PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA
UFFICIO PER IL PERSONALE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Parere 24 ottobre 2002 n. 157
(L'attribuzione di mansioni superiori ad un non dirigente)

Quesito n. 412269 concernente la richiesta di autorizzazione ad assumere a tempo determinato, ai sensi dell'art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001.

Roma, 5 agosto 2002

Non possono essere attribuite mansioni dirigenziali ad un dipendente non inquadrato nel ruolo dei dirigenti per le seguenti due ragioni. In primo luogo, perché il dettato legislativo parla di qualifiche funzionali e non prevede il caso della osmosi tra ruolo non dirigenziale e dirigenziale. In secondo luogo, perché il conferimento degli incarichi può essere effettuato solo a seguito di concorso pubblico ovvero nei casi espressamente previsti dalla legge, cioè nella stipula di un contratto individuale di lavoro a tempo determinato. Diverso è il caso della reggenza "istituto di carattere eccezionale, consentito dalla legge nei casi in cui il venir meno della titolarità di un organo, dovuto a cause imprevedibili, può compromettere il perseguimento degli interessi pubblici affidati all'amministrazione". La reggenza è una misura organizzativa che prevede la "utilizzazione occasionale e temporalmente limitata di un funzionario ordinariamente adibito a funzioni diverse".

In riferimento al quesito posto da codesta Agenzia con nota del 25 marzo 2002, prot. n. 742 Class.90/F, concernente l’applicabilità della fattispecie di cui all’art. 52, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alla ipotesi di assegnazione di mansioni superiori dirigenziali a funzionario appartenente ai ruoli dell’ente, si rappresenta quanto segue.

In linea generale, l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, ha riformato profondamente la previgente disciplina relativa alle mansioni del lavoratore pubblico, e ciò sia sotto il profilo dei presupposti e dei limiti per l’esercizio dello jus variandi da parte del datore di lavoro, sia con riferimento agli effetti conseguenti all’espletamento delle mansioni superiori.

Con particolare riferimento al quesito posto - per quanto di competenza di questo Ufficio e ferma restando ogni iniziativa che codesta amministrazione intenderà adottare al riguardo - si ritiene necessario chiarire le seguenti questioni, che concernono l’ambito di applicazione della norma e gli eventuali effetti economici.

1) Applicabilità dell’art. 52, del d.lgs. n. 165 del 2001 allo svolgimento di mansioni superiori dirigenziali.

A prescindere dalla verifica circa la presenza dei requisiti richiesti dalla norma, ai fini del riconoscimento della legittimità dell’assegnazione del lavoratore a mansioni superiori (vacanza di posto in organico, ovvero sostituzione di dipendente assente nonché temporaneità dell’incarico), occorre accertare se sia ammissibile, ai sensi della disciplina vigente (legislativa e contrattuale), il conferimento ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di mansioni superiori dirigenziali.

Ad avviso di questo Ufficio, al quesito deve essere data risposta negativa e ciò per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo, l’inapplicabilità della disciplina al caso in questione deriverebbe dal dato letterale contenuto nell’art. 52, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, secondo cui "il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi…", nonché nel comma 2 del medesimo articolo, laddove si fa riferimento alla possibilità di adibire il lavoratore a "mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore".

L’espresso richiamo alla "classificazione professionale prevista nei contratti collettivi" ed alle "qualifiche" fa ritenere che la disciplina in questione riguardi esclusivamente l’assegnazione di mansioni superiori concernenti la prestazione di lavoro del personale delle ex qualifiche funzionali e nel caso di assegnazione di mansioni corrispondenti, nell’ambito dell’ordinamento professionale, ad un profilo superiore.

In secondo luogo, l’interpretazione restrittiva sembra confortata dalla contrattazione collettiva dei comparti del personale non dirigenziale e, nel caso di specie, dal C.C.N.L. per il personale del Servizio sanitario nazionale per il quadriennio 1998/2001, applicabile al personale dell’ente in questione, laddove si afferma che "si considerano immediatamente superiori":

a) all'interno delle categorie B e D, le mansioni svolte dal dipendente di posizione iniziale nel corrispondente profilo professionale del livello "super";
b) all'interno delle categorie A e C, le mansioni svolte dal dipendente nella posizione iniziale della categoria immediatamente superiore;
c) le mansioni svolte dal personale collocato nel livello Bs della categoria B, nel livello iniziale della categoria C.

Deve, d’altra parte aggiungersi, a conforto della tesi sostenuta, una considerazione di carattere generale, secondo cui le funzioni dirigenziali sono assegnate esclusivamente a seguito di concorso pubblico ovvero, fuori di tale ipotesi, nei casi espressamente previsti dalla legge. Si pensi, al riguardo, all’art. 19, comma 6, del d.lgs. 165 del 2001, che prevede il caso di conferimento di funzioni dirigenziali a persona estranea all’amministrazione attraverso la stipulazione di contratto individuale di lavoro a tempo determinato.

Diverso, semmai, è il caso relativo al conferimento di incarico di reggenza, istituto di carattere eccezionale, consentito dalla legge nei casi in cui il venir meno della titolarità di un organo, dovuto a cause imprevedibili, può compromettere il perseguimento degli interessi pubblici affidati all’amministrazione. Tale ipotesi consiste in una misura organizzativa, di carattere autoritativo, che risponde all’ineliminabile esigenza di assicurare la continuità dell’azione dei pubblici poteri, mediante l’utilizzazione, occasionale e temporalmente limitata, di un funzionario ordinariamente adibito a funzioni diverse (cfr. Corte dei Conti, deliberazione 20 maggio 1999, n.39).

2) Il riconoscimento del trattamento economico equivalente.

La connessa questione che viene in rilievo nel caso di specie, concerne il riconoscimento del trattamento economico previsto per il personale con qualifica dirigenziale, pur in presenza di un’assegnazione di mansioni superiori non prevista dalla legge.

Dalle vigenti disposizioni legislative e contrattuali discende che:

- in caso di legittimo conferimento di mansioni superiori è riconosciuto il trattamento previsto per la qualifica superiore;
- in caso di conferimento illegittimo (e dunque di assegnazione "nulla") va corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore, secondo il principio generale civilistico contenuto nell’art. 2126 c.c.. Sul punto si veda la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui tale corresponsione è, appunto, ammissibile soltanto a decorrere dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 387 del 1998, che ha inserito tale innovativa previsione.

In linea interpretativa, si può dunque ritenere che tale previsione vada estesa alla ulteriore ipotesi di conferimento illegittimo di mansioni superiori dirigenziali.

D’altra parte, va segnalata una recente pronuncia di merito (Tribunale di Sanremo, sentenza 23 aprile 2002, n. 294), che ha riconosciuto la differenza di trattamento economico anche nel caso di svolgimento di mansioni superiori dirigenziali "di fatto", avvenuto cioè senza alcun provvedimento di assegnazione ed in assenza degli ulteriori requisiti previsti dalla legge.

Ciò che, ovviamente, vale per il periodo di attività svolta. In conclusione, il riconoscimento della differenza retributiva avverrebbe sia in virtù di un provvedimento nullo per illegittimità dello stesso, che in assenza di provvedimento.

IL DIRETTORE DELL’UFFICIO PER IL PERSONALE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI