LAVORI PUBBLICI - 005

Anche il Consiglio di Stato supera il principio della non disapplicabilità della clausola posta dal bando a pena di esclusione

Studio Lino Bellagamba in Jesi
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La precedente giurisprudenza.

Corollario del principio di “concorrenzialità” è quello del favor ([1]). La violazione delle prescrizioni di bando o di lettera di invito, relative alle modalità della gara d’appalto, implicherebbe l'esclusione del concorrente dalla gara. Però, nel dubbio interpretativo, deve prevalere la tesi più favorevole all'ammissione del concorrente, dal momento che è interesse dell'Amministrazione conseguire la più ampia partecipazione possibile.

Occorre puntualizzare che non tutte le inosservanze alle prescrizioni del bando o della lettera di invito legittimano l'Amministrazione aggiudicatrice ad operare l'esclusione del concorrente dalla gara.

Soltanto se è posta la clausola: "a pena d'esclusione", il rispetto della discrezionalità amministrativa da una parte, dell'imparzialità dall'altra, non consentirebbero margini interpretativi. In realtà, questo classico principio della gara d’appalto è oggi da considerarsi superato, alla luce del diminuito potere discrezionale della p.a.

Esemplare, a tal ultimo proposito, la seguente sentenza:

Costituisce un principio importante per valutare l’ammissibilità delle offerte per l’aggiudicazione di un appalto pubblico quello dell’inderogabilità delle prescrizioni del bando di gara che, in quanto legge speciale della procedura, può introdurre alcune prescrizioni particolari di natura formale a pena di esclusione, laddove le stesse e la loro necessaria osservanza corrispondano a precise esigenze per l’amministrazione, fra cui quella di assicurare la par condicio fra i concorrenti oltre alla segretezza e la trasparenza della procedura.
È, tuttavia, altrettanto pacifico che il rigore formalistico contenuto nelle prescrizioni del bando, da osservare a pena d’esclusione, deve in ogni caso essere rapportato ai principi di ragionevolezza nonché a quelli di libera e ampia partecipazione alle pubbliche gare, nonché all’esigenza di non aggravare inutilmente il procedimento concorsuale in assenza di specifiche esigenze manifestate dall’amministrazione.
Laddove non sia riscontrabile un’esigenza dell’amministrazione che giustifichi l’imposizione di una formalità a pena di non ammissione, la stessa è illegittima. In tal caso, nel rispetto del principio della strumentalità delle forme e della più ampia partecipazione, il mancato rispetto di una formalità si risolve in una mera irregolarità
” (T.A.R. Lombardia, Milano, III, 21 ottobre 1997, n. 1826, in Italia Oggi, 18 febbraio 1998, 29, a cura di Ugo Di Benedetto).

E ancora:

Il rigore formalistico espresso nelle prescrizioni del bando di gara per l’appalto di opera pubblica, da osservare a pena di esclusione, deve in ogni caso essere rapportato ai principi di ragionevolezza e a quelli di libera e ampia partecipazione, nonché alla necessità di non aggravare inutilmente il procedimento concorsuale, quantomeno in assenza di specifiche esigenze manifestate dall’amministrazione in funzione dell’interesse pubblico perseguito” (T.A.R. Piemonte, 13 novembre 1999, n. 564, in Italia Oggi, 30 novembre 1999, 34, Giambattista Rizza).

E' illegittimo l’operato di una commissione di gara, la quale ha interpretato una clausola contenuta in una lettera d’invito (concernente le modalità di presentazione delle offerte) in contrasto con il divieto di aggravamento del procedimento amministrativo di cui all’art. 1, 2° comma della legge 7.8.1990, n. 241 ed in modo ingiustamente restrittivo delle ragioni delle imprese e nel contempo in modo da rendere la clausola priva di concreta utilità per l’Amministrazione (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto illegittimo l’operato di una commissione di gara che aveva escluso alcune offerte presentate direttamente presso la sede comunale entro l’orario di chiusura degli uffici piuttosto che entro le 16 presso l’Ufficio protocollo del Settore Ambiente ed Energia del Comune; il TAR ha osservato che la relativa clausola della lettera d’invito, così come interpretata dall’amministrazione, contrastava, altresì, con il generalissimo principio di proporzionalità, atteso che essa appariva soltanto astrattamente idonea a conseguire lo scopo, ma non era necessaria, né strettamente proporzionata rispetto al conseguimento dell’interesse pubblico sotteso all’osservanza del termine di presentazione delle offerte” (T.A.R. Milano, III, 30 ottobre 2000, n. 6158, in Giust.it, 2000, dicembre).

Sul principio di proporzionalità, cfr. T.A.R. Lombardia, sez. Brescia, 6 aprile 2001, n. 288.

L’ultima sentenza del Consiglio di Stato: 15 maggio 2001, n. 2711.

Ora, anche il Consiglio di Stato ha affermato il principio della superabilità della clausola: “a pena d’esclusione” posta in bando.

"2. L’avviso di gara disponeva che le imprese concorrenti dovessero produrre un certificato (…). In luogo di tale certificato, l’avviso di gara consentiva che venisse presentata una dichiarazione sostitutiva del legale rappresentante (…) che doveva contenere a pena di esclusione tutti i dati richiesti con il predetto certificato e la dicitura che la dichiarazione era resa "nella consapevolezza della responsabilità penale in caso di falsa autocertificazione". La sentenza appellata ha ritenuto legittima l’esclusione, sul rilievo che la dichiarazione, nei termini indicati, era prescritta a pena di esclusione dalla lex specialis della gara, e non era quindi sostituibile con dichiarazioni di diverso tenore.

3. La Sezione non è dello stesso avviso. L’autodichiarazione del rappresentante legale richiama testualmente la "normativa sull’autocertificazione". In essa è da ritenere implicita anche la dichiarazione di conoscenza delle sanzioni penali (…). La dichiarazione, quindi, difetta nel solo profilo formale della mancata ripetizione alla lettera della dicitura indicata nell’avviso di gara. Tale difetto non poteva condurre, peraltro, ad avviso della Sezione, alla esclusione del concorrente.
La giurisprudenza amministrativa ha più volte affermato in tema di esclusione dalle gare per motivi di ordine unicamente formale che occorre privilegiare l’interesse pubblico alla più ampia partecipazione di concorrenti quando detti motivi non alterino la parità di condizioni fra gli stessi concorrenti. Il provvedimento di esclusione in contestazione, invece, appare dovuto ad un rigido formalismo del tutto ingiustificato e contrastante con tali principi giurisprudenziali
" (Cons. Stato, V, 15 maggio 2001, n. 2711).


([1]) Cfr. LINO BELLAGAMBA, La gara d’appalto – Autocertificazione e semplificazione, III ed., Milano, 2001, 32-34.