte dell’unico
articolato motivo di ricorso con cui parte appellante ha dedotto la violazione
da parte del Comune di Melfi dei basilari doveri di correttezza cui è tenuto il
creditore per rendere meno gravosa la posizione del debitore nell’adempiere
all’obbligazione. E’ utile precisare in punto di fatto che la Società
appellante, per il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di
un impianto industriale, ha corrisposto la metà del contributo dovuto per oneri
di urbanizzazione immediatamente mentre la parte residua è stata rateizzata in
più rate da versare nei successivi due anni (dal settembre 1991 al settembre
1993). Fin dall’inizio la Società attuale appellante ha contestato la
doverosità dei versamenti ritenendo che l’opificio dovesse essere realizzato
secondo lo speciale regime di esenzione stabilito dalle leggi sul Mezzogiorno e
lo stesso Comune con vari atti (cfr. la produzione in atti della difesa dall’appellante
in allegato al ricorso di primo grado) ha manifestato perplessità sulla
specifica questione.
All’esito di un giudizio articolato in due fasi, primo e
secondo grado, il Consiglio di Stato ha, invece, affermato la legittimità della
pretesa e la Società appellante ha provveduto a corrispondere quanto dovuto ed,
inoltre, a richiesta del Comune di Melfi, gli interessi per il ritardo nel
pagamento della quota di oneri che era stata rateizzata. Si controverte nel
presente giudizio della applicazione dell’articolo 3 della legge 47/1985 che
prevede, in relazione al ritardo nel pagamento dei contributi o delle singole
rate, un aumento percentuale di quanto dovuto (20%, 50% e 100% a seconda che il
pagamento intervenga nei 120, 180 e 240 giorni successivi alla scadenza).
E’
necessario ancora puntualizzare che fin dal momento del rilascio della
concessione la Società appellante ha consegnato al Comune di Melfi una
fideiussione in cui espressamente era prevista la rinuncia al “beneficium
excussionis” ed inoltre l’obbligo del fideiussore di versare al Comune
quanto richiesto in termini brevi previo un semplice avviso al garantito e senza
il riconoscimento al garantito di alcuna facoltà di svolgere eccezioni sul
pagamento. Si trattava, quindi, di una obbligazione di garanzia del tutto
autonoma rispetto al rapporto creditore - debitore principale. Sulla base di
tali presupposti di fatto al Comune sarebbe stata sufficiente la semplice
richiesta al fideiussore - iniziativa non gravosa né esposta a rischi di sorta
- per conseguire il pagamento di quanto dovuto anche in pendenza del giudizio
nel quale si stava accertando la doverosità della corresponsione degli oneri di
cui trattasi. Con tale iniziativa il Comune avrebbe evitato un consistente
aggravamento della posizione debitoria della Società appellante conseguendo
tempestivamente le risorse necessarie per far fronte agli oneri derivanti dalla
realizzazione delle opere di urbanizzazione a carico dell’Amministrazione
comunale. Deve, pertanto, imputare a questa sua inerzia ed al suo comportamento,
dopo due note (risalenti all’inizio del 1993) in cui manifestava dubbi sull’obbligo
di corrispondere i contributi in questione non ha attivato alcuna iniziativa per
ottenere quanto era previsto nelle concessioni edilizie né dall’obbligato
principale né dal fideiussore.
Tale comportamento poteva essere ben letto da
parte della Società appellante, secondo buona fede, come significativo della
volontà di non procedere nella pretesa di applicare l’art. 3 della legge
47/1985 in attesa della decisione del Consiglio di Stato cui si è fatto cenno.
Ciò, in particolare, perché nella concessione edilizia si era fatta
esplicitamente salva l’applicazione di tale norma e l’inerzia di cui si è
detto assumeva un valore inequivoco nel senso di rinunciare almeno
temporaneamente alla clausola suddetta. Ritenere di potersi avvalere del
disposto dell’art .3 della legge 47/1985 a distanza di tempo ed in presenza
delle circostanze di fatto qui sinteticamente ricordate non è, oggettivamente,
corrispondente ad un comportamento secondo buona fede. Si concreta in base alle
considerazioni che precedono la violazione del dovere di correttezza di cui all’art.
1175 del codice civile e si mostra la fondatezza della censura qui esaminata
anche con riguardo al richiamo effettuato nell’atto introduttivo di questa
fase del giudizio all’art. 1227, secondo comma, del codice civile che pone a
carico del creditore i danni che avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria
diligenza.
