EDILIZIA E
URBANISTICA - 073
T.A.R. Lombardia, Milano, sezione II, 6 novembre 2002, n. 4267
Sul termine di prescrizione decennale dei contributi concessori, interessi e
rivalutazioni, dovuti al Comune in forza di convenzione urbanistica.
Sulla legittimità dell'applicazione delle sanzioni amministrative ex art.
3 legge n. 47 del 1985 anche agli importi per interessi e rivalutazioni.
Sulla legittimità della rideterminazione del contributo di concessione senza
necessità di particolare motivazione in quanto atto vincolato dal mero calcolo
aritmetico.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia,
Milano, Seconda Sezione,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 3230/99, proposto da S.P. s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. C.O. ed elettivamente domiciliata presso l...
CONTRO
- il comune di Pieve Emanuele, in persona del sindaco p.t., costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. G.A.I., elettivamente domiciliato presso il suo studio in ... e
- il dirigente dell’ufficio tecnico del comune di Pieve Emanuele, intimato e non costituito
per l'annullamento
previa sospensiva, dell’ingiunzione di pagamento ai sensi dell’art. 16 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 con applicazione di sanzioni ai sensi dell’art. 3 della medesima legge, notificata il 1° luglio 1999, nonché la deliberazione di consiglio comunale n. 111 del 12 novembre 1998, quale atto presupposto.
Visto il ricorso n. 3230/99;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune resistente;
viste le memorie presentate dalle parti costituite a sostegno delle proprie
difese;
visti gli atti tutti della causa;
uditi, alla pubblica udienza del 20 giugno 2002, relatore la dr.ssa Anna
Bottiglieri, l’avv. V., in delega per la ricorrente, e l’avv. D.S., in
delega per il resistente, come da verbale di udienza.
FATTO E DIRITTO
1. La società ricorrente ... espone quanto segue.
In qualità di titolare di un piano di lottizzazione convenzionato per la realizzazione di edifici residenziali e non, ha stipulato una convenzione con il Comune in data 7 luglio 1989, realizzando gli immobili previsti (concessione n. 53/89 e variante n. 75/89), ed effettuando i pagamenti dei relativi oneri, nella misura definita dall’amministrazione, in tre tranches, avendo usufruito di rateizzazione garantita da fideiussioni, svincolate e restituite in data 30 aprile 1991.
Con nota 28 novembre 1998, il Comune invitava la ricorrente,
in forza di deliberazione n. 111 del 12 novembre 1998, a versare l’importo di
£. 837.868.711 a titolo di adeguamento ISTAT, alla consegna delle opere e al
collaudo, per consentire lo svincolo delle fideiussioni.
Il fondamento della pretesa veniva esposto dall’amministrazione
comunale con nota del 1° febbraio 1999, su richiesta della ricorrente, che ne
contestava successivamente in via amministrativa la legittimità e la
fondatezza.
Il Comune adottava comunque l’impugnato provvedimento,
ingiungendo il versamento nei termini dell’importo di £. 1.741.917.483 a
titolo di interessi sul ritardato pagamento dei ratei, di sanzioni e di
rivalutazione ISTAT.
In relazione ad esso vengono formulate le seguenti censure:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 R.D. 14
aprile 1910, n. 639 in relazione all’art. 16 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
Si lamenta l’impropria utilizzazione dello strumento
coattivo, poiché le somme pretese non atterrebbero ad oneri concessori ma a
presunti interessi e rivalutazione ISTAT. Si assume l’esatto adempimento dell’obbligazione,
nei termini richiesti dal Comune con nota del 13 luglio 1989, comprovato dallo
svincolo delle fideiussioni;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge
28 febbraio 1985, n. 47.
Le sanzioni applicate sono ritenute illegittime in quanto
previste dalla norma per il ritardato od omesso versamento del contributo di
concessione, mentre nel caso di specie sarebbero state applicate ai presunti
interessi sui ratei. Gli oneri sarebbero assorbiti dalla realizzazione di opere
a scomputo;
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge
28 gennaio 1977, n. 10.
Le somme non potrebbero mai produrre interessi, a causa dell’insorgenza
progressiva dell’obbligo in relazione all’avanzamento della costruzione;
4) violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della
convenzione.
Essendo stato previsto in convenzione il ricorso al giudizio
arbitrale, l’amministrazione per far valere il credito vantato avrebbe dovuto
accedere al procedimento arbitrale;
5) violazione e falsa applicazione dell’art. 28 della legge
24 novembre 1981, n. 689. Prescrizione.
