AFFARI ISTITUZIONALI -001

PARERE TECNICO
Il parere di regolarità tecnica sulle deliberazioni dopo la soppressione dei controlli preventivi di legittimità del Segretario e dell’organo regionale

(Art. 53 della legge n. 142 del 1990 dopo la riforma Bassanini-due)

Con l’abrogazione degli articoli 45, 46 e 48 della legge n. 142 del 1990 (ad opera dell’articolo 17, comma 31, della legge n. 127 del 1997) sono sostanzialmente soppressi i controlli preventivi di legittimità da parte degli organi regionali di cui all’articolo 130 della Costituzione. In forza dello stesso articolo 17, commi da 34 a 46, sono individuati gli atti per i quali è mantenuto in vita il controllo e ne sono disciplinate le relative modalità.

In breve, restano assoggettati al controllo di legittimità da parte dell’organo regionale le deliberazioni che concernono:

- lo statuto dell’ente;
- i regolamenti di competenza del consiglio comunale (esclusi quelli attinenti l’autonomia organizzativa e contabile);
- i bilanci annuali e pluriennali (e le relative variazioni);
- il rendiconto di gestione.

Sono altresì soggette a controllo le deliberazioni che la giunta, di propria iniziativa, intende sottoporre all’esame di legittimità da parte dell’organo regionale. Sono infine soggette a controllo, limitatamente alle illegittimità denunciate (quindi con l’impossibilità da parte dell’organo di controllo di censurare illegittimità non rilevate dai richiedenti), qualora ne faccia richiesta scritta un certo numero di consiglieri comunali (un quarto nei comuni con più di 15.000 abitanti, un quinto negli altri comuni), le deliberazioni aventi ad oggetto:

- appalti (di lavori) e affidamenti di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario (5 milioni di Ecu, pari a 9.927.175.000 Lire, per i lavori pubblici e 200.000 Ecu, pari a 397.087.000 Lire, per i servizi e le forniture); è facile prevedere che in pratica nessuno di questi casi si verifica nei comuni minori;

- assunzioni di personale, piante organiche e relative variazioni.

Peraltro il controllo su queste ultime deliberazioni è affidato all’organo regionale solo qualora non sia stato istituito il difensore civico, in caso contrario il controllo è esercitato da quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 17, comma 39, delle legge n. 127 del 1997.

Lo stesso articolo 17 è fonte inoltre delle seguenti innovazioni:

- col comma 85 è soppresso il parere di legittimità del segretario sulle deliberazioni (articolo 53, comma 1, legge n. 142 del 1990) e, di conseguenza, sulle determinazioni concernenti gli impegni di spesa (articolo 27, comma 9, decreto legislativo n. 77 del 1995), dove peraltro il parere è stato soppresso anche per effetto dell’articolo 9, comma 6, della stessa legge n. 127 del 1997;

- col comma 86 sono abrogati l’articolo 52 e il comma 4 dell’articolo 53 della legge n. 142 del 1990; col primo è soppressa la disposizione secondo la quale il segretario "cura l’attuazione dei provvedimenti, è responsabile dell’istruttoria delle deliberazioni, provvede ai relativi atti esecutivi" (in realtà l’articolo abrogato prevedeva anche altre competenze che sono però in qualche modo reintrodotte dal comma 68 del citato articolo 17); col secondo è soppressa la disposizione secondo la quale "I segretari comunali e provinciali sono responsabili degli atti e delle procedure attuative delle deliberazioni … unitamente al funzionario preposto".

Certo si ha l’impressione che il legislatore abbia cercato di eliminare il medico invece di curare la malattia, sperando che in questo modo più nessuno si accorga che il paziente è sofferente. Anche se, continuando nella metafora, non si può sottacere che alcuni medici si comportassero come certi cerusici o alchimisti del medioevo.

Il richiamo sintetico alla modifica in senso fortemente riduttivo del sistema dei controlli serve per introdurre alcune considerazioni sulla posizione dei responsabili dei servizi, in primo luogo dell’ufficio tecnico, di fronte a questa novità.

Tutti i politici sono stati colti, sul punto, da profondi sospiri di sollievo, scorgendo una sorta di "liberazione" da quelli che erano considerati vincoli ad una spedita, qualche volta disinvolta, azione amministrativa, che portavano a vedere i controlli con fastidio o con avversione; certamente spesso portavano ad un confronto non costruttivo con i titolari dei controlli e all’applicazione pignola di una qualche norma ostativa in contrasto con l’atto che, magari forzandone l’interpretazione, si poteva sempre rinvenire in un angolo dell’ordinamento o in qualche commento pubblicato sulla stampa.

