EDILIZIA - 016
Consiglio di Stato, sez. V, 15
giugno 2000, n. 3321
(presid. Rosa, est. Musio) - Comune di Cellatica (BS)
E' legittima l'ingiunzione a demolire relativa a un container installato senza
concessione edilizia su terreno agricolo, non infisso al suolo, e
destinato a deposito di attrezzi - Affinché un manufatto possa ritenersi precario, e
quindi esentato dalla concessione edilizia, assume rilievo l'uso a cui è destinato e non
il materiale utilizzato o il sistema di ancoraggio al suolo - La precarietà è esclusa
ove trattasi di struttura destinata a dare un'utilità permanente nel tempo - Non assume
rilievo la provvisorietà della destinazione data dal proprietario, la quale va invece
valutata alla luce della sua obiettiva e intrinseca destinazione naturale -
L'installazione non meramente occasione di un prefabbricato (nel caso di specie un
container) comporta alterazione dello stato dei luoghi e incide sull'assetto
urbanistico-edilizio del territorio.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente decisione sul ricorso in appello n. 7333/1994 proposto da A.R., rappresentato e difeso dagli Avv.ti G.R. ed A.M. ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, Via ...,
contro
il Comune di Cellatica, nella persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti C.T. ed E.R. ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via ...,
per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia - Sez. di Brescia n. 619 del 15 luglio 1993.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cellatica;
Vista l'ordinanza n. 1827/1994, con la quale è stata accolta la domanda di sospensione
cautelare della esecutività della sentenza;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita alla pubblica udienza del 7 marzo 2000 la relazione del Consigliere Giorgio Musio e udito, altresi, l'Avv. R. per l'appellato Comune;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Il Sig. A.R., proprietario di un terreno agricolo nel Comune di Cellatica, impugnava per l'annullamento con ricorso al T.A.R. Lombardia - Sez. di Brescia, l'ordinanza n. 6/2095 del 12 aprile 1991, con la quale il Sindaco di quel Comune ingiungeva la demolizione di un muretto di sostegno, di una cassetta Enel e di un deposito attrezzi.
A sostegno della impugnativa il ricorrente deduceva la violazione degli articoli 7 e 8 della legge 94/1982, degli articoli 7 e 10 della legge 47/1985 dell'art. 1 della legge 10/1977; eccesso di potere per travisamento dei fatti e per sviamento.
In particolare, egli sosteneva che le opere realizzate non potevano essere inquadrate sotto il concetto di costruzione, né comportavano la trasformazione del territori e, non essendo assoggettabili ex art. 7 della legge 47/1985 a concessione, edilizia ma tutt'al piú a mera autorizzazione, era inapplicabile nella fattispecie il regime sanzionatorio adottato.
Con dichiarazione depositata il 18 gennaio 1993, il ricorrente dichiarava la sopravvenuta carenza di interesse, relativamente alla demolizione del muretto, - di sostegno in quanto il Sindaco aveva rilasciato con lo stesso la concessione in sanatoria.
Il Comune intimato si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto del ricorso.
Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R., dopo aver dichiarato l'improcedibilità del gravame, limitatamente al suindicato manufatto, ne disponeva l'accoglimento parziale per quanto atteneva la cassetta Enel e lo respingeva nel resto, compensando tra le parti le spese del grado.
Contro la sentenza propone appello il ricorrente originario, che ne chiede la riforma, in quanto il TAR non avrebbe tenuto in debita considerazione le argomentazioni dedotte in primo grado e che reitera, relativamente al deposito di attrezzi agricoli.
All'udienza del 7 marzo 2000, la causa veniva trattenuta per la decisione.
DIRITTO
L'appello è infondato.
In via preliminare, si osserva che nella fattispecie si è in presenza di un'azienda agricola specializzata nella coltivazione di vigneti e che, pertanto, la valutazione del capo di impugnativa va effettuata tenendo presente il quadro di riferimento nel quale la controversia si colloca.
Al riguardo, il provvedimento impugnato indica l'opera abusiva quale "deposito attrezzi in lamiera verniciata", realizzata in assenza di autorizzazione-concessione, come richiesto dalle vigenti norme urbanistiche.
L'interessato, con istanza in data 22 aprile 1991, indirizzata al Sindaco del Comune di Cellatica, con allegata fotografia, rappresentava che il deposito, come effettivamente è possibile desumere, era costituito da un container in lamiera, appoggiato al terreno e, quindi, non fissato al suolo, per consentire il deposito per gli attrezzi agricoli, utilizzati per i lavori di manutenzione della vigna.
Sul punto il Comune resistente eccepisce che il carattere di precarietà e temporaneità dell'opera non rileva quanto, invece, la stabilità, che si estrinseca nell'oggettiva destinazione dell'opera a soddisfare un bisogno non provvisorio, ossia nell'attitudine del manufatto ad una utilizzazione che non sia temporanea e contingente.
Orbene, in materia di opere agricole è stato piú volte affermato dalla giurisprudenza nella specifica materia che la precarietà di un manufatto, la cui realizzazione non necessita di concessione edilizia, non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggi al suolo, bensí dall'uso cui è destinato; pertanto, essa va escluda quando trattasi di struttura destinata a dare un'utilità prolungata nel tempo (Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 1991, n. 732).
Né rileva la temporaneità della destinazione data all'opera dal proprietario, in quanto occorre valutare la stessa alla luce della sua obiettiva e intrinseca destinazione naturale (Cass. Sez. III, 19 giugno 1988, n. 1798).
Del resto l'installazione non meramente occasione di un prefabbricato, come nel caso di un container, comporta l'alterazione dello stato dei luoghi ed incide sull'assetto urbanistico-edilizio del territorio, tanto piú che, come nella fattispecie, non è stata data alcuna prova da parte dell'appellante della avvenuta mobilità nel tempo della struttura in argomento.
Da quanto sopra deriva che, ricorrendo nel caso in esame le caratteristiche di una permanente trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale, per la presenza stabile del manufatto (art. 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10) necessitasse la concessione edilizia e che, in base all'art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, il Sindaco, nell'esercizio del suo potere, dovere di vigilanza e di intervento, per la repressione degli abusi edilizi, legittimamente abbia imposto la demolizione dello stesso manufatto.
Sulla base delle suindicate considerazioni l'appello va respinto per infondatezza.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) respinge l'appello.
Condanna la parte appellante a rimborsare alla parte appellata le spese del grado liquidate in complessive lire 2.000.000 (duemilioni).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Cosi deciso a Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 7 marzo 2000, con l'intervento dei Signori:
Salvatore Rosa, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere
Marcello Borioni, Consigliere
Aldo Fera, Consigliere
Giorgio Musio, Consigliere estensore