L’atto sarebbe comunque illegittimo perché fondato su un
preteso credito di interessi comunque prescritto per decorso del termine
quinquennale dallo svincolo delle polizze e dal collaudo, senza l’intervento
di alcun atto interruttivo della prescrizione;
6) eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà,
illogicità manifesta, errore nel presupposto.
Poiché l’amministrazione ha svincolato le garanzie
prestate, la attuale pretesa risulterebbe contraddittoria, infondata e
illegittima. Tutti i presupposti posti a base della stessa risulterebbero
erronei.
2. La ricorrente altresì ha proposto, con motivi aggiunti, notificati in data 10 aprile 2001, ricorso avverso l’atto dell’amministrazione comunale con la quale si richiedeva la presentazione di fideiussione assicurativa o bancaria in esecuzione delle ordinanze nn. 2571/99 e 3653/00 di questo Tribunale, confermate in appello (nn. 335/00 e 360/01), che hanno sospeso in via interinale l’ordinanza-ingiunzione impugnata previa prestazione di idonea garanzia, ritenendo arbitrario l’importo cauzionale pari a due miliardi fissato dal resistente. La richiesta sospensiva è stata negata con ordinanza n. 1570/01, anch’essa confermata in appello il 30 ottobre 2001.
3. L’amministrazione resistente ha controdedotto nel merito, eccependo comunque in via preliminare la violazione della clausola compromissoria, la tardività dell’impugnazione e l’acquiescenza alle modalità di liquidazione ed integrazione del contributo pattuite nella convenzione urbanistica.
4. Il Collegio non ritiene di accogliere l’eccezione inerente la competenza arbitrale nè la tesi della ricorrente circa la sussistenza di un obbligo dell’amministrazione di instaurare un contenzioso arbitrale per l’esercizio del credito.
l ricorso in esame - che concerne l’impugnazione di un provvedimento con il quale, oltre e più che essere attivato il procedimento coattivo di riscossione, è stata affermata, quantificandone l’importo complessivo, la debenza di somme a vario titolo connesse al rilascio di provvedimenti abilitativi in materia edilizia, e comminate le relative sanzioni - rientra tra le suddette controversie soggiacenti alla giurisdizione esclusiva, in virtù del disposto dell’art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
In materia, C.d.S., sez. V, 25 novembre 1988, n. 729, ha
affermato che rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso
del costruttore abusivo contro la sanzione pecuniaria, se l'impugnazione è
rivolta nei confronti anche dell'ordinanza con cui il sindaco gli infligge la
sanzione, e non solo dell'ingiunzione di pagamento.
E prima dell’introduzione nell’ordinamento della
disposizione di cui all’art. 6, comma 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205
che, con portata innovativa e sostanziale, non applicabile pertanto ai
contenziosi già depositati, ha ammesso la deferibilità ad arbitri delle
controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo - essendo pacifico che le questioni
inerenti a interessi legittimi, per la natura indisponibile della funzione
amministrativa, non sono mai compromettibili - il ricorso all’arbitrato era
precluso, per le controversie appartenenti alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, in virtù dei principi generali esattamente definiti
nelle note sentenze della Cassazione, 12 luglio 1995, n. 7643 e 10 dicembre
1993, n. 12166.
Il Collegio non ritiene accoglibile neanche l’eccezione di tardività avanzata dal resistente.
Il termine per l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione,
fissato dall’art. 3 del R.D. 14 aprile 1910, n. 639 in trenta giorni, non
risulta applicabile alla fattispecie in esame, nella quale il provvedimento è
volto, ancor prima che alla riscossione del credito, alla liquidazione dello
stesso.
In proposito, è noto che ogni questione inerente l’esistenza
e l’entità del debito comunque connesso a contributi urbanistici involge
posizioni di diritto soggettivo, sottratte agli ordinari termini decadenziali
del giudizio impugnatorio pur in presenza di atti amministrativi, presentandosi
come un giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario,
attivabile nel normale termine di prescrizione (ex plurimis, C.d.S., V, 6
dicembre 1999, n. 2056).
Né può esaminarsi, in via pregiudiziale, l’invocata
acquiescenza delle modalità di liquidazione ed integrazione del contributo
pattuite nella convenzione urbanistica, essendo contestato in giudizio il
fondamento della pretesa patrimoniale comunale, ai sensi della intervenuta
convenzione urbanistica, per cui l’argomento involve il merito del ricorso.
