LAVORI PUBBLICI - 002 - PROGETTO IN DIFFORMITA'
Nuova strada – Tracciato difforme da quello previsto nel piano regolatore – Possibilità di approvazione del progetto – Condizioni
Tolleranza: nozione – Ricadente in zona di rispetto stradale – Insufficienza – Particolarità delle norme locali

QUESITO

Il comune ha fatto predisporre il progetto di una strada pubblica, con una larghezza di 10,5 metri ed uno sviluppo di 760 metri, prevista nelle planimetrie del P.R.G.

Il progetto, tenuto conto dell’assetto delle singole proprietà confinanti e della presenza di una costruzione esistente da decenni (e non rilevata sulle planimetrie del piano) prevede però un tracciato difforme rispetto alla previsione urbanistica; in particolare mentre l’imbocco ad est su via ... coincide con il tracciato di piano, l’asse si sposta man mano verso sud in modo che lo svincolo all’altra estremità si trova con l’asse spostato di circa 8 metri rispetto alla previsione; inoltre una curva intermedia è stata impostata in modo meno accentuato, tanto da far cadere anche in questo caso il tracciato in posizione diversa. Tutta la strada progettata ricade però all’interno della relativa zona di rispetto stradale. Le norme tecniche del piano regolatore, all’articolo che disciplina le zone di rispetto stradale, dispongono che, ferma restando la loro non edificabilità in esse possono trovare posto nuove strade, allargamenti di strade esistenti e altre attrezzature genericamente al servizio della circolazione stradale (quali marciapiedi, piste ciclabili, parcheggi di servizio).

Si deve inoltre precisare che il piano regolatore è stato definitivamente approvato nel 1999 e da allora non ha mai subito alcuna variante o revisione.

Si chiede se il progetto possa essere approvato ugualmente, senza variante al piano, visto che le difformità non sono sostanziali e quale importanza può assumere a questo scopo la disciplina che le nostre norme hanno impresso alla zona di rispetto.

Si allega schema planimetrico dell’intervento.

RISPOSTA

La risposta è affermativa, a determinate condizioni, ma non è una risposta alla quale si possa pervenire con linearità. Essa è resa complessa dalla maldestra confusione legislativa con l’inserimento di norme strettamente inerenti il rapporto "progetto – strumenti urbanistici" all’interno di disposizioni di programmazione finanziaria.

Infatti di fronte a disposizioni quali "Il programma di cui al comma 1 (dei lavori pubblici da eseguirsi nel triennio successivo – n.d.r.) predisposto dagli enti locali è redatto in conformità agli strumenti urbanistici previsti dalla legislazione vigente…" (articolo 14, comma 2, legge n. 109 del 1994), oppure "La relazione (previsionale e programmatica integrante il bilancio – n.d.r.) fornisce adeguati elementi che dimostrino la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con gli strumenti urbanistici, con particolare riferimento alla delibera di cui all'articolo 172, comma 1, lettera c), e relativi piani di attuazione e con i piani economico-finanziari di cui all'articolo 201" (articolo 170, comma 7, decreto legislativo n. 267 del 2000), la conclusione logica sarebbe quella che nessun progetto può essere programmato (e di conseguenza approvato) in difformità dal piano regolatore generale.

A parte l’insensatezza dell’obbligo di conformità imposto solo agli enti locali, che sono il dominus della pianificazione urbanistica, e non alle A.S.L. o all’ANAS o agli altri enti pubblici, che non hanno alcun potere i materia urbanistica, una lettura acritica delle norme citate (autorizzata dal loro tenore inequivocabile) non è possibile per almeno due motivi:

- esistono nell’ordinamento norme che consentono l’approvazione dei progetti di lavori pubblici in variante al piano regolatore generale, disciplinandone il procedimento (articolo 19 del d.P.R. n. 327 del 2001, articolo 38-bis della legge n. 109 del 1994, articolo 34, comma 5, decreto legislativo n. 267 del 2000, oltre a diverse norme regionali);
- l’applicazione letterale delle norme programmatiche citate all’inizio produrrebbe la seguente situazione assurda (e ridicola): al bilancio di previsione devono essere obbligatoriamente allegati la relazione previsionale e programmatica e il programma delle opere pubbliche, ai sensi degli articoli 170, comma 1 e 172, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 267 del 2000; questi documenti devono essere conformi agli strumenti urbanistici (si veda all’inizio); i progetti devono essere conformi alla relazione e ai programmi; conseguenza: in caso si vogliano realizzare progetti con qualche difformità rispetto al piano regolatore, il bilancio di previsione (con i relativi allegati) dev’essere preceduto dalla variante allo strumento urbanistico; conclusione: paralisi totale.

Ne deriva che l’approvazione di un progetto in difformità dallo strumento urbanistico è ancora possibile a condizione che se ne dia apertamente atto e che l’approvazione segua le procedure previste dalla legge. In sintesi qualora il progetto ricada in zona non prevista per servizi pubblici o a servizi pubblici incompatibili, ovvero ricada in zona prevista per servizi pubblici ma il cui vincolo è decaduto e divenuto inefficace per il trascorso del quinquennio (quindi in zona cosiddetta "bianca") il progetto può essere approvato, sempre con congrua motivazione, ma tale approvazione del progetto costituisce semplice adozione di variante urbanistica al piano regolatore; essa dev’essere poi approvata, secondo le modalità previste dalle norme derogatorie citate in precedenza.

Non è il caso di dilungarsi oltre sulla procedura di approvazione del progetto in variante al piano regolatore.

Passando al quesito specifico, è pertanto indubbio che il progetto, così come prospettato, dev’essere approvato secondo la procedura (ancorché semplificata) di variante al piano regolatore, preventiva all’attuazione del progetto. In primo luogo perché esso non coincide con il tracciato originario programmato in sede urbanistica (la difformità descritta pare evidente e non tollerabile, si veda oltre), in secondo luogo perché anche se il tracciato coincidesse, la decadenza del vincolo (avvenuta nel 1995, visto che il piano regolatore è stato approvato nel 1999) ha di fatto "cancellato" la strada dalle previsioni e al suo posto c’è una zona "bianca", urbanisticamente indefinita e senza destinazione (ovviamente è ininfluente che anche il tracciato stradale originario fosse "bianco"). Non ha alcuna influenza, a questo riguardo, che il nuovo tracciato ricada all’interno della fascia di rispetto originaria, in quanto la zona di rispetto non è gravata da vincolo di destinazione a servizi pubblici. Non ha caso "Anche i vincoli costituenti un indefettibile contenuto del PRG (strade) non esclude che le aree necessarie alla realizzazione della viabilità sono destinate ad essere acquisite mediante espropriazione e che di conseguenza anche la previsione delle vie di comunicazione rientri fra quei vincoli destinati a cadere, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 1187 del 1968, qualora non siano stati attuati, entro cinque anni dalla data di approvazione del piano" (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 1996, n. 124). E ancora "Richiede il progetto di variante urbanistica ... la modifica del tracciato stradale, che comporti lo spostamento della carreggiata su terreni già inclusi nelle fasce di rispetto ... " (Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 luglio 1992, n. 688).

La risposta conclusiva che precede assorbe e rende ininfluenti le ulteriori considerazioni fatte nel quesito, cioè la qualifica di "non sostanziali" attribuita alle difformità e l’importanza della particolare disciplina impressa dalla norma locale alle zone di rispetto stradale. Tuttavia l’esame di queste ultime riveste un indubbio interesse generale, e si prova ad affrontarle con la "finzione" (strumentale) che il vincolo espropriativo stradale non sia decaduto.

Aver definito le difformità del progetto rispetto allo strumento urbanistico come non sostanziali, ha un certo pregio. L’approssimazione dei segni grafici sugli elaborati del piano regolatore qualche volta giustifica un simile argomento: uno spessore di linea di 1 mm, su una tavola in scala 1: 5.000 o in scala 1: 2.000, corrisponde ad una sezione rispettivamente di 5 e 2 metri; la riproduzione meccanica di un elaborato a sua volta non originale, porta ad errori dell’ordine dell’1 o 2 % in termini lineari; le linee tracciate sulle mappe catastali, una volta trasposte sul terreno reale del progetto, restituiscono un’attendibilità molto scarsa. Inoltre, spesso, gli scarti tra il progetto dell’opera e le previsioni del piano più che difformità sono semplici adattamenti e specificazioni in sede esecutiva, di una programmazione che per sua natura non può che essere indicativa e di una certa genericità. Ne consegue che la rilevanza delle difformità "dev’essere valutata in concreto, in rapporto alle dimensioni complessive dell’opera ed alla sua collocazione ambientale. Verosimilmente, se si trattasse di un grande tronco autostradale da realizzare in zone disabitate, differenze di pochi metri potrebbero venire giudicate irrilevanti. Ma nel caso … di una strada secondaria che s’insinua fra case di abitazione … andando ad occupare le loro modeste aree pertinenziali; in tale situazione, è intuitivo che anche uno spostamento di pochi metri può incidere in modo rilevante sugli interessi legittimi dei cittadini …"; le parole del giudice amministrativo (Consiglio di Stato, Sez. IV, cit.), con i due esempi estremi, rendono bene l’idea. Dalla descrizione fornita nel quesito e dall’allegato disegno, non pare proprio che le difformità possano avere quel grado di tolleranza che, sulla base dei criteri esposti, potrebbe sottrarle alla necessità di variante.

Più arduo il problema della disciplina locale.

Bisogna premettere che la zona di rispetto stradale ha finalità totalmente diverse da quelle della zona effettivamente gravata dal vincolo di previsione a sede stradale, quantomeno perché, seppure ambedue non edificabili, la prima zona non è soggetta ad espropriazione (trattandosi di un cosiddetto vincolo connaturale alla proprietà, tanto che, a differenza del secondo, non pare nemmeno soggetto a decadenza per trascorso quinquennio, secondo un’interpretazione a prima vista opinabile ma che ha una sua logica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 19 settembre 12991, n. 1171).

Queste finalità sono essenzialmente quelle della tutela del traffico e della circolazione (giurisprudenza costante), solo in via incidentale la loro finalità è quella di rendere possibile l’allargamento stradale. Infatti se tale allargamento fosse il vero e programmato intendimento dell’amministrazione titolare del piano, esso andrebbe previsto come sede stradale vera e propria (con le conseguenti risultanze grafiche) e non già come semplice zona di rispetto.

Certamente chi ha posto il quesito vuole prospettare la seguente soluzione: se la disciplina locale (norme tecniche di attuazione del piano regolatore) consente che nella fascia di rispetto stradale siano realizzati allargamenti delle carreggiate, marciapiedi, piste ciclabili e parcheggi di servizio, ne deriva che ogni intervento che si ponga nell’alveo di queste destinazioni specifiche, può essere ammesso senza alcuna variante, essendo previsto (o quantomeno tollerato) dalla norma. Ora non è dato sapere quale sia il tenore preciso della norma invocata. Tra una norma che recita: "Le sedi stradali previste nelle planimetrie del P.R.G. sono indicative; la definizione esatta delle previsioni viabilistiche è rinviata ai progetti esecutivi. All’interno delle fasce di rispetto stradale possono essere realizzate nuove sedi stradali, allargamenti di quelle esistenti, marciapiedi, piste ciclabili e parcheggi. Questi interventi non costituiscono variante alle prescrizioni di piano" e, all’opposto, il silenzio assoluto, c’è abbastanza spazio per formule intermedie le più fantasiose possibili.

Una norma come quella citata ad esempio è di dubbia legittimità per la sua indeterminatezza, sia perché il proprietario di un’area inserita nella fascia di rispetto non è in grado di sapere (fino al progetto esecutivo) se essa è destinata all’espropriazione o più semplicemente alla inedificabilità; sia perché l’amministrazione non può precostituirsi un quadro giuridico tanto impreciso da consentirle, successivamente, scelte discrezionali in una sede diversa e più ristretta rispetto a quella tipica, sottraendosi alle garanzie procedurali proprie delle scelte urbanistiche, violando altresì il principio del giusto procedimento. Si tenga presente che lo spostamento della carreggiata comporta "automaticamente" lo spostamento della fascia di rispetto, imprimendo nuovi vincoli a proprietà "incolpevoli" che non possono essere imposti con la semplice approvazione del progetto senza le garanzie del procedimento di variante urbanistica.

Tuttavia, seppure illegittima, la stessa norma sarebbe efficace e indicherebbe la strada percorribile: la conformità del progetto in quanto "indirettamente" attribuita, in senso lato, dalla norma scritta. A tale scopo però sono necessarie tre condizioni:

a) una preventiva: che il nuovo tracciato stradale di progetto e "difforme" abbia una connessione oggettiva fisica e sostanziale con la strada inizialmente prevista (e abbandonata) dal piano regolatore a tutela della quale la fascia di rispetto era stata istituita; (dov’era prevista una fascia di rispetto stradale ci sarà pure stata una strada, a meno che l’estensore del piano fosse in stato di ebbrezza);
b) una contingente: che la predetta fascia di rispetto contenga interamente il nuovo tracciato stradale previsto dal progetto, sovrapponendosi ad esso;
c) una conseguente: che l’atto di approvazione del progetto effettuata a prescindere dalla variante divenga inoppugnabile; cioè non venga sollevata nei termini obiezione in ordine alla sua legittimità, davanti al giudice amministrativo (insieme, necessariamente, alla norma del piano regolatore che ha costituito il presupposto per l’omesso ricorso alla variante); per attenuare tale rischio è altamente consigliato notificare tempestivamente ai proprietari coinvolti per la prima volta nell'area di rispetto le intenzioni dell'amministrazione e i provvedimenti conclusivi.

In ogni altro caso, cioè qualora la norma locale sia espressa con altre e più generiche formulazioni, come sembra sia quella posta all’origine del quesito, queste non possono essere considerate nulla più che descrizioni programmatiche ed indicazioni generiche senza valenza puntuale, quindi inidonee a sottrarre l’approvazione del progetto alla necessità di una variante urbanistica.

Nella fattispecie del quesito quindi, il progetto così come illustrato, non solo necessita di approvazione di variante come affermato all’inizio, ma non potrebbe prescindere tale variante nemmeno se, per pura ipotesi, il vincolo espropriativo fosse ancora valido ed efficace.