I responsabili degli uffici tecnici sono stati invece colti da un duplice e contrastante sentimento:

- da un lato hanno condiviso l’atteggiamento favorevole dei politici, almeno in un primo momento, memori di quando dovevano assumersi la paternità di presunti errori "tecnici" quando le deliberazioni che essi predisponevano incontravano l’ostacolo del parere di legittimità del segretario (o dovevano intavolare con questi una sorta di "mediazione" sulle diverse interpretazioni) oppure erano colpite da un’ordinanza dell’organo regionale di controllo;

- dall’altro lato si è fatta strada la preoccupazione per il venire meno di una serie di filtri che qualche volta servivano da alibi al responsabile; infatti egli poteva lasciarsi convincere nell’avallare, col proprio parere tecnico, provvedimenti sui quali aveva dei dubbi di regolarità pur di evitare scontri o dissapori con gli altri organi dell’ente, confidando che l’atto, del quale sospettava un’irregolarità che non voleva formalizzare, non avrebbe avuto effetti in quanto sarebbe stato ostacolato dal parere del segretario o, come ultima barriera, dal controllo di legittimità; controlli che in questi casi erano visti con favore e auspicio.

Tralasciamo il primo sentimento, per alcuni versi comprensibile ma che naturalmente non è il caso di commentare.

Il secondo stato d’animo ha alimentato una certa inquietudine che si è tradotta in una serie di interrogativi. Le prime domande che sono emerse tra i responsabili dei servizi, rimasti titolari del parere di regolarità tecnica sulle deliberazioni, sono state:

1)- chi garantisce la legittimità della deliberazione?
2)- nell’ambito dell’espressione del parere di regolarità tecnica sono da evidenziarsi eventuali cause di illegittimità?
3)- quali sono le responsabilità per una deliberazione illegittima per motivi diversi da quelli che sono nelle competenze tecniche del servizio?
4)- c’è un coinvolgimento maggiore per il responsabile, ora che viene a mancare il parere del segretario comunale?

La questione è estremamente delicata, tuttavia bisogna fare subito alcune importanti considerazioni, che potrebbero sfuggire e non consentire appieno la comprensione delle conseguenze della soppressione dei controlli:

- nemmeno prima il parere di legittimità del segretario era sicuramente espresso sul provvedimento, infatti il parere ineriva alla "proposta di delibera" e non già alla deliberazione definitiva, la quale, se mutata durante il dibattito all’interno dell’organo collegiale, poteva venire a trovarsi in tutto o in parte "scoperta" dal parere di legittimità e quindi soggetta al solo controllo esterno da parte dell’organo regionale. Inutile qui richiamare la polemica sulla necessità o meno, in questo caso, di un nuovo parere di legittimità (non richiesto dalla legge) o sulle modalità per far risultare dal parere medesimo, inserito nella deliberazione, che esso era stato espresso su una proposta più o meno diversa da quella poi effettivamente adottata;

- il controllo preventivo di legittimità da parte dell’organo regionale era già soppresso per la maggior parte delle deliberazioni della Giunta comunale; non solo, ma è interessante che il controllo a richiesta di un certo numero di consiglieri, ai sensi dell’articolo 45 della legge n. 142 del 1990 (ora abrogato ma riproposto dall’articolo 17, commi 38 e 39, della legge n. 127 del 1997), era esercitato "nei limiti delle illegittimità denunciate" per cui l’organo di controllo (o, adesso, il difensore civico), di fronte al proprio autonomo rilievo di una illegittimità non espressamente denunciata, non aveva alcun potere di annullamento, con la conseguenza che l’atto viziato continuava a vivere, diventava esecutivo e svolgeva i suoi effetti, salvo il suo annullamento in sede giurisdizionale o di autotutela.

- prima dell’avvento della legge n. 142 del 1990 non esisteva il parere di legittimità del segretario comunale eppure le deliberazioni, ci pare, si approvavano ugualmente.

Queste considerazioni ci consentono ora di rispondere, almeno in via approssimativa, alle domande poste in precedenza.

1)- La legittimità della deliberazione non è garantita da nessuno, l’atto dev’essere legittimo di per sé, in osservanza dei principi generali; come le deliberazioni prima della riforma del 1990 dovevano essere legittime anche in assenza del parere del segretario comunale, o in presenza del suo parere fino alla nuova riforma, così anche oggi e nel futuro devono continuare ad esserlo, indipendentemente dall’eliminazione della formalità del parere. Il legislatore nell’esercizio del proprio potere sovrano ha ritenuto di sopprimere tale istituto, ma la deliberazione, come del resto tutti i provvedimenti sul quale il parere formale di legittimità non è mai esistito, continua a dover rispettare i principi di legalità; al di là del comprensibile sconcerto iniziale, non si vede alcuna stranezza.

2)- Per rispondere compiutamente alla seconda domanda bisognerebbe riaprire la polemica sul contenuto e sulla natura del parere di regolarità tecnica e sulla sua differenza rispetto al parere di legittimità e non è questa la sede; tuttavia, per semplificare e per non ingenerare equivoci terminologici, è accertato che il parere di regolarità tecnica comprende anche la verifica del rispetto di tutte le norme tecniche e, se ci riferiamo al responsabile del servizio tecnico (questa volta nel senso proprio dell’ufficio tecnico), di tutte le norme di carattere edilizio, urbanistico, contrattuale, degli appalti ecc. sia di legge che di regolamento, per cui sotto questo profilo anche il parere di regolarità tecnica era ed è, per molti versi, un parere di legittimità (la violazione di una norma del regolamento edilizio è giuridicamente un vizio di legittimità). Le nuove disposizioni si sono limitate a sopprimere il parere di legittimità del segretario, non ne hanno trasferito la competenza al responsabile del servizio tecnico, questo dev’essere chiaro; le competenze di quest’ultimo, sul punto, sono assolutamente immutate; di conseguenza, restando in essere senza modifiche il parere di regolarità tecnica, il responsabile continua ad esprimersi come prima anche sotto il profilo della legittimità solo nel senso prima esposto, limitatamente alle proprie competenze, esattamente come in precedenza. Qualora rilevi un vizio di illegittimità per motivi diversi da quelli che rientrano nelle sue competenze ha un "dovere morale" di evidenziarlo, ispirato dalla buona condotta, dal generico interesse alla conservazione dell’atto, ma non ne ha un obbligo che se disatteso viene sanzionato; egli non potrà rifiutare il parere di regolarità tecnica, o esprimerlo in senso negativo, per il solo fatto di aver rilevato illegittimità procedurali o sostanziali che esulano dal suo ufficio (ad esempio non potrà invocare l’incompetenza della Giunta piuttosto che del Consiglio, davanti ad una proposta di deliberazione "tecnicamente" regolare).

3)- Alla luce di quanto detto al punto precedente sembra agevole rispondere anche alla terza domanda: il responsabile del servizio tecnico non può essere considerato responsabile dell’illegittimità della deliberazione se il vizio non inerisce al parere di regolarità tecnica. Non bisogna dimenticare che l’articolo 53, comma 1, della legge n. 142 del 1990, recita "in ordine alla sola regolarità tecnica e contabile, rispettivamente del responsabile del servizio interessato e del responsabile del servizio di ragioneria"; ora la parola "sola" segna i confini del parere, sia nel senso di non consentirgli di espandersi sull’opportunità o sul merito, sia nel senso di non debordare oltre il perimetro delle competenze proprie di settore; come il responsabile del servizio di ragioneria non è chiamato a rispondere di un’evidente violazione del piano regolatore da parte di una deliberazione di approvazione di un progetto (eppure potrebbe averne motivo, visto che la conformità urbanistica è prevista anche dalla legge contabile), e ciò è comunemente percepito e accettato, così il responsabile del servizio tecnico non può essere chiamato a rispondere per fatti che non gli sono propri.

4)- Quanto ad un maggior coinvolgimento del responsabile del servizio, mancando il parere del segretario comunale e il controllo preventivo esterno di legittimità, la risposta è affermativa. Ma non perché sia cambiato qualcosa (abbiamo visto che sul punto la legge è immutata), bensì perché nella sostanza è venuto meno lo schermo degli altri controlli. Il responsabile del servizio tecnico non può più nascondere le proprie incertezze dietro le classiche frasi che abbiamo tante volte sentito in questi anni, del tipo: "Va bene, io do il parere positivo, tanto poi ci pensano il segretario o il Coreco a bloccare tutto", oppure, al contrario, dopo un annullamento giurisdizionale o una volta emerso un guaio: "Eppure anche il segretario ed il Coreco hanno detto che la deliberazione andava bene". Si potrebbe dire che le responsabilità sono le stesse, soltanto non ci sono più alibi perché non vengano assunte.

Resta infine immutato il comma 4 dell’articolo 51, che recita: "I dirigenti sono direttamente responsabili, in relazione agli obiettivi dell’ente, della correttezza amministrativa e dell’efficienza di gestione"; non pare che la disposizione, almeno alla lettera, possa essere estesa ai responsabili dei servizi chiamati a svolgere le funzioni dirigenziali di cui al comma 3; tuttavia se gli stessi dirigenti sono responsabili della correttezza e non già della legittimità (due aspetti che non coincidono, anche se come si è visto hanno aree di sovrapposizione), anche i responsabili dei servizi non possono che veder circoscritta la propria competenza.

Per le determinazioni, introdotte dall’articolo 27, comma 9, del decreto legislativo n. 77 del 1995, si è già conclusa la breve stagione del parere tecnico. Per questi atti la norma citata prevedeva l’espressione del parere preventivo di regolarità tecnica e contabile, del parere di legittimità e dell’attestazione di copertura finanziaria. Soppresso il parere di legittimità con la modifica dell’articolo 53, comma 1, della legge n. 142 del 1990, scompaiono anche i pareri di regolarità tecnica e contabile, restando in essere solo l’attestazione di cui all’articolo 55, comma 5, della stessa legge, a sua volta modificato; ma sulla questione torneremo trattando degli atti dell’ufficio tecnico.

Qui si vuole solo dire che come per le deliberazioni, anche le determinazioni devono essere assistite dalla legittimità; anzi, per queste ultime deve essere assicurata anche la "regolarità tecnica" pur se il relativo parere non è più richiesto.

Certo tutto l’impianto normativo risente del comportamento schizofrenico del legislatore, emerso anche in altre occasioni, il quale dopo aver visto che i controlli non funzionavano molto bene (e in effetti sulla loro efficacia i dubbi erano legittimi), invece di preoccuparsi di farli funzionare, li ha cancellati.

In conclusione, la deliberazione diventa esecutiva ed efficace pur essendo illegittima, non può essere disapplicata, svolge i suoi effetti normalmente e deve essere eseguita dagli organi dell’amministrazione e da coloro nei confronti dei quali è rivolta.

Resta sempre il rimedio dell’autotutela (istituto scarsamente praticato), nel senso che il collegio deliberante ha la possibilità di annullare il proprio atto riconosciuto come illegittimo, ovvero di sanarne l’illegittimità; certo che se la causa dell’illegittimità era nota a priori o addirittura volontaria (senza considerare le implicazioni di ordine diverso), oppure si trattava di eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento, sarà ben difficile che l’organo collegiale torni sui suoi passi, anche se sollecitato.

Resta infine come ultimo baluardo, insopprimibile con legge ordinaria essendo garantito dagli articoli 24, primo comma, e 113 della Costituzione, la possibilità di impugnare la deliberazione viziata davanti alla giustizia amministrativa da parte di chi ne abbia interesse; certamente non è una grande consolazione, in quanto il rimedio giurisdizionale resta eccezionale, è soggetto ai termini di decadenza e non sempre è individuabile con precisione l’interesse a ricorrere.

Caso a parte qualora sia messa in atto la formazione di provvedimenti illeciti, ma anche qui non è cambiato nulla, le considerazioni che seguono sono a puro titolo di completezza dell’argomento. L’atto nullo non esiste, è estraneo al mondo giuridico, non può avere esecuzione ed i suoi eventuali effetti, causati dalla possibile presunzione di esistenza dell’atto, sono nulli a loro volta.

Le responsabilità derivanti da una deliberazione nulla (quasi una contraddizione in termini, perché in caso di nullità il provvedimento non si forma) sono quelle che ineriscono non all’atto ma ai comportamenti, attivi od omissivi, che sono alla base della nullità, o alle azioni od omissioni che hanno condizionato tali comportamenti, e che di norma sono riconducibili alla patologia e perseguibili penalmente. E’ pacifico che, in tal caso, il responsabile del servizio pur chiamato all’espressione del solo parere di regolarità tecnica, non può esimersi dal far rilevare le cause di nullità dell’atto per illiceità e, in presenza di fattispecie penalmente censurabili, non può sottrarsi all’obbligo di denuncia ai sensi delle ordinarie norme di procedura penale; anche qui nulla è cambiato.