MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
CIRCOLARE 7 settembre 2000, n. 1329/400/19
oggetto: entrata in vigore del regolamento generale sui lavori pubblici (d.P.R. n. 554/99).

Sono pervenute a questo Ufficio molte richieste di chiarimenti in ordine agli effetti che si determinano sui contratti e sui procedimenti in corso in forza dell’entrata in vigore (in data 28 luglio 2000) del regolamento generale adottato, ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 109/94, con d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.

1. La piena operatività delle nuove disposizioni.

Al riguardo si rammenta che il comma 4 del citato articolo 3 della legge n. 109/94 stabilisce che «sono abrogati, con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento, gli atti normativi indicati che disciplinano la materia di cui al comma 1, a eccezione delle norme della legislazione antimafia. Il regolamento entra in vigore tre mesi dopo la sua pubblicazione in apposito supplemento della Gazzetta Ufficiale, che avviene contestualmente alla ripubblicazione della presente legge, coordinata con le modifiche a essa apportate fino alla data di pubblicazione del medesimo regolamento, dei decreti previsti dalla presente legge e dalle altre disposizioni legislative non abrogate in materia di lavori pubblici».

Il tenore letterale della disposizione legislativa non giustifica — ad avviso di questo Ufficio — la tesi di chi correla l’entrata in vigore del regolamento al verificarsi di una ipotetica condizione sospensiva della contestuale ripubblicazione della legge n. 109/94 e dei decreti cosiddetti attuativi: l’onere di ripubblicare in un unico contesto tutta la normativa revisionata dei lavori pubblici nulla aggiunge al presupposto dell’efficacia dell’atto regolamentare, che resta l’avvenuta pubblicazione dell’atto sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale e il decorso del termine di tre mesi; sul piano strettamente letterale l’uso di una proposizione relativa spezza infatti ogni possibile nesso di condizione ostativa all’efficacia del regolamento.

A ogni buon conto l’intervenuto visto del Guardasigilli, al momento della pubblicazione del d.P.R. n. 554/99, sancisce la conclusione dell’iter procedimentale di un atto normativo subprimario destinato ad avere piena applicazione da parte dei destinatari.

L’entrata in vigore del regolamento comporta, pertanto, in linea interpretativa:
a) il superamento di ogni possibile dubbio sulla piena operatività di tutte le disposizioni della legge Merloni, che non abbiano bisogno di specifici provvedimenti attuativi;
b) l’abrogazione delle norme previgenti che disciplinavano tutta la materia dei lavori pubblici demandata alla fonte regolamentare (articolo 231 Reg.).

Laddove sia prevista, quindi, l’emanazione di decreti non ancora definiti (ad esempio l’articolo 30, comma 4 della legge n. 109/94, che prevede la fissazione con decreto ministeriale di una soglia al di sopra della quale va richiesta la presentazione di polizze assicurative), l’amministrazione, in mancanza di limiti o soglie indicate nei decreti, si comporterà di norma nel senso di ritenere vigente l’obbligo per tutti gli appalti, salva la facoltà di escludere tale obbligo nel singolo caso, attraverso una puntuale motivazione in relazione al valore e alla natura dell’appalto.

2. I principi generali della disciplina transitoria.

Per quanto concerne la cosiddetta "disciplina transitoria" il punto di partenza, ai fini di una corretta interpretazione, è che il regolamento generale alla legge Merloni, pur costituendo un regolamento di delegificazione, non è in grado (per la regola generale della gerarchia delle fonti) di dettare autonomamente regole per la sua applicazione, nel senso che non può alterare il quadro, fissato dalle norme di legge ordinaria, che disciplina l’entrata in vigore degli atti normativi regolamentari e la successione delle norme nel tempo.

Questa premessa è necessaria per cogliere il valore reale dell’articolo 232 del regolamento che, sotto la rubrica "disposizioni transitorie", sembra voler dettare norme speciali per modulare l’entrata in vigore della nuova disciplina. Se — come detto — siffatta possibilità resta preclusa al regolamento, la disposizione transitoria può essere ragionevolmente interpretata solo in stretta conformità alle fonti legislative che regolano la successione delle leggi nel tempo e in particolare al fenomeno tipico della "abrogazione". Al contrario della declaratoria d’incostituzionalità della legge, che ne preclude l’applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale, l’abrogazione, infatti, non comportando di norma un giudizio di disvalore della legge abrogata, ma solo un diverso apprezzamento degli interessi da essa disciplinati, vale per il futuro e la nuova legge si applica solo a quelle fattispecie che, fino a quel momento, non abbiano trovato una compiuta disciplina.

E, in realtà, un’attenta lettura dei quattro commi dell’articolo 232 del citato Regolamento generale consente una ricostruzione dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni pienamente conforme a tali regole.

Principio tipico nella successione delle fonti normative è che i rapporti negoziali e, in generale, i rapporti di carattere sostanziale, restino regolati dalla fonte vigente al momento della nascita del rapporto. Di tale principio fa puntuale applicazione il comma 2 dell’articolo 232, laddove dispone che «le disposizioni del regolamento che riguardano il modo o il contenuto delle obbligazioni del contratto si applicano ai contratti stipulati successivamente alla loro entrata in vigore».

Sennonché, una volta accertata la non applicabilità della nuova normativa ai contratti stipulati anteriormente all’entrata in vigore della stessa, non sembra lecito ritenere — con un tipico argomento a contrario — che da oggi in poi non possano essere più stipulati contratti di appalto disciplinati secondo la vecchia normativa.

Ne offre una chiara conferma il comma 3 dello stesso articolo 232, laddove dispone che «le norme del regolamento che attengono alle modalità di svolgimento delle procedure di gara per l’aggiudicazione di lavori e servizi si applicano ai bandi pubblicati successivamente alla loro entrata in vigore». La lex specialis della gara continua a valere — una volta generato, con la pubblicazione, l’affidamento dei terzi — sia per gli aspetti procedurali che per quelli sostanziali del rapporto, dando vita a contratti di appalto di lavori pubblici che, ancorché successivi all’entrata in vigore della nuova disciplina generale, restano legittimamente regolati dalle norme abrogate.

E tutto ciò è anche comprensibile, se si considera:
a) che la gara crea nei concorrenti (potenziali e reali) situazioni di vantaggio (e/o svantaggio) giudizialmente tutelabili, destinate in ogni caso a riflettersi nella disciplina del rapporto di appalto che ne scaturisce;
b) che è sempre in astratto possibile — ove ricorrano particolarissimi motivi d’interesse pubblico — l’annullamento, in via di autotutela amministrativa, del bando di gara e la riproposizione dello stesso con le nuove modalità, conformi alla disciplina da ultimo introdotta dal legislatore.

3. La disciplina dell’arbitrato - Limiti alla retroattività.

In realtà le eccezioni a questo principio di continuità degli atti si hanno solo quando il legislatore ordinario (e non la fonte regolamentare) connota la nuova disposizione di una valenza processuale (tempus regit actus), disponendo l’immediata rilevanza della nuova norma, quale canone di valutazione della legittimità dell’atto processuale.

L’esempio più caratteristico di un siffatto genere di disposizione lo si ritrova nell’articolo 32 della legge n. 109/94 che, all’ultimo comma, testualmente dispone: «Dalla data di entrata in vigore del regolamento cessano di avere efficacia gli articoli 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50 e 51 del capitolato generale d’appalto approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n.1603. Dalla medesima data il richiamo ai collegi arbitrali da costituire ai sensi della normativa abrogata, contenuto nelle clausole dei contratti di appalto già stipulati, deve intendersi riferito a collegi da nominare con la procedura camerale secondo le modalità previste dai commi precedenti e i relativi giudizi si svolgono secondo la disciplina da essi fissata».

Ma, anche in questo particolare settore, l’efficacia retroattiva (relativamente a clausole compromissorie previste in contratti di appalto in corso) non sembra poter ragionevolmente giungere fino al punto di rendere tamquam non esset una domanda di arbitrato già proposta con data certa, oltretutto in una situazione (al 28 luglio 2000) nella quale la Camera arbitrale non risultava in grado di operare, anzi, per la verità, neppure costituita. Né sembra lecito consentire a un comportamento eventualmente dilatorio di una delle parti chiamata in giudizio di poter influire, proprio attraverso il non provvedere alla nomina dell’arbitro, sulla natura e composizione del collegio chiamato a definire la controversia.

Il fondamento giuridico di tale conclusione emerge, d’altronde, dalla stessa modalità con il quale il legislatore ordinario ha inteso porre la particolare retroattività della disposizione: la sostituzione automatica di un diverso contenuto legislativo alla clausola compromissoria vigente; ma se questo è vero, non v’è dubbio che, alla data del 27 luglio 2000, l’operatore giuridico che intendeva utilizzare la clausola ed esercitare il relativo diritto potestativo di adire un collegio arbitrale, altro non aveva a disposizione che il richiamo al capitolato generale d’appalto di cui al d.P.R. n. 1603/62 e, una volta esercitato legittimamente il potere contrattuale, la sostituzione automatica della clausola non ha più ragion d’essere.