E’ utile ancora chiarire che
non sono convincenti gli argomenti addotti dal giudice di primo grado per
sostenere che nessun obbligo specifico incombeva sul Comune di Melfi perché
trattandosi di obbligazione “portable” doveva essere adempiuta al domicilio
del creditore (art. 1182 del codice civile) e che per tali obbligazioni non è
necessaria la costituzione in mora del debitore quando essendo stabilito un
termine lo stesso è scaduto inutilmente (art. 1219 del codice civile).
Il dovere
di agire secondo correttezza e buona fede non è assolto solo con il compimento
di atti previsti in specifiche disposizioni di legge ma si deve realizzare anche
con comportamenti non individuati dal legislatore ma che in relazione alle
singole situazioni di fatto siano necessari per evitare l’aggravamento della
posizione del debitore (Cass. 5 novembre 1999 n. 12310).
Non è perciò
sufficiente sostenere, così come ha fatto il primo giudice, che nessun obbligo
normativamente previsto era posto a carico del creditore nel caso di specie, ma
si deve indagare se nell’esercizio dell’obbligo di cooperare con il debitore
per il puntuale adempimento dell’obbligazione il creditore non abbia omesso
atti e comportamenti che, senza essere particolarmente disagevoli, potevano
tuttavia rendere meno gravosa la posizione del debitore. L’indagine, come si
è visto sub A) porta a concludere che nel caso in esame il Comune di Melfi non
ha fatto quanto era possibile e necessario per evitare il prodursi di danni
ulteriori per la Società appellante. In proposito si deve aggiungere che il
comportamento complessivo delle parti secondo buona fede costituisce una fonte
di integrazione degli obblighi delle parti stesse (Cass. 8 febbraio 1999 n.
1078) e che con riguardo al caso di specie l’atteggiamento del Comune di Melfi
ha oggettivamente introdotto un elemento di incertezza e di attesa che ha
concorso a determinare il mancato pagamento alle scadenze stabilite da parte
della Società appellante delle rate del contributo per oneri di urbanizzazione.
Non è necessario approfondire in questa sede la natura (sanzionatoria o risarcitoria) della obbligazione nascente dall’applicazione dell’articolo 3 della legge 47/1985: è pacifico che si tratti di una obbligazione “ex lege” alla quale si rendono applicabili tutte le disposizioni di principio in materia di obbligazioni e tanto basta, come si è visto, per la definizione della controversia.
Nessun valore ha, poi, il
richiamo alla automaticità della applicazione dell’art. 3 della legge
47/1985: una volta che si sia accertato che non vi è stato inadempimento
imputabile all’obbligato l’art. 3 in questione non è applicabile “tout-court”.
Inconferenti sono, altresì, i richiami contenuti nella sentenza appellata al
regime delle obbligazioni tributarie che corrispondono, come è noto, a principi
propri ed esclusivi del regime fiscale, tipicamente a fattispecie esclusiva,
validi solo nell’ambito del regime stesso. Né, infine, ha pregio, sostenere
che imponendo al creditore nel caso di specie l’obbligo di escutere il
fideiussore si eluderebbe l’obiettivo della legge e si vanificherebbe l’apparato
sanzionatorio del citato art. 3 della legge 47/1985.
E’ evidente, infatti, che
il pagamento da parte del fideiussore degli oneri dovuti se soddisfa il Comune
creditore non libera il soggetto garantito nel rapporto interno con il garante e
determina effetti contrattuali ben precisi voluti dalle parti secondo cui, di
norma, il garantito deve poi rifondere il garante di quanto egli abbia versato
in sua sostituzione. In ogni caso, non sussiste alcun apprezzabile interesse
pubblico a limitare la autonomia delle parti del contratto di fideiussione a
convenire un regolamento di interessi che consenta, secondo la causa tipica di
tale contratto, una più sicura soddisfazione della posizione creditoria del
Comune.
Alla stregua delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene di aderire e confermare il precedente indirizzo della Sezione manifestato con sentenza n. 1001/1995 ritenendo superata la decisione n. 1001/1995 cui si richiama parte appellata a sostegno delle sue ragioni.
L’appello indicato in epigrafe è accolto con riforma della sentenza appellata ed accertamento della infondatezza della pretesa del Comune di Melfi a pretendere la corresponsione dei contributi richiesti a tenore dell’art. 3 della legge 47/1985. Sussistono, tuttavia, motivi per la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso di primo grado ed accerta la infondatezza della pretesa del Comune di Melfi al pagamento degli importi richiesti in applicazione dell’articolo 3 della legge 47/1985.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza
sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso, addì 29 ottobre
2002, in camera di consiglio con l’intervento di:
Claudio Varrone, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Estensore
Aldo Fera, Consigliere
Claudio Marchitiello, Consigliere