AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI
DETERMINAZIONE DEL 22 maggio 2000, n. 25
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(G.U. n. 132 del 28 giugno 2000)

Quesito del Ministero dell'interno in merito all'interpretazione dell'art. 22 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.

L'art. 22 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, impone particolari limiti al diritto di accesso nei pubblici appalti. La norma, in particolare, in deroga alla disciplina generale relativa al procedimento amministrativo, vieta «di comunicare a terzi o di rendere in qualsiasi altro modo noto» gli elenchi dei soggetti partecipanti alle gare. Il divieto è disposto con riferimento all'ambito "delle procedure di affidamento degli appalti o delle concessioni" di cui alla legge stessa. Esso è, poi, operante, quanto "all'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte nei pubblici incanti", fino a "prima della scadenza del termine per la presentazione delle medesime".

Relativamente, invece, «all'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno segnalato il loro interesse nei casi di licitazione privata, di appalto-concorso o di gara informale che precede la trattativa privata», il divieto opera fino alla «comunicazione ufficiale da parte del soggetto appaltante o concedente dei candidati da invitare ovvero del soggetto individuato per l'affidamento a trattativa privata».

La violazione del divieto è sanzionata penalmente implicando per i dipendenti che rivestono la qualità di pubblici ufficiali ovvero di incaricati di pubblico servizio la violazione dell'art. 326 del codice penale.

La norma non presenta particolari difficoltà interpretative per quanto riguarda l'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione. Quanto al primo profilo, in particolare, è da ritenere che il divieto imposto debba valere, oltre che per gli atti aventi natura propriamente pubblicistica, cui di regola si riferisce il diritto di accesso, anche per quelli di diritto privato delle amministrazioni aggiudicatrici da ritenersi anch'essi accessibili ai sensi degli articoli 22 e 23 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. Cons. St. sez. IV, 4 febbraio 1997, n. 82). Per il secondo profilo, poi, è da considerare che la disposizione - in quanto relativa, oltre che alle amministrazioni aggiudicatrici, anche ad ogni "altro ente aggiudicatore o realizzatore" - importa, coerentemente ad un recente orientamento giurisprudenziale (Cons. St. sez. VI, 28 ottobre 1998, n. 1478), un ampliamento dell'ambito soggettivo di applicazione della legge n. 241/1990 indicata il cui art. 23 ne prevedeva l'applicazione nei soli confronti dei concessionari dei pubblici servizi, oltre che delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e degli enti pubblici.

Quanto alla ratio sottesa all'imposizione del divieto, è da ritenere che la stessa debba essere identificata nella necessità di salvaguardare l'effettività della libera concorrenza. E tanto in considerazione del fatto che la genuinità della concorrenza stessa potrebbe essere pregiudicata dalla conoscenza, prima della definizione della gara, dei nominativi dei partecipanti alla stessa. Tale conoscenza potrebbe, infatti, suggerire accordi tra i candidati intesi ad alterarne i risultati, ovvero consentire pressioni o minacce tra gli stessi al fine di limitarne la libertà di determinazione in ordine al contenuto delle offerte. Sicché, per i pubblici incanti, "prima della scadenza del termine per la presentazione" delle offerte stesse, gli elenchi dei soggetti partecipanti alle gare devono restare inaccessibili. Scaduto il termine indicato, non vi è più ragione per mantenere il segreto, dal momento che eventuali successivi accordi o pressioni tra i partecipanti non possono avere alcuna rilevanza ai fini del relativo contenuto non potendo le offerte essere più ritrattate.

Diversa, invece, è la situazione per le procedure ristrette caratterizzate da una fase di prequalificazione intesa a selezionare i soggetti da invitare alla gara. Anche per tali ipotesi l'esigenza di coerenza con la ratio sottostante alla limitazione temporale al diritto di accesso avrebbe, in ipotesi, potuto consigliare il mantenimento del segreto anche dopo la conclusione della fase di prequalificazione e fino al momento della presentazione delle offerte.

Il legislatore, tuttavia, ha ritenuto di disporre - come già in precedenza indicato - che «l'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno segnalato il loro interesse nei casi di licitazione privata, di appalto concorso o di gara informale che precede la trattativa privata» non debba essere divulgato «prima della comunicazione ufficiale da parte del soggetto appaltante o concedente dei candidati da invitare ovvero del soggetto individuato per l'affidamento della trattativa privata». Evidentemente, pertanto, per una ritenuta impraticabilità della opposta soluzione, ed anche al fine di consentire la tutelabilità degli interessi dei richiedenti pretermessi, si è stabilito che, per le procedure ristrette, l'obbligo del segreto, a differenza di quanto previsto per i pubblici incanti, viene meno nel momento dell'esaurimento della fase di prequalificazione e quando, cioè, si è provveduto alla "comunicazione ufficiale" dei soggetti da invitare alla gara.

Resta, tuttavia, da stabilire quale sia il momento della "comunicazione ufficiale" indicata, potendo lo stesso identificarsi con quello della formazione dell'elenco delle ditte da invitare, ovvero della approvazione di tale elenco, ovvero ancora, come sembra preferibile ritenere in considerazione del dato testuale della norma, con il momento della formale comunicazione degli inviti ai partecipanti ammessi.

Roma, 22 maggio 2000

Il Presidente: Garri
Il segretario: Verde