4. L’immediata applicazione delle norme procedimentali e organizzative.

Discorso più complesso merita invece il problema dell’efficacia della nuova normativa sul procedimento amministrativo e, in generale sull’organizzazione e sull’attività delle amministrazioni pubbliche che assumono la veste di stazioni appaltanti. Qui il principio tempus regit actus, che secondo alcuni autori regola la successione delle leggi nel tempo per le procedure amministrative, deve fare i conti con l’altro principio, tipico anch’esso del procedimento amministrativo, che impedisce inutili ritorni indietro e sprechi di attività (regola delle preclusioni). D’altra parte è principio generalissimo che la legittimità di un atto amministrativo, anche di natura endoprocedimentale, non possa essere valutata che con riferimento al momento in cui l’atto e l’attività risultino adottati e alle norme all’epoca vigenti.

L’articolo 232 del regolamento generale non aiuta molto al riguardo; quanto al comma 1 esso dispone: «Le disposizioni del regolamento che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento della stazione appaltante sono di immediata applicazione anche ai rapporti in corso di esecuzione al momento dell’entrata in vigore del regolamento»; conclude infine al comma 4: «Ove non diversamente disposto, le norme del regolamento diverse da quelle di cui ai commi 1, 2 e 3 non si applicano alle situazioni definite o esaurite sotto la disciplina precedentemente vigente».

Ma in tal modo non si fornisce un precetto univoco.

Se è infatti plausibile che la fonte regolamentare postuli una potenziale immediata applicazione della norma sopravvenuta, dal momento che la nuova disciplina amministrativa è portatrice di una più adeguata valutazione legislativa degli interessi pubblici e privati coinvolti nella fattispecie, per contro riesce difficile valutare un’attività già svolta alla stregua di nuovi parametri da ultimo introdotti dal Regolamento. Avviata la realizzazione di un’opera con il vecchio sistema dell’ingegnere capo — direttore dei lavori, deve subentrare il nuovo "responsabile del procedimento". Con quali forme? Con quali responsabilità in relazione al pregresso? Come va inteso il concetto espresso dal regolamento di "situazioni definite"? Affidata una progettazione a terzi, quali regole devono disciplinare l’adempimento dell’incarico? Quelle all’epoca pattuite, quelle nuove, ovvero le une e le altre, a seconda dei casi? Il progetto, eventualmente elaborato attraverso modalità diverse da quelle introdotte dal Regolamento deve essere "assicurato e validato", prima della sua approvazione, come avviene normalmente allorché occorre adeguarlo, prima di metterlo in gara, a sopravvenute "norme tecniche"?

Di qui la necessità di una serie di regole pratiche alle quali può risultare opportuno che le stazioni appaltanti si attengano, non escludendosi tuttavia — stando il tenore oggettivamente ambiguo delle disposizioni e la vastità dei casi — la possibilità di orientamenti giurisprudenziali non univoci.

Punto di partenza dei comportamenti amministrativi deve essere l’articolo 7 della legge quadro n. 109/94 che, sotto la rubrica "Misure per l’adeguamento della funzionalità della pubblica amministrazione" detta le nuove regole alle quali debbono attenersi le stazioni appaltanti stabilendo che esse devono procedere alla nomina di «un responsabile unico del procedimento di attuazione di ogni intervento» per le fasi (predefinite per legge) della progettazione, dell’affidamento e dell’esecuzione.

Tre fasi quindi e una figura organizzativa e funzionale che ne definisce tempi e modalità assumendone, sin dall’inizio, integralmente la responsabilità tecnica e amministrativa. È fin troppo ovvio che siffatta responsabilità può ragionevolmente giustificarsi ove il soggetto assuma ab initio i compiti che la nuova legge gli affida e ove tutti gli atti del procedimento siano valutabili alla stregua dei nuovi parametri normativi. In mancanza di tali premesse il meccanismo legislativo rischia di non funzionare e di condurre a situazioni di paralisi nell’azione amministrativa.

In altri termini sembra ragionevole che, ove risulti che una fase del procedimento di realizzazione di un lavoro pubblico sia già iniziata alla data del 28 luglio 2000, non vi sono motivi per non concluderla e valutarla alla stregua della normativa abrogata, procedendosi rispettivamente all’approvazione del progetto, ovvero all’aggiudicazione della gara ovvero alla contabilizzazione e al collaudo dei lavori secondo le vecchie regole. Al contrario, ove risulti formalmente conclusa una delle fasi del procedimento indicata dal citato articolo 7, vale il principio tipico di tutte le procedure amministrative della piena applicazione dello ius superveniens, dovendosi procedere, come primo atto, alla nomina del responsabile del procedimento per la nuova fase che si va ad aprire ed essendo tenuta da quel momento in poi l’amministrazione ad applicare, sul piano organizzativo e funzionale, le nuove regole dettate dalla legge n. 109/94 e dai regolamenti attuativi, primo fra tutti il regolamento generale di cui al d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.

Particolare attenzione va peraltro riservata alla fase di progettazione, dal momento che il principio fondamentale, sotteso dalla riforma Merloni, è che debba essere proprio il progetto (e la sua qualità) a trascinare l’applicazione delle nuove regole. Ed è quindi utile ricordare al riguardo che gli articoli 16 e 17 della legge fondamentale, regolanti i requisiti sostanziali dell’attività di progettazione, sono stati già dichiarati di immediata applicazione da tutte le circolari emanate da questo ministero, mentre veniva lasciato al futuro regolamento solo il compito di disciplinare elementi successivi di dettaglio e, in particolare “termini e modalità delle verifiche”. In altri termini solo con l’entrata in vigore di tale regolamento, al 28 luglio 2000, l’articolo 16 della legge quadro viene arricchito del “documento preliminare alla progettazione” e della “verifica al progetto preliminare”, nonché della “validazione al progetto esecutivo”, mentre l’articolo 16 dello stesso regolamento ribadisce il principio già noto che “i progetti debbano essere redatti secondo le norme tecniche vigenti al momento della loro redazione”.

Ma il “documento preliminare alla progettazione”, redatto dal responsabile del procedimento, non costituisce norma tecnica e pertanto il vecchio responsabile del procedimento (che doveva comunque esistere ai sensi della legge n. 241/90, così come ribadito dalla direttiva della presidenza del Consiglio dei ministri del 29 aprile 1994) non sembra tenuto ora a redigere, ora per allora, il documento per la verifica del progetto preliminare ex articolo 46 del nuovo regolamento. Allo stesso modo la validazione del progetto non costituisce attività regolata da norma tecnica, dato che compete al responsabile del procedimento e non al progettista. In conclusione resta confermata, anche per la fase di progettazione, la regola della continuità delle fasi già avviate sopra esposta, nel senso che tutti i progetti "a cavallo" del 28 luglio 2000 sono soggetti a verifica sostanziale di conformità alla legge quadro (in particolare in relazione all’articolo 16 commi 1 e 2), restando per gli stessi escluso il rispetto delle specificazioni introdotte dal regolamento, in particolare sulle modalità della verifica in base al documento preliminare alla progettazione e sulle modalità della validazione.

5. Il recupero della discrezionalità amministrativa.

Da tale comportamento, ispirato essenzialmente alla conservazione degli atti e alla continuità dell’azione amministrativa, le stazioni appaltanti potranno peraltro discostarsi allorché gli atti del procedimento (o della fase del procedimento), adottati prima del 28 luglio 2000, non risultino di fatto significativi, siano agevolmente riproponibili e, comunque non abbiano assunto rilevanza esterna, precisandosi al riguardo che il concetto di avvio del procedimento deve riguardare le attività e le fasi previste dall’articolo 7 della legge Merloni, e non fasi prodromiche, programmatorie o altre attività di natura preparatoria.

In tali casi le amministrazioni sono tenute a valutare discrezionalmente l’opportunità di riavviare ex novo la fase procedimentale, procedendosi all’attuazione dell’intervento con le nuove modalità previste dalla legge quadro e dai regolamenti attuativi. La formula del regolamento che prescrive l’immediata applicabilità delle disposizioni “che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento della stazione appaltante” va intesa, in sintesi, come un indirizzo tendenzialmente favorevole al rinnovo degli atti, consentendosi per tale via la riapertura dei procedimenti anche in assenza di un puntuale, specifico e rilevante interesse pubblico attuale e concreto alla rinnovazione degli atti.

Trattasi, come si vede, di valutazioni da svolgere in concreto in relazione a singole fattispecie, con la consapevolezza che la fase transitoria resta comunque un momento complesso e non privo di ripensamenti e dubbi.

Proprio in considerazione di tale situazione, che sembra caratterizzare tutti gli uffici delle amministrazioni statali, degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali che si occupano della realizzazione di lavori, con decreto ministeriale in corso di registrazione, è stato istituito, presso la direzione degli Affari generali e del personale del ministero dei Lavori Pubblici, un nuovo Ufficio di supporto all’attuazione della legge quadro n. 109/94, con il compito di assistere — ove richiesto — in tempi reali le stazioni appaltanti nelle complesse attività che avviano la integrale applicazione della nuova disciplina generale in materia di lavori pubblici.

A tale Ufficio le stazioni appaltanti si potranno sin da ora rivolgere, con le modalità che riterranno più opportune, anche in via telematica.