5. Dalla documentazione in atti di giudizio risulta quanto segue.
L’art. 5 della convenzione intervenuta tra il ricorrente ed
il comune di Pieve Emanuele prevede a carico della impresa lottizzante il
pagamento degli oneri di urbanizzazione secondaria, calcolati sulla base della
deliberazione comunale n. 8 dell’11 febbraio 1978, e l’impegno ad adeguare
detto importo agli indici ISTAT successivi al marzo 1985.
L’art. 6, quanto al contributo previsto dall’art. 6 della
legge n. 10 del 1977, ne prevede il pagamento secondo le modalità e con le
garanzie stabilite dal Comune, con impegno della lottizzante all’adeguamento
ISTAT nei medesimi termini di cui sopra.
Ciò premesso, dagli atti di giudizio si rileva quanto segue.
Con nota comunale del 13 luglio 1989 gli importi venivano
determinati in £. 699.639.526 per costo di costruzione, e £. 1.134.000.000 per
oneri secondari.
Con successiva nota dell’11 dicembre 1990, n. 17292, si
comunicava alla società che la richiesta ed ottenuta rateizzazione degli oneri
di urbanizzazione secondaria avrebbe comportato la maggiorazione per l’applicazione
di interessi legali, ai sensi della deliberazione n. 6 del 1978, il cui importo
sarebbe stato successivamente comunicato.
Gli importi del credito principale di cui alla nota 13 luglio
1989 risultano corrisposti in tre rate (14 luglio 1989, 26 gennaio 1990 e 8
marzo 1991).
Con nota del 29 luglio 1991, n. 6959, l’amministrazione
invitava la società a provvedere al pagamento degli interessi e della
rivalutazione entro trenta giorni dal ricevimento.
Con comunicazione del 30 luglio 1991, la società ricusava il
pagamento degli interessi e della rivalutazione, non essendo stato richiesto all’atto
del rilascio della concessione.
Il Comune provvedeva ancora a richiedere il pagamento in data
26 ottobre 1992, n. 14714 e 14716. Anche a tale richiesta la ricorrente
rispondeva in termini negativi in data 20 novembre 1992, ribadendo di ritenere
le somme non dovute.
Il Comune trasmetteva in riscontro un parere legale in data
28 aprile 1993, n. 14714-15-16/92.
Non risulta altra corrispondenza sino alle richieste
reiterate nel 1998, esposte al punto 1.
6. La ricorrente risulta obbligata, ai sensi degli artt. 6 e 7 della intercorsa convenzione, al pagamento delle somme relative all’adeguamento secondo gli indici ISTAT successivi al marzo 1985 degli oneri di urbanizzazione secondaria e del costo di costruzione ed al pagamento degli interessi derivanti dal ritardo nel pagamento dei ratei ai sensi della nota dell’11 dicembre 1990, n. 17292.
Quanto alla rivalutazione, non possono infatti essere accolte le due principali argomentazioni della ricorrente, che ne assume la non debenza.
La prima consiste nella circostanza che il Comune non ne ha preteso il pagamento all’atto del rilascio dei titoli abilitativi, essendosi limitato a richiedere il minore importo.
Essa non è fondata.
La concessione edilizia comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione, nonché al costo di costruzione, in quanto, ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge n. 10 del 1977, ogni attività di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio partecipa agli oneri ad essa relativi (Cons. Stato, V, 6 maggio 1997, n. 462). Esso ha natura di corrispettivo di diritto pubblico.
La quantificazione dei contributi dovuti dal soggetto in cui
favore è rilasciata la concessione è ordinariamente effettuata all’atto del
rilascio della concessione medesima, ma il Comune, anche in seguito, ben può
effettuare la rideterminazione dell’ammontare del contributo dovuto dal
concessionario, in quanto il potere è espressione del generale principio di
autotutela (Cons. Stato,V, 30 settembre 1998, n. 1144) che può essere
legittimamente esercitato ogni qual volta l’amministrazione si renda conto di
essere incorsa, per qualsiasi ragione, in errore nella liquidazione o nel
calcolo del contributo.
Ed invero, è stato inoltre ritenuto che, poiché l’eventuale
errore nella determinazione degli oneri di urbanizzazione configura un indebito
oggettivo da parte dell’intestatario della concessione, la sola preclusione
alla azionabilità del credito effettivamente dovuto è la prescrizione del
diritto alla percezione degli oneri nel loro integrale ammontare (C.G.A., 5
luglio 1996, n. 235).
L’esercizio del potere di autotutela in questione non
richiede alcuna particolare e specifica motivazione in ordine alla valutazione
dell’interesse pubblico alla correzione dell’attività amministrativa, in
quanto non si versa nel campo di un’attività volta alla rimozione di
provvedimento illegittimo (tal non essendo la originaria ed erronea
determinazione della prestazione contributiva) rispetto alla quale attività il
principio si è affermato per garantire la migliore valutazione amministrativa
di secondo grado. L’interesse pubblico alla integrale soddisfazione del
credito erariale è in re ipsa.
Rispetto alla primaria ed oggettiva esigenza di
riequilibrare, mediante la prestazione economica, il nuovo carico urbanistico
costituito dall’opera assentita, di cui risulta portatrice la pubblica
amministrazione, non appare configurabile la tutela dell’affidamento, in
quanto, in disparte ogni considerazione sulla effettiva portata generale di tale
principio nell’ambito dell’attività amministrativa, allo stato di diritto
vigente, esso non appare invocabile in presenza di una attività vincolata,
nella quale ogni interesse diverso da quello pubblico insito nella norma
attributiva del potere amministrativo volto alla sua concreta realizzazione
appare da considerarsi ontologicamente recessivo.
Né può ritenersi, come il ricorrente mostra di considerare,
significativo in proposito la mancata richiesta di intervento del garante da
parte del Comune, essendo questa una facoltà e non un obbligo del garantito
(T.A.R. Puglia, II, 18 gennaio 2000, n. 173).
Neanche la seconda argomentazione, con la quale si eccepisce la prescrizione, è fondata.
Poiché, infatti, risulta dalla convenzione intercorsa che la
rivalutazione ISTAT è stata espressamente prevista a titolo di adeguamento
degli importi del costo di costruzione e degli oneri di concessione, il termine
di prescrizione del relativo diritto di credito coincide con quello del credito
cui è ontologicamente e funzionalmente collegato.
Esso, pertanto, è decennale, e non risultava decorso all’atto
dell’ingiunzione di pagamento, notificata il 1° luglio 1999, con riferimento
al credito sorto, quanto meno, all’atto del rilascio delle concessioni in data
14 luglio 1989 e 29 marzo 1990.
7. Le argomentazioni di parte ricorrente non risultano fondate neanche in riferimento al diritto di credito relativo agli interessi liquidati nel provvedimento.
In tema di rapporti c.d. paritetici con la pubblica amministrazione, è stato infatti chiarito che gli interessi non costituiscono competenze accessorie fondate su autonome fonti dell’obbligazione, ma operano all’interno del credito principale; come tali essi risultano sottoposti al medesimo regime legale (C.d.S.,IV, 17 dicembre 1998, n. 1811), ivi compresa la prescrizione decennale, la quale non è, nella specie, intervenuta, come già rilevato al punto che precede.
8. Quanto alle sanzioni pecuniarie di cui
all'art. 3
della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in misura progressiva, esse hanno natura
punitiva e non risarcitoria, in quanto colpiscono non il mero decorso del
termine ma un comportamento omissivo imputabile al debitore, che l’ordinamento
riconosce quale causa di responsabilità.
L’applicazione nel caso di specie delle sanzioni per il
ritardato pagamento dei ratei e per il non assolvimento della rivalutazione
ISTAT è pertanto conforme alla previsione legale.
9. Il ricorso principale risulta, per tutto quanto sopra, infondato e ne va conseguentemente disposta la reiezione.
10. L’impugnazione proposta mediante motivi aggiunti è respinta. Considerata l’entità del credito in contestazione, le pretese dell’amministrazione in ordine al soggetto idoneo al rilascio della garanzia appaiono fondate e l’importo della stessa congruo.
Sussistono, purtuttavia, validi motivi per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale Amministrativo per la Lombardia,
Milano, Sezione Seconda, respinge il ricorso di cui in epigrafe, come in
motivazione.
Spese di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente autorità
amministrativa.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 20 giugno 2002, con
intervento dei signori:
Pio Guerrieri - Presidente
Domenico Giordano - Consigliere
Anna Bottiglieri - Estensore