EDILIZIA - 015
Consiglio di Stato, sez. V, 22 giugno 2000, n. 3525
(presid. Rosa, est. Lipari) - Comune di Bolzano
La concessione edilizia può essere rilasciata a chi abbia titolo per richiederla, pur se il rilascio avviene salvi i diritti dei terzi, il comune è tenuto a verificare l'esistenza del titolo e, nel caso in cui il richiedente non dimostri di essere titolare, legittimamente nega il rilascio della concessione. Tuttavia, un intervento edilizio conforme alle prescrizioni urbanistiche può trovarsi in contrasto con la disciplina civilistica. Nel procedimento di rilascio della concessione edilizia l'amministrazione ha il potere di verificare l'esistenza di un idoneo titolo sul bene oggetto della richiesta, mediante attività istruttoria che non è diretta a risolvere i conflitti tra i privati ma ad accertare il requisito della legittimazione soggettiva del richiedente.
Il potere di verifica del titolo non significa che l'amministrazione abbia l'obbligo di complessi e laboriosi accertamenti, diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti l'immobile considerato. Anzi, il principio generale del divieto di aggravamento del procedimento consente all'amministrazione di valorizzare gli elementi documentali forniti dall'interessato; non grava dunque sul comune l'onere probatorio di appurare l'inesistenza di servitù o di altri vincoli reali che incidano sull'edificazione.
Peraltro, nel caso in cui sia acquisita la prova dell'esistenza di servitù di non edificare gravanti sul bene oggetto della richiesta, l'amministrazione ha l'obbligo di valutare tale elemento ai fini del diniego del provvedimento.
Al contrario, in assenza di adeguati elementi istruttori acquisiti nel corso del procedimento, la concessione è legittimamente rilasciata ancorché sia accertata successivamente l'esistenza dei vincoli civilistici predetti.
Il mancato rispetto di una servitù pattizia preesistente non è motivo d'illegittimità della concessione rilasciata per costruire sul fondo servente, poiché il comune non è tenuto, in sede di esame delle domande di concessione, a ricercare d'ufficio, né ad opporre al richiedente la pattuizioni limitative della proprietà concluse con terzi, tanto che la concessione stessa è rilasciata sempre salvo diritti dei terzi.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente

DECISIONE n. 3525 depositata il 22 giugno 2000

sul ricorso in appello n. 142/1995 proposto da R.C. e G.M., rappresentati e difesi dagli Avvocati E.P. ed H.C. ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo, in Roma, Via .....

CONTRO

il Comune di Bolzano, in persona del Sindaco in carica, rappresentate e difese dagli Avvocati M.C. e S.G. ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in Roma, Via ....; H.S., S.Z., M.Z. e S.M., non costituiti

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano, 23 agosto 1994, n. 233.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 28 marzo 2000, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi l'Avv. P., su delega dell'Avv. P., e l'Avv. C.;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dagli attuali appellanti contro il provvedimento dell'assessore delegato all'urbanistica del Comune di Bolzano, prot. nr. 4864, in data 10 novembre 1992, di reiezione dell'istanza di concessione edilizia presentata il 12 febbraio 1990 dal Sig. R.C.

Gli appellanti ripropongono le censure disattese dal tribunale.

L'amministrazione comunale resiste al gravame.

I controinteressati, pur ritualmente intimati, non si sono costituiti.

DIRITTO

1. In data 12 febbraio 1990, il Sig. R.C. presentava al Comune di Bolzano un'istanza diretta ad ottenere la concessione edilizia per la trasformazione e l'ampliamento delle particelle mappali 12 e 13 in p.ed. 2889 in P.T. 2685/11 C.C. Dodiciville in un alloggio composto da stanza da letto, cucinino e bagno per mq complessivi 42. Il progetto comportava l'ampliamento di volume (mc 118,35) dell'ultimo piano di un immobile preesistente verso le pareti esposte ad ovest, come affermato dalla stessa richiesta di concessione edilizia, nella parte dedicata al calcolo analitico dei volumi.

La commissione edilizia comunale, nella seduta del 28 giugno 1990 esprimeva parere favorevole sul progetto, rilevando la compatibilità dell'opera con i vigenti strumenti urbanistici.

Peraltro, alcuni dei proprietari confinanti con l'immobile interessato dall'intervento manifestavano la loro opposizione alla concessione edilizia, facendo presente che sull'immobile gravava una servitù altius non tollendi, che limitava l'edificabilità all'altezza di metri 11, in virtù dell'atto di compravendita 2 maggio 1947, intavolato con decreto del giudice tavolare n. 544/1947.

Le Signore M.B.S. ed H.O. proponevano ricorso alla Provincia di Bolzano, ai sensi dell'articolo 37 dell'Ordinamento Urbanistico Provinciale, allegando le sentenze n. 688/1986 del Tribunale di Bolzano e n. 308/1987 della Corte d'Appello di Trento, che, a loro dire, avevano confermato l'esistenza della servitù.

Con deliberazione n. 5127, in data 3 settembre 1991, la Giunta provinciale accoglieva il ricorso. Quindi, l'assessore provinciale all'urbanistica, con nota in data 1 ottobre 1991, invitava il sindaco del Comune di Bolzano a non rilasciare la richiesta concessione edilizia.

Con il provvedimento impugnato in primo grado, l'amministrazione comunale di Bolzano respingeva definitivamente l'istanza proposta dall'interessato (confermata dall'acquirente dell'immobile Sig. G.M.).

Il provvedimento impugnato in primo grado, adottato all'esito di una complessa vicenda procedimentale, è motivato con riferimento all'esame dei ricorsi dei confinanti ed alla circostanza che "non è stata tavolarmente cancellata la servitù di altius non tollendi su tutte le P.T. interessate", costituita con contratto di compravendita 2 maggio 1947 ed intavolata con G.N. n. 554/1947, che vieta di costruire ad un'altezza superiore agli 11 metri.

2. Con un primo motivo di gravame, gli appellanti sostengono che non compete all'amministrazione comunale il potere di respingere una richiesta di concessione edilizia, pretendendo la cancellazione di una servitù gravante sull'immobile oggetto dell'intervento, in quanto il controllo dell'attività urbanistica riservato all'amministrazione va effettuato esclusivamente alla stregua di norme pubblicistiche, senza attribuire rilievo alla disciplina civilistica della proprietà.

La censura è infondata.

3. L'esecuzione di opere di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio è sottoposta ad una disciplina complessa, che riguarda, rispettivamente, la definizione degli assetti della proprietà immobiliare ed il controllo pubblicistico sulla conformità alle regole ed ai piani di derivazione pubblicistica. Gli ambiti delle due discipline, finalizzate alla tutela di interessi di consistenza disomogenea, non sono pienamente sovrapponibili.
È quindi possibile che un determinato intervento edilizio, astrattamente conforme alle prescrizioni urbanistiche, si ponga in contrasto con la normativa di derivazione civilistica, costituendo la violazione di diritti reali di godimento o di altre facoltà dei soggetti interessati.

4. Tuttavia, la necessaria distinzione tra gli aspetti civilistici e quelli pubblicistici dell'attività edificatoria non impedisce di rilevare la presenza di significativi puniti di contatto fra i due diversi profili.
Da una parte, la normativa edilizia di carattere regolamentare è idonea a fondare pretese sostanziali nei rapporti interprivati, che assumono la consistenza ed il grado di protezione del diritto soggettivo.
Dall'altra parte, alcuni elementi di origine civilistica assumono una rilevanza qualificata nel procedimento di rilascio della concessione edilizia.

5. In particolare, non è seriamente contestabile che nel procedimento di rilascio della concessione edilizia l'amministrazione ha il potere di verificare l'esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull'immobile, interessato dal progetto di trasformazione urbanistica. Si tratta di un'attività istruttoria che non è diretta, in via principale, a risolvere i conflitti di interesse tra le parti private in ordine all'assetto proprietario degli immobili interessati, ma che risulta finalizzata, più semplicemente, ad accertare il requisito della legittimazione soggettiva del richiedente.
In termini generali, la funzione autorizzatoria dell'amministrazione richiede un livello minimo di istruttoria, che comprende, comunque, l'acquisizione di tutti gli elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l'istanza ed il bene giuridico oggetto dell'autorizzazione.
E, d'altra parte, l'esame del titolo di godimento operata dall'amministrazione non costituisce una sorta di eccezionale intrusione in un ambito privatistico, ma rappresenta la coerente applicazione del principio secondo cui l'autorità pubblica deve sempre verificare la legittimazione del soggetto che propone un'istanza. In questa prospettiva si spiegano le numerose norme di settore in materia di licenze e di autorizzazioni commerciali, che impongono all'istante di fornire la prova del titolo di godimento dei locali destinati all'esercizio.

6. Questa elementare esigenza di verifica sull'ordinato svolgimento delle attività sottoposte al controllo autorizzatorio risulta presente anche nell'ambito del procedimento di rilascio della concessione edilizia.
Non solo, ma la notevole incidenza della concessione edilizia sugli interessi pubblici e privati coinvolti impone, in modo ancora più stringente, un adeguato esame sulla corrispondenza sostanziale tra la richiesta ed i presupposti fattuali che la giustificano, anche in relazione alla titolarità della necessaria posizione legittimante.
È vero che la valutazione delle richieste di concessione edilizia mira, essenzialmente, ad assicurare la conformità con gli strumenti di pianificazione urbanistica. Ma non si può negare all'amministrazione comunale il compito di assicurare, comunque, un ordinato svolgimento dell'attività urbanistica, conforme all'assetto dei rapporti interprivati relativi all'area interessata dall'intervento. Assentire la realizzazione di opere edilizie a soggetti certamente privi del necessario titolo di godimento sull'immobile significherebbe alimentare il contenzioso tra le parti, con grave danno anche per l'interesse pubblico all'armonico sviluppo dell'attività di trasformazione urbanistica.

7. Ciò chiarito, si tratta di stabilire l'ampiezza e la profondità dei poteri istruttori spettanti all'amministrazione in sede di verifica del titolo di proprietà sull'immobile.
Al riguardo, si deve premettere che l'affermazione del potere di verifica del titolo di proprietà non significa affatto che l'amministrazione abbia l'obbligo incondizionato di effettuare complessi e laboriosi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti l'immobile considerato. Anzi, il principio generale del divieto di aggravamento del procedimento consente all'amministrazione di semplificare ed accelerare tutte le attività di verifica sul titolo, valorizzando gli elementi documentali forniti dalla parte interessata.
In ogni caso, non può gravare sull'amministrazione l'onere probatorio di appurare l'inesistenza di servitù o di altri vincoli reali che incidono, limitandola, sull'attitudine edificatoria dell'immobile, trattandosi di attività istruttoria eccessivamente difficile e lunga.

8. Peraltro, qualora sia acquisita la prova della esistenza di servitù di non edificare (totale o parziale), gravanti sull'immobile oggetto della richiesta di concessione edilizia, l'amministrazione ha l'obbligo di valutare tale elemento ai fini del diniego del provvedimento.
Infatti, la servitù costituisce un peso imposto al fondo che conforma, limitandolo, il diritto di proprietà del titolare, anche in relazione alla pretesa edificatoria vantata nei confronti della amministrazione.
Al contrario, in mancanza di adeguati elementi istruttori, ritualmente acquisiti nel corso del procedimento, la concessione edilizia è legittimamente rilasciata, ancorché sia accertata, successivamente, l'esistenza di vincoli gravanti sulla proprietà del concessionario.
In questo ambito si inserisce l'orientamento giurisprudenziale in forza del quale l'eventuale mancato rispetto di una servitù pattizia preesistente non è di per sé motivo d'illegittimità della concessione edilizia rilasciata per costruire sul fondo servente, in quanto il comune non è tenuto, in sede di esame delle relative domande di concessione, a ricercare d'ufficio, né ad opporre al richiedente la pattuizioni limitative della proprietà che costui o il suo dante causa abbiano concluso con i terzi, tant'è che la concessione stessa viene rilasciata sempre con la clausola di salvezza dei diritti di questi ultimi (Consiglio Stato,  sez. V, 8 aprile 1997, n. 329).
In tal modo, la Sezione ha esaminato una vicenda in certo modo speculare e simmetrica a quella oggetto del presente contenzioso, stabilendo che, in mancanza di elementi, l'amministrazione non ha l'obbligo di verificare l'inesistenza di diritti di servitú che limitino l'ampiezza del titolo di proprietà del richiedente. Pertanto, la concessione edilizia rilasciata in contrasto con i diritti dei terzi, non è di per sé illegittima, a meno che non sia accertato il contrasto con elementi istruttori acquisiti nel corso del procedimento.

9. Nel presente giudizio, invece, è in contestazione la legittimità non già di una concessione edilizia rilasciata, bensí del suo diniego, basato su precisi dati documentali e probatori emersi nel corso dell'istruttoria.
In tali ipotesi, l'accertata carenza degli elementi che dimostrino l'esistenza di un collegamento qualificato tra il richiedente ed il bene immobile oggetto della richiesta di concessione edilizia determina la legittimità del provvedimento di diniego.
Del resto, la Sezione ha chiarito che, ai sensi dell'art. 41, legge 28 gennaio 1977, n. 10 e art. 3, legge  prov. Bolzano 3 gennaio 1978, n. 1, la concessione edilizia può essere rilasciata soltanto al proprietario dell'area o a chi abbia altrimenti titolo per richiederla; di conseguenza, pur se il rilascio della concessione avviene salvi i diritti dei terzi, il comune è tenuto a verificare l'esistenza del titolo e - in mancanza di prova di quest'ultimo - legittimamente nega il rilascio della concessione (Consiglio Stato, sez. V, 3 settembre 1985 n. 279).

10. È appena il caso di osservare che la legittimità del diniego, correlato dall'accertamento di limitazioni del titolo di proprietà, emerge con particolare evidenza nell'ambito della Provincia e del comune di Bolzano, per due concorrenti ragioni.
a) Il sistema della intavolazione di diritti reali consente una rapida ed efficace verifica dell'assetto dei diritti reali insistenti sugli immobili oggetto del richiesto intervento edilizio. L'amministrazione, senza particolari appesantimenti dell'iter procedimentale, è in grado di verificare l'esistenza di limitazioni alla pretesa edificatoria dell'interessato, tenendo conto dell'efficacia costitutiva dell'iscrizione tavolare e della relativa cancellazione.
b) Il procedimento per il rilascio della concessione edilizia previsto dalla legislazione provinciale e dal regolamento comunale di Bolzano prevede una partecipazione qualificata dei "confinanti", i quali sono in grado di indicare tempestivamente tutte le ragioni ostative al rilascio della richiesta concessione edilizia, comprese quelle relative all'inidoneità del titolo di proprietà, limitato da diritti di servitú che incidono sulla attitudine edificatoria del suolo.
Ed è significativo che, nella concreta vicenda all'origine del presente giudizio, la determinazione negativa del comune di Bolzano non è dipesa da una autonoma decisione dell'amministrazione, ma dalla iniziativa assunta da alcuni dei proprietari confinanti con la proprietà del richiedente la concessione.

11. Contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, il concetto di disponibilità dell'area ai fini del rilascio della concessione edilizia, non è circoscritto alla dimostrazione della proprietà dell'immobile, ma indica l'esistenza di una situazione giuridica che abilita il titolare a sfruttare pienamente la potenzialità edificatoria dell'immobile. Pertanto, la disponibilità manca non solo quando il richiedente non è proprietario del terreno, ma anche nei casi in cui la proprietà è limitata da diritti reali di godimento che incidono proprio sulla possibilità di edificazione del suolo.

12. Sotto altro profilo, gli appellanti deducono che il progetto non segna alcun contrasto con la servitù altius non tollendi, in quanto non prevede alcuna elevazione dell'originario fabbricato, ma solo una sistemazione degli esistenti volumi tecnici.
La censura è infondata. Infatti, dalla documentazione allegata alla richiesta, risulta che il progetto comporta un apprezzabile mutamento della volumetria complessiva del fabbricato, realizzato attraverso l'ampliamento della sagoma esterna dell'edificio, ancorché senza alterazione dell'originaria altezza (che pure già superava i limiti stabiliti dalla servitù).
In tal modo, si mira a realizzare un risultato comunque contrastante con il diritto di servitù degli interessati.

13. Sotto altro profilo, gli appellanti sostengono il difetto di motivazione del diniego impugnato in primo grado.
La censura è infondata. La motivazione del provvedimento, seppure sintetica, individua in modo puntuale la ragione determinante del diniego, correlata all'asserito contrasto con il diritto di servitù gravante sull'immobile. E non rileva la mancata indicazione puntuale delle norme violate, attesa l'inequivocità del percorso argomentativo sviluppato dal Comune.

14. Gli appellanti deducono, ancora, che nessuna limitazione di carattere civilistico era opponibile alla richiesta di concessione edilizia, in quanto:

a) la servitù è stata cancellata nei confronti dei controinteressati H., S. e M. Z.;
b) il controinteressato M. ha dichiarato "di non avere alcuna lamentela da sollevare circa il nuovo edificio costruito";
c) altri proprietari del fondo dominante hanno acconsentito, in via transattiva, a far conservare all'immobile la sua attuale altezza.

Anche tale motivo è infondato. Intanto, le dichiarazioni di rinuncia alla servitù, non iscritte nei registri tavolari, non assumono valore sostanziale in ordine alla definizione dell'assetto dei diritti reali.
In secondo luogo, la transazione relativa alla conservazione dello stato di fatto (realizzato in violazione della servitù) non implica anche l'acquiescenza ad ulteriore attività edilizia che incide sull'immobile attraverso un significativo incremento della cubatura complessiva del fabbricato.
La accettazione consensuale delle maggiori altezze in precedenza realizzate sull'immobile è riferita ad una determinata volumetria e non può comportare la rinuncia definitiva alla servitù.
In terzo luogo, la rinuncia alla servitù non è stata compiuta da tutti i proprietari dei fondi dominanti.
In quarto luogo, la persistenza di un interesse al rispetto dei diritti di servitù è confermata dalla circostanza che le Signore M.B.S., D.M. ed H.O. hanno proposto appositi ricorsi all'Autorità tutoria, lamentando la lesione delle loro proprietà.

15. In definitiva, quindi, l'appello deve essere rigettato.

Le spese, come di regola, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l'appello;

condanna gli appellanti a rimborsare al comune di Bolzano le spese di lite, liquidandole in lire quattromilioni;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Cosí deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 marzo 2000, con l'intervento dei signori.

SALVATORE ROSA, Consigliere
STEFANO BACCARINI, Consigliere
KLANO DUBIS, Consigliere
CLAUDIO MARCHITIELLO, Consigliere
MARCO LIPARI, Consigliere Estensore