EDILIZIA - 004 - PIANO REGOLATORE
Zona "bianca" o non pianificata – Omessa indicazione di previsioni urbanistiche – Permesso di costruire per insediamenti produttivi – Ammissibilità – Condizioni – Normativa applicabile

QUESITO

Questo comune è dotato di uno strumento urbanistico vigente da alcuni anni. Recentemente è stato rilevato che una parte marginale del territorio comunale (peraltro con un’estensione di alcuni ettari) non è indicata materialmente su alcuna delle planimetrie che compongono lo stesso piano, in pratica tale zona è stata "dimenticata". La sua ubicazione (lembo estremo diviso dalla restante parte del territorio comunale da una strada provinciale e da una roggia) le conferisce una vocazione inequivocabilmente agricola, come per il territorio confinante.

Recentemente un soggetto ha richiesto il permesso di costruire per la realizzazione di un edificio produttivo agricolo su terreni di sua proprietà ricadenti nella predetta zona.

Il quesito è il seguente:

1) è possibile rilasciare tale permesso di costruire o bisogna attendere che il comune "estenda" le previsioni del Piano Regolatore anche su tale zona?
2) è corretto considerare tale zona come "E – Agricola" attribuendole la destinazione prevista dal P.R.G. vigente per la zona confinante, oppure far rivivere, sul punto, la stessa previsione del Programma di Fabbricazione precedente al P.R.G., tenendo conto della inequivocabile vocazione agricola della zona?
3) è necessario che il richiedente possieda i requisiti soggettivi previsti dall’articolo 60 della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, per poter ottenere il permesso di costruire?
4) qualora si possa rilasciare il permesso di costruire richiesto, questo dev’essere gratuito e a tale proposito in quale rapporto si pone rispetto all’articolo 17, comma 3, lettera a), del d.P.R. n. 380 del 2001?

RISPOSTA

1. Il comune ha l’obbligo di pianificare l’intero territorio comunale (articolo 7 della legge n. 1150 del 1942, come sostituito dall’articolo 1 della legge n. 1187 del 1968) per cui, se per qualsiasi motivo (nel nostro caso una dimenticanza, ma potrebbe essere anche la decadenza di un vincolo espropriativo per decorso del quinquennio ai sensi dell’articolo 2 della citata legge n. 1187 del 1968) una parte del territorio comunale si trovi a non avere alcuna destinazione, corre l’obbligo per lo stesso comune di provvedere ad una variante allo strumento urbanistico (che in realtà sarebbe un’integrazione) in modo da determinare quali norme di pianificazione siano attribuite alla zona non pianificata. Tale obbligo non ha termini precisi anche se i principi di imparzialità e buona amministrazione gli attribuiscono carattere di tempestività, confermato, anche se spesso blandamente, dalla giurisprudenza amministrativa. Tuttavia tale area "bianca" (termine convenzionale usato in passato, erroneamente, per indicare le zone agricole, che deve invece indicare le zone "non pianificate") non può essere considerata giuridicamente inesistente: essa è infatti soggetta alla disciplina prevista dalla legge per i territori comunali sprovvisti di strumento urbanistico.

La disciplina applicabile risulta quella prevista dall’articolo 9, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, la quale consente la costruzione di edifici o di complessi produttivi (e non c’è ragione di ritenere che un edificio agricolo produttivo non rientri nella fattispecie) purché con superficie coperta non superiore a un decimo dell’area di proprietà; non sono indicati altri parametri quali volumi, altezze o distanze (per queste ultime trova quindi applicazione il regolamento edilizio o, se assente, il codice civile, ferme restando tutte le norme di settore quali ad esempio il regolamento locale di igiene).

Pertanto se la richiesta di permesso di costruire riguarda un edificio produttivo (ancorché agricolo) che rispetta la disciplina sopra citata, essa deve essere accolta.

Per le costruzioni diverse da quelle produttive si pongono problemi diversi per i quali si rinvia alle norme relative.

Non risultano precedenti giurisprudenziali sul punto specifico, relativo all’omissione, per "disattenzione", della pianificazione di una parte determinata del territorio comunale, tuttavia è nota la copiosa giurisprudenza, pressoché univoca e costante, espressa in tal senso in relazione alle zone "bianche" divenute tali per decadenza dei vincoli quinquennali; se a questi casi tante volte affrontati dal giudice amministrativo (con riferimento alle pronunce fondamentali del Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, n. 7 del 2 aprile 1984, n. 10 del 30 aprile 1984 e n. 12 dell’11 giugno 1984) è applicabile la disciplina prevista per i territori non pianificati, non c’è ragione di ritenere che la soluzione possa essere diversa per il caso in discussione (per tutte, Consiglio di Stato, Sez. V, 9 dicembre 1996, n. 1486).

2. E’ del tutto arbitrario attribuire alla zona non pianificata una destinazione qualsiasi, anche se appare più che ragionevole sotto il profilo della tecnica urbanistica immaginare per la zona una destinazione agricola, vista la sua intrinseca vocazione, la sua ubicazione marginale e la sua completa integrazione nel contesto agricolo; questo in ragione del fatto che gli organi che hanno la competenza esclusiva in materia (nel caso il Consiglio comunale) non hanno mai manifestato la loro volontà sul punto, volontà che non può essere sostituita da decisioni di altri soggetti.

Nemmeno è possibile applicare la normativa prevista dal precedente Programma di Fabbricazione; malgrado la polemica, in dottrina, sull’istituto della "reviviscenza" degli strumenti urbanistici superati nel caso vengano meno i vincoli imposti dai piani successivi, nel caso specifico non si può nemmeno affermare con che si tratti di reviviscenza delle norme decadute (visto che sulla zona in questione non sono mai intervenute norme nuove). Con l’avvento del nuovo P.R.G., che ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 1150 del 1942 doveva considerare la totalità del territorio comunale, il precedente strumento urbanistico ha cessato di avere qualunque efficacia, esso potrebbe essere richiamato in vita solo dall’annullamento (quindi dall’espulsione dal mondo giuridico con effetti ex tunc) del Piano Regolatore che lo ha sostituito.

3. Appunto perché l’area in oggetto non è agricola, non sono applicabili le norme operative dell'articolo 60 della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, il cui ambito è limitatoalle "aree destinate all'agricoltura"; tale affermazione, unita alla già indicata possibilità di effettuare interventi edilizi non legati all’agricoltura, consente di escludere che per ottenere il permesso di costruire siano necessari i requisiti soggettivi di cui alla citata norma regionale.

4. Il permesso di costruire è gratuito se rientra in uno dei casi previsti dall’articolo 17, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001; se la costruzione richiesta è di tipo produttivo agricolo, la gratuità spetta qualora il richiedente sia un imprenditore agricolo professionale. Si potrebbe obiettare che anche tale ultima norma è riferita letteralmente alle "opere da realizzare nelle zone agricole" e invocare l’onerosità dell’intervento visto che nel nostro caso non siamo formalmente in zona agricola; tuttavia la gratuità spetta ugualmente per almeno due motivi:

a) la zona non è definita come agricola ma nemmeno è definibile come zona diversa da quella agricola (a causa della mancanza di qualsiasi pianificazione); essendo pacifico che l’evidente negligenza immotivata della pubblica amministrazione non può essere usata come ostacolo per l’attività del cittadino, quest’ultimo è tenuto al rispetto dei requisiti del citato articolo 17, comma 3, lettera a). del d.P.R. n. 380 del 2001, limitatamente alle possibilità che gli sono offerte dall’ordinamento; in altre parole, non è legittimamente possibile chiedere il rispetto di requisiti e presupposti che mancano per cause imputabili esclusivamente all’attività (o meglio, all’inattività) del comune;
b) per le opere agricole (anche a prescindere dalle ipotesi di gratuità) non si rinviene, nell’attuale ordinamento statale o regionale (o almeno in quello vigente nella regione Lombardia), la possibilità pratica di calcolare il contributo di costruzione mancando qualunque riferimento, tariffa o